§ RUSSIA / CONVERTIBILITA' DEL RUBLO

IL PREZZO DELLA PACE




Viktor Gaiduk
Consigliere politico di Boris Eltzin, Presidente della Federazione Russa



Il problema se la Russia possa entrare a far parte dell'Europa è controverso. La prima difficoltà sta nella peculiarità dei rapporti internazionali con la Russia. A contrarli, erano ieri lo zar e oggi il presidente. Ma essi valgono solo fino a che rimane in vita il contraente, che si impegna per sé, non per la Russia.
Qualcuno dice che questa situazione cambierebbe automaticamente con la partecipazione di Mosca all'economia di mercato occidentale. Tentativi in tal senso, basati sull'introduzione della convertibilità della moneta nazionale, non mancano nella storia moscovita. Alla Fine del Trecento la moneta russa, detta denga, fu lo strumento di lotta dei grandi principi di Mosca contro i tartari. Tuttavia sulla moneta, accanto al nome del principe cristiano, c'era sempre quello del Khan della Orda d'Oro, appunto, per dare alla moneta moscovita un corso che valesse su tutto il mercato euro-asiatico e le permettesse di conquistarlo.
Con Vasilij III, Granduca di Moscovia, figlio di Zoe Paleologo, nipote dell'ultimo imperatore bizantino, salito al trono nel 1505, nacque l'ambizione di fare di Mosca la "terza Roma", ora che la seconda, Costantinopoli, era caduta in mano ai turchi. La formula "Mosca terza Roma". elaborata nella lettera dello Starec Filoteo, eremita di un monastero di Pskov, voleva essere la giustificazione ideologica di una politica di conquiste, basata sulla centralità euro-asiatica delle finanze moscovite. Fu allora che il nome del Khan tartaro venne tolto dalla denga e sostituito con l'aquila bizantina a due teste.
La denga sarà ritirata dalla circolazione soltanto nel 1828, dopo l'esaurimento della carica propulsiva, espansionista della Russia, che si estende ormai fino alle sponde dell'Oceano Pacifico sulla terraferma ed è presente al di là dell'Oceano in Alaska e in California. La formula Mosca terza Roma apre la via d'inserimento della moneta russa nel contesto internazionale più ampio, fondato sulla saldatura con l'Europa. Lo strumento di questa saldatura è il rublo.
Il rublo, definito per l'occasione rublo leggero, perché destinato alle operazioni di respiro limitato all'Europa, non resse però alla concorrenza delle grandi monete europee che intanto invadevano il mercato internazionale, compreso quello russo. La moneta più forte dell'epoca era il tallero austriaco, o taliero d'argento, il cui peso netto è di 27,20 grammi. Veniva coniato dai conti Bassano nella città boema Joachim e, di conseguenza, chiamato efimok dai russi, mentre negli Stati Uniti d'America prendeva il nome di dollaro.
Nel Settecento Mosca intraprende un altro tentativo di inserimento nel mercato finanziario internazionale attraverso la conversione della moneta per valorizzare la sua posizione geopolitica. Ai governanti del Cremlino l'operazione sembra facilissima, dato il loro potere assoluto, all'interno del Paese, e il monopolio di Stato sul commercio con l'estero. Ai russi viene imposto il cambio forzato: un efimok equivale a 64 centesimi del rublo leggero. Ma la convertibilità dell'efìmok crolla per la differenza di peso della moneta nei confronti del sistema monetario internazionale.
Nel 1653 un napoletano giunto a Mosca presso la corte dello zar Alexej Mikhailovic Romanov racconta al sovrano che i tornesi, i soldi di rame coniati a Napoli in una quantità enorme, avevano permesso ai governanti borbonici di riordinare il tesoro. Lo zar decise di introdurre il sistema partenopeo sulle sponde della Moscova, decretando che il valore dei metalli, argento o rame, era uguale.
All'inizio del 1659 il Cremlino ritira l'efimok dalla circolazione: minacciato dalla pena di morte, il risparmiatore è costretto a cambiare la moneta forte in surrogato di rame. Sulla borsa nera della Piazza Rossa il prezzo di un efimok sale fino a quaranta rubli leggeri. Ma quel che passò liscio nel regno borbonico mise in crisi la dinastia dei Romanov.
Il 25 luglio 1662 a Mosca scoppia la rivolta detta "del rame", che mette allo scoperto la catastrofe finanziaria della Russia. Nei luoghi pubblici della capitale russa appaiono manifesti con i nomi dei "traditori del popolo". Questi avrebbero mantenuto dei rapporti segreti con spie polacche, cioè con il Paese che nel lessico politico moscovita dell'epoca è simbolo dell'Occidente corrotto: il complotto delle banche occidentali sarebbe gestito da Roma per portare la Russia alla rovina e costringerla alla religione cattolica.
L'ordine dello zar è puntualmente eseguito: mille persone sono uccise, impiccate sulla Piazza Rossa o annegate nella Moscova. E' la fine del progetto di convertibilità del rublo a spese della popolazione e delle banche europee, ma è anche la fine della riforma volta a confermare il protagonismo internazionale della Russia attraverso il suo inserimento nel mercato europeo.
Il terzo tentativo di introdurre la convertibilità del rublo appartiene a Pietro I, il Grande. Nel costo dell'operazione entra anche il trasferimento della capitale da Mosca a Pietroburgo per sfuggire all'ottusità dei fautori della formula ideologica Mosca terza Roma: le monete russe battute in oro, in argento e in rame, finalmente corrispondono alle monete d'Europa. L'unità di fondo è il rublo d'argento, che pesa 24,89 grammi (1704).
Risale proprio a quell'epoca l'inizio dell'operazione con taliero battuto segretamente negli Urali dal Demidoff, divenuti ricchissimi e famosissimi principi italiani di San Donato. L'operazione è concepita al fine di rafforzare la partecipazione russa allo scambio commerciale internazionale sotto gli auspici dell'aquila a due teste che, trasferitasi da Mosca bizantina a Pietroburgo anseatica, fa ormai parte dell'equilibrio europeo.
E' così che l'imperatrice Anna Ivanovna, salita al trono nel 1730, riordina il tesoro dello Stato russo. Persa una partita a carte con lei, il principe di San Donato le paga il debito con talieri nuovi di zecca. "Sono talieri della mia o della tua fabbrica?", domanda incuriosita l'imperatrice. "Della tua e della mia, maestà", risponde il principe di San Donato. "Anch'io sono tuo e tutto quello che è mio è tuo", soggiunge il primo imprenditore russo di grande respiro europeo.
La formula con la quale si avvierà lo sviluppo dell'economia di mercato in Russia e la sua saldatura con l'Occidente è trovata: è la convertibilità del rublo, assicurata fino al crollo del regime zarista nel corso della grande guerra. Fino a quando, cioè, l'ultimo dei Romanov non avrà dissepolta la formula arcaica della "terza Roma", cambiando addirittura il nome di San Pietroburgo in quello slavofilo e sciovinista di Pietrogrado.
Con l'internazionale comunista, Mosca aspirerà alla conquista del vecchio e del nuovo mondo. Per finanziarla e per portare la disorganizzazione nei circuiti finanziari del capitalismo, Lenin introdurrà nel 1922 il sistema monetario simile a quello dei primi Romanov: Cervonez, moneta forte e convertibile, strumento del monopolio politico ed economico del regime dittatoriale rosso (Cervonez appunto significa l'oro di colore rosso), per l'esterno; e rublo, moneta fittizia interna garantita soltanto dalle misure repressive del regime, all'interno.
Il Cervonez, moneta d'oro dell'Internazionale comunista di 10 rubli, a peso netto di 7,74 grammi, raffigura il contadino seminatore sullo sfondo di ciminiere con quattro colonne di fumo, quattro Continenti. Ma quando nel 1929 il suo cambio interno superò il limite dei 40 rubli proletari e contadini, crollò tutto il sistema di convertibilità sovietico.
Il regime stalinista supplisce alla convertibilità della sua moneta alla maniera dei Khan dell'Orda d'Oro con le vendite segrete di tonnellate di metallo prezioso all'estero, mentre il cambio interno è regolamentato nella maniera più semplice, con la pena capitale per chi lo viola. La formula del principe di San Donato è capovolta dal regime che si definisce collettivista: "Siete miei, e tutto il vostro è mio".
Con la perestrojka gorbacioviana la formula storica della potenza economica sovietica è crollata. Attualmente la borsa nera sulla Piazza Rossa offre 40 rubli leggeri per un dollaro, esattamente tanto quanto trecento anni fa. Ancora una volta la Russia cerca un metodo per la convertibilità della sua moneta, volendo ristabilire la saldatura storica con l'Occidente. Dal suo successo dipende il mantenimento dell'equilibrio internazionale.
Il sogno della Russia in questi tempi è di comprare dall'Occidente un'economia tutta nuova con i soldi dell'Occidente. Sarebbe, dicono a Mosca, il prezzo della pace. Il rublo russo convertibile avrebbe già un nome e un prezzo: oggi, in epoca di post-comunismo, vale un eltzin, ma ancora non è dato di sapere quanti eltzin può valere un rublo con l'aquila a due teste di Gorbaciov.


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