§ LA LEZIONE Di JEFFERSON

I SOGGETTI DELLE ISTITUZIONI




John Dos Passos



L'individualità è libertà vissuta. Quando usiamo la parola individualità ci riferiamo a un'intera scala di significati. A partire dai significati che pertengono ai più profondi recessi della coscienza privata, questi diversi significati possono essere enumerati ad uno ad uno come gli strati di una sezione trasversale di cipolla, fino a raggiungere quello che salta fuori ogni giorno nella conversazione comune.
Quando parliamo comunemente, senza troppa precisione, di individuo, non intendiamo forse una persona che è cresciuta in un ambiente libero da pressioni e restrizioni esterne che le ha dato modo di poter sviluppare valutazioni personali su uomini ed eventi? Una persona che è stata in grado di crearsi nella società abbastanza libertà di movimento da poter esibire senza vergognarsene le piccole eccentricità e stranezze che rendono diverso un uomo da un altro. Dall'interno del suo nascondiglio separato, può guardare al mondo con quel particolare distacco che chiamiamo dignità.
Cinquant'anni fa tutto questo sarebbe stato il più trito luogo comune, ma viviamo in un'epoca in cui coloro che gestiscono ufficialmente l'opinione, attraverso le scuole, i pulpiti e gli organi di informazione, hanno fatto tutto il possibile nelle sforzo di conformarsi a ciò che immaginano come le esigenze di una società basata sulla produzione industriale di massa, fino al punto che la difesa dell'individualità è diventata una questione di vita o di morte...
Quando tutte le discussioni sulla posizione dell'uomo nella struttura del governo, che avevano ossessionato molti dei migliori cervelli del XVIII secolo, furono messe a fuoco nel 1776, la preoccupazione principale di coloro che stavano costruendo lo Stato in America era di instaurare nel loro nuovo Paese delle istituzioni che permettessero a ogni cittadino di avere abbastanza libertà di movimento che potesse diventare individualità. Avevano idee molto divergenti su come meglio ottenere questo stato di cose, ma non erano in disaccordo sugli obiettivi fondamentali. La protezione della felicità dell'individuo, la sicurezza di avere la libertà di movimento necessaria per svilupparsi completamente, erano la ragione dell'esistenza dello Stato.
Thomas Jefferson e il governatore Morris avevano idee molto diverse sul problemi di governo. Jefferson era un democratico agrario il quale credeva che ogni uomo fosse capace di prendere parte in una certa misura al governo nella comunità. Morris era un aristocratico cresciuto in città, il quale credeva che soltanto gli uomini a cui la ricchezza e la posizione avessero dato il vantaggio di un'educazione superiore fossero capaci di occuparsi di affari pubblici; ma quando Morris scrisse a George Washington la sua definizione dell'arte di governare, "intendo la politica nel senso più vasto, come la scienza sublime che abbraccia come oggetto la felicità dell'umanità", con la parola "felicità" intendeva la stessa cosa che intendeva Jefferson quando la scrisse nella Dichiarazione d'Indipendenza. Per entrambi gli uomini significava libertà di movimento. La libertà di movimento è libertà concreta.
Consultate oggi qualunque sociologo sul significato della parola felicità nel contesto sociale, e quasi sicuramente vi dirà che significa adattamento. Adattamento, se è libertà, è libertà di un tipo molto negativo. E' certamente l'opposto della libertà di movimento.
Per Morris e Jefferson la "scienza sublime" consisteva nel progettare un governo che permettesse più libertà possibile ai suoi cittadini; per i capi e i teorici politici di oggi la "scienza sublime" consiste nell'insegnare al cittadino ad adeguarsi alle richieste della società e dello Stato. Deve imparare a sopportare una mancanza crescente di libertà di movimento.
Siamo poco consapevoli dell'immensità del cambiamento che ha avuto luogo negli obiettivi della costruzione dello Stato, perché in letteratura e in politica usiamo ancora il lessico della nostra tradizione individualistica. Il cambiamento è stato così graduale attraverso gli anni che non abbiamo notato che le parole non si adattano più ai fatti che dovrebbero descrivere. Questo ritardo nella definizione rende estremamente difficile proiettare le nostre nozioni tradizionali di individualità, che sono ancora assolutamente valide nel loro contesto, nella società del XX secolo in cui ci troviamo a vivere.
La "scienza sublime" si basava sulla comprensione dei fattori del comportamento umano che non sono cambiati dagli inizi della storia documentata.
Se in questo Paese ci fosse una generazione di giovani uomini e donne che sentissero come la cosa più importante della vita la restituzione della libertà di movimento al popolo degli Stati Uniti, troverebbero nelle testimonianze dei fondatori della repubblica una riserva di abilità e atteggiamenti mentali di cui avrebbero bisogno nel loro compito. Scoprirebbero che ogni parola che è stata detta o scritta sull'arte della politica tra il 1775 e il 1801 può assumere nuova importanza.
Tramite una nuova applicazione del lessico della libertà potrebbero trovare qualche formula attraverso cui applicare i princìpi basilari dell'individualismo direttamente alla nostra vita quotidiana, come Jefferson e i suoi amici li applicarono al mondo di tutti i giorni che conoscevano. Dio sa se negli ultimi trent'anni non abbiamo parlato abbastanza di democrazia in questo Paese. Forse la ragione per cui questo gran parlare non si trasforma in azione utile è che i termini non si applicano alla nostra vita quando la viviamo.
