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NELLA GROTTA DEL BRIGANTE
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LA GIOVANE MADRE DI PAGLICCI |
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M.
B.
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Situata
sul promontorio del Gargano, già celebre in Italia, la Grotta
Paglicci ha riservato un'altra prestigiosa scoperta: quella di una giovane
madre, morta intorno a 23 mila anni fa. La Paglicci è conosciuta
anche come Grotta di Alardo, che secondo la leggenda è il nome
di un brigante che nella seconda metà del secolo IX aveva scelto
questo ambiente come rifugio per sé e per i propri cavalli, e
vi aveva sepolto anche un tesoro favoloso, inutilmente ricercato dai
cacciatori di "acchiature". Vi è stato trovato, invece,
uno scrigno di antichissime e complesse culture, al punto che Paglicci
è ritenuto un caposaldo nodale per la conoscenza del Paleolitico
superiore pugliese, cioè di un periodo compreso fra 33 mila e
9 mila anni fa: sia per i celebri cavalli dipinti con ocra sulle pareti
sia per i frammenti di cranio e di ossa rinvenuti nel corso di varie
campagne di scavo.
La sepoltura recentemente scoperta pone nuovi interrogativi sulla storia dell'umanità, sulle sbalorditive convergenze e sui cambiamenti che l'uomo ha realizzato nel corso della sua evoluzione. La donna, morta a un'età inferiore ai 25 anni, era stata deposta supina, le mani riunite sul bacino, in una fossa profonda. La testa era stata inserita in una nicchia scavata orizzontalmente: alla sommità, sette denti canini di cervo, probabilmente un piccolo diadema. La fossa, poi, era allargata all'altezza della parte inferiore del corpo, per lasciar libero lateralmente uno spazio ad ospitare un neonato (del quale non sono state rinvenute tracce sicure): e ciò potrebbe far pensare a una morte di madre e bambino durante il parto. Sul cranio e sul bacino, abbondante ocra rossa, forse utilizzata come una sorta di diaframma simbolico, col Fine di proteggere la sepoltura, o come sigillo che impedisse il ritorno tra i vivi del defunto. Si ipotizza che i paleolitici ritenessero i trapassati in grado di avere una vita analoga a quella dei viventi, con le stesse necessità e con le stesse consuetudini; e da questi ci si difendeva coprendoli con terra e con grosse pietre: segno del rifiuto della morte come annientamento definitivo, come "nulla eterno", e forse origine dei riti e dei culti religiosi destinati anche a rendere meno terrorizzante il mondo sconosciuto dell'aldilà.
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