§ NELLA TERRA DEI PEUCETI

CEGLIE MADRE DI BARI




M. B.



Secondo la tradizione, Bari sarebbe una città che emerge relativamente tardi alla luce della storia. In pratica, ciò avverrebbe soltanto dopo la conquista romana, nel III secolo a.C., e sempre in via subordinata rispetto all'altro e tra i maggiori centri della Puglia antica, Brindisi. L'affermazione definitiva di Bari sarebbe un risultato delle vicende medioevali, rafforzato e reso irreversibile da quelle moderne. Fin qui, il giudizio (o pre-giudizio) corrente: di fronte al quale viene spontaneo osservare che il capoluogo pugliese costituirebbe in tal caso una macroscopica eccezione rispetto alle altre città sorte sulle coste meridionali della penisola: le maggiori, infatti, sono tutte antiche e tutte legate all'avvento greco, prima che a quello romano. Infatti, si datano tra l'VIII e il VI secolo a.C., e non oltre.
Ebbene: oggi possiamo dire che il giudizio corrente è il risultato della mancanza di una conoscenza adeguata e di una riflessione approfondita. Per comprendere le origini di Bari, sostiene Sabatino Moscati, occorre valutare non solo quanto ci risulta sulla città attuale, ma anche quanto si riscopre nei suoi sobborghi e nei centri che attualmente ne sono satelliti, ma che tali non furono necessariamente in passato. E infatti, dopo che si è posta a fuoco l'attenzione su Ceglie, la prospettiva è mutata radicalmente. Chi legge l'opera Ceglie peuceta edita per conto dell'Istituto di archeologia dell'università barese per i tipi di Dedalo, vede segni evidentissimi di novità; e non sono che una parte, perché il panorama completo viene dall'intera collana in cui l'opera si inserisce, gli "Studi sull'antico", diretti da Paolo Moreno, e più ancora dal complesso di esplorazioni, ricerche negli archivi e nei musei, scandagli nelle collezioni private, al fine di ricostituire sistematicamente l'immagine della Puglia antica".
Ceglie fu centro fiorente dei Peuceti, vale a dire della popolazione autoctona che precedette e affiancò i Greci nell'area. Il lavoro ha consentito di individuare le aree archeologiche locali e di raccogliere non meno di cinque-seicento opere d'arte riportate alla luce, o recuperate, per formare un eccellente unicum con i musei di Bari, di Ruvo (Museo Jatta), di Taranto, di Benevento e di Napoli. Così, almeno negli studi e nelle testimonianze più emblematiche è risorto quanto era andato distrutto o disperso, "perché la stessa storia di Ceglie è tristemente emblematica di quanto avviene spesso nel nostro Paese: i blocchi delle mura peucetiche furono riutilizzati per la colmata del lungomare di Bari, i ritrovamenti furono dispersi nei musei più vari e lontani... Una vera "cannibalizzazione", insomma, ai danni di un patrimonio millenario, avvenuta proprio nell'epoca in cui si esaltava l'antica grandezza. Ma era, evidentemente, solo la grandezza romana".
Moscati sottolinea che la quantità eccezionale dei vasi dipinti con scene mitologiche, a figure nere e figure rosse, illumina la ricchezza d'arte e di civiltà dell'antico centro, che fu dunque il nucleo primario della futura Bari, mentre nell'area attualmente occupata dal capoluogo c'era un modesto scalo marittimo. Nota agli scrittori greci e latini, chiamata dai Greci Kailia e dai Romani Caelia (il plurale nacque nel Medioevo), la città fu una delle sedi principali della fiorente cultura peucetica, sviluppata sotto l'influsso greco, ma anche indigeno. Poi finì col prevalere l'emporio marittimo. Ma le radici di Bari sono a Ceglie, e di conseguenza la storia del capoluogo regionale arretra nel tempo, come giustamente avevano ipotizzato molti studiosi.


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