Le idee di Jefferson sono particolarmente valide per noi ora perché tra i leaders della Rivoluzione americana lui era a capo dell'ala radicale che era a favore di un governo Piuttosto popolare. Era il propugnatore principale della tendenza che ci ha portati al suffragio universale. In una lettera che scrisse pochi giorni prima della morte, nel declinare, per motivi di salute, l'invito a passare quello che sarebbe stato il suo ultimo Quattro Luglio con un gruppo di ammiratori di Washington, parlò lietamente dei benefici dell'autogoverno e del "diritto dell'esercizio illimitato della ragione e della libertà d'opinione", e riformulò il credo fondamentale della sua vita con tipica veemenza: "La diffusione generale della luce della scienza ha già reso evidente a tutti la verità palpabile che la massa dell'umanità non è nata con la sella in groppa, né pochi fortunati provvisti di stivali a speroni sono pronti a cavalcare legittimamente per grazia di Dio".
E' una delle magnifiche ironie della storia che gli zeloti a favore del governo totalmente burocratico, il cui dogma dà loro stivali e speroni per cavalcare la massa dell'umanità, si giustificano con la stessa fraseologia politica che gli uomini al tempo di Jefferson speravano avrebbe reso impossibile per sempre l'intruppamento della maggioranza da parte di una minoranza. Sfortunatamente, la prassi delle dittature demagogiche all'estero non è così lontana dalla nostra, come ci piacerebbe credere. La caratteristica che riscatta il nostro governo burocratico è che al suo interno ancora sussiste l'ingranaggio tramite cui la volontà popolare può affermare la sua trasformazione in ogni possibile direzione. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno sono l'intelligenza e la volontà.
Bisogna sempre ricordare che la pratica più comune dell'umanità è che pochi impongono la propria autorità e molti vi si sottomettono. Osservate un qualsiasi gruppo di bambini che gioca durante la ricreazione a scuola. La tendenza alla libertà individuale è l'eccezione.
La libertà di cui godiamo oggi, la libertà di esprimere le nostre idee, se ne abbiamo, la libertà di saltare in macchina e andare dove vogliamo in autostrada, la libertà di scegliere l'attività o la professione di cui vogliamo vivere, sono le libertà sopravvissute a quelle guadagnate attraverso guerre e sofferenze di generazioni di persone di lingua inglese che in qualche modo hanno resistito all'autorità al prezzo del loro sangue. La loro passione per l'individualità invece che per la conformità era unica al mondo. Quel che fece la generazione del 1776 fu organizzare quelle tradizioni in un sistema...
Il bisogno imperativo del nostro tempo è provare a noi stessi prima di tutto, e al resto del mondo poi, che i metodi dell'autogoverno possono assicurare libertà di movimento all'uomo individuale in una società industriale.
Sebbene i primi risultati della comunicazione di massa, come dell'educazione di massa, siano stati il livellamento del pensiero a un minimo comun denominatore molto vicino al livello dell'idiota, è possibile sperare che il risultato finale sarà un aumento immenso della classe colta.
D'altra parte, i futuri storici si stupiranno del fatto che proprio nel momento in cui la società industriale americana mostrava quanto giovane ed elastica fosse, e come si adattasse alle nuove condizioni, così tanti giovani colti buttassero in mare tutta l'idea dell'autogoverno all'interno di una struttura di leggi, e si rivolgessero al Partito comunista. Si stupiranno del fatto che come nazione non abbiamo tratto vantaggi, per noi o per il mondo, da un serie di vittorie militari nel corso di due guerre mondiali. Nel momento in cui i nostri valori sociali tradizionali mostravano la loro efficacia pratica, la struttura etica di base mostrava segni di cedimento.
Fu il giovane e sarcastico amico di Jefferson, il piccolo James Madison dell'Orange County, che mise per iscritto, nel numero 51 del Federalista, la regola caparbia su cui tutti gli uomini della generazione del 1776, sia radicali sia conservatori, basarono le loro teorie politiche: "Nel formare un governo attraverso cui uomini amministrano altri uomini, la difficoltà più grande risiede in questo: bisogna prima mettere il governo in grado di regolare quel che viene governato e poi obbligarlo ad autoregolarsi".
Il primo problema che gli uomini affronteranno, nel tentativo di procurare libertà di movimento per sé e per i propri compagni nel nuovo tipo di società che sta nascendo ora, sarà il problema della burocrazia. La burocrazia è diventata dominante nel governo, nell'industria e nelle organizzazioni del lavoro. L'interesse principale di queste burocrazie, come di tutte le istituzioni umane, è la propria sopravvivenza. Se queste gerarchie burocratiche, che sembrano inevitabili in una società di massa, possono essere utilizzate per i bisogni dinamici dell'autogoverno, il compito di mutare la tendenza verso l'asservimento individuale in una tendenza verso la libertà individuale può non essere così difficile come sembra a prima vista.
La prima condizione necessaria è una nuova comprensione, non ostacolata dal pregiudizio o da preconcetti di parte, delle istituzioni in cui viviamo. E' improbabile che una tale idea derivi dalle fatiche di gruppi di ricerca o da indagini sovvenzionate. E' più probabile che le scoperte vengano fatte da individui isolati, che sono riusciti a ogni costo a trovare la libertà di movimento necessaria per guardarsi intorno, e l'auto sufficienza necessaria per osservare il mondo in modo più oggettivo.


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