§ LIRA E FINANZA

STRATEGIE DELLA POLITICA MONETARIA




Antonio Fazio



La ricchezza delle nazioni è il frutto dell'impegno, dell'abilità e delle azioni degli uomini. Lo sviluppo economico si fonda sul risparmio e sull'accumulazione di capitale; sulla capacità di destinare una parte di ciò che annualmente si produce ad accrescere la possibilità di creare nuova ricchezza nel futuro.
"La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito": i costituenti avevano vissuto esperienze di gravi perdite e distruzione del risparmio accumulato, con un conseguente abbassamento della capacità di produrre nuove risorse. La centralità assegnata nella Costituzione al risparmio riflette l'elevata cultura economica e sociale dei costituenti e dei membri della "Commissione economica" e la consapevolezza del ruolo che il risparmio riveste per la prosperità della Nazione.
Nella grande crisi degli anni '30 il livello del reddito si era ridotto in alcuni grandi Paesi in misura mai più sperimentata in seguito; la produzione industriale si era in qualche caso dimezzata rispetto alla fine del decennio precedente. Era cresciuta enormemente la disoccupazione. Fortune individuali erano andate disperse. Negli anni '40 la guerra avrebbe portato la distruzione fisica di capitali produttivi e l'inflazione immiserito il valore della ricchezza finanziaria.
Negli anni della crisi, i fallimenti bancari e l'instabilità finanziaria avevano gravemente acuito le fluttuazioni dell'attività economica. I fallimenti di imprese, la conseguente impossibilità di restituire i prestiti ricevuti dalle banche avevano generato corse al ritiro dei depositi; ne erano derivati dissesti bancari, che avevano ampliato e diffuso anche internazionalmente la crisi.
Non è casuale che nel 1936 veda la luce la Teoria generale e che nello stesso anno venga promulgata in Italia una legge bancaria volta a fornire alle autorità monetarie, al pari di quanto avveniva in altri Paesi, nuove possibilità di controllo e poteri più ampi in materia di autorizzazione all'esercizio del credito, di salvaguardia della stabilità, di interventi sul sistema creditizio, di gestione delle crisi.
L'eccessivo aumento della circolazione fiduciaria e l'esperienza inflazionistica del successivo periodo bellico, fenomeni peraltro già sperimentati in fasi storiche precedenti, facevano ritornare in auge l'idea della necessità di vincolare le fluttuazioni dei tassi di cambio mantenendo un legame della moneta con l'oro. E' dunque ricollegabile alla cultura economica del tempo che non esistano nella nostra Costituzione, come nelle altre Carte costituzionali, riferimenti espliciti alla determinazione e alla stabilità del valore della moneta.
Ma il concetto è presente nella nostra Carta fondamentale. La Commissione economica della Costituente ebbe ben chiaro che "la tutela del risparmio solleva due problemi:- il primo, quello della conservazione del valore della moneta [ ... ]; il secondo, quello della salvaguardia dei depositi dai dissesti bancari".
L'idea fino ad allora dominante era che il valore di una moneta fosse connesso con la fissazione, per legge, del suo rapporto di cambio con l'oro. Gli istituti di emissione erano stati in effetti da sempre impegnati a mantenere la convertibilità delle banconote in oro al cambio prefissato, anche se tale convertibilità veniva sospesa in periodi di guerra o in presenza di altre gravi difficoltà.
Nel periodo storico successivo alla prima guerra mondiale, ampie discussioni verterono sull'opportunità del ritorno alle parità auree prebelliche. La scelta in molti importanti Paesi fu di muovere verso una rivalutazione delle monete, per motivi di prestigio e per una discutibile concezione di ordine monetario.
Il ritorno a tassi di cambio non realistici tra le monete e l'oro è una delle cause della susseguente grave deflazione. Per la lira, le conseguenze deflazionistiche della "quota 90" furono contenute decurtando d'imperio i valori monetari dei salari. La crisi fu foriera di conseguenze politiche alle quali, in qualche misura, si può anche ricollegare la deriva nei rapporti internazionali che portò al nuovo conflitto mondiale.
Una lettura della storia in chiave monetaria rivela un'inquietante sequenza di eventi: prima guerra mondiale e relativa inflazione; successiva grave crisi economica, disoccupazione di massa, avvento di regimi dittatoriali; seconda guerra mondiale. La storia può essere e va letta da molti altri angoli visuali, ma è indubbio che quello monetario è non privo di fondamento.
L'adesione al sistema di Bretton Woods da parte dei maggiori Paesi industriali confermava, fino a tutti gli anni '60, un legame sia pure indiretto, attraverso il dollaro, tra le monete e l'oro. Mentre per i non residenti la convertibilità in dollari delle monete era piena, per i residenti sempre più la moneta emessa dalla Banca centrale acquisiva carattere meramente fiduciario. Veniva sviluppandosi anche il sistema dei mezzi di pagamento incentrato sui depositi bancari; dal punto di vista economico, la moneta creata dalle banche di deposito è del tutto equivalente, per le sue conseguenze sui prezzi e sulla produzione, alla moneta creata dagli istituti di emissione.
Nel 1971, con la sospensione della convertibilità del dollaro in oro, il sistema delle monete perde qualsiasi riferimento al metallo. I decenni seguenti sono caratterizzati, nei Paesi industriali, da uno sviluppo ancora sostenuto, ancorché minore di quello degli anni '50 e '60, dell'attività produttiva e dell'occupazione; da un aumento notevole delle dimensioni dei bilanci e dei debiti pubblici; da tassi di inflazione lontani dagli eccessi dei periodi bellici e postbellici, ma nettamente superiori a quelli sperimentati nei decenni precedenti, e in particolare nel lungo periodo storico di vigenza del "gold standard".
Assume consistenza un'ulteriore evoluzione, costituita dalla crescita di attività finanziarie, titoli pubblici e privati, diverse dalla moneta. E' difficile ritenere che il loro ammontare sia indifferente per il livello generale dei prezzi.
La Costituzione non poteva certo, esplicitamente, prevedere questi sviluppi. L'articolo 47 - che nell'opinione dei commentatori accoglie e riconosce i principi fondamentali della legge bancaria del 1936 - è un punto di riferimento ben preciso anche in materia di stabilità monetaria.
La legge del 1936 mirava a costituire la disciplina generale dell'attività finanziaria. Essa ha adempiuto, nel corso del tempo, la sua funzione di assicurare la crescita dell'economia, in condizioni di notevole stabilità delle istituzioni finanziarie. L'evoluzione e l'interdipendenza dei mercati hanno fatto emergere nel tempo nuove esigenze, nuovi strumenti, possibili rischi, sistemici e individuali, legati alla diversificazione operativa e geografica degli intermediari. Una comparazione internazionale rivela che la crescita quantitativa riguarda, nelle più avanzate, soprattutto gli strumenti diversi dalla moneta.
Negli ultimi decenni si osserva una tendenza del nucleo monetario, costituito da banca centrale e sistema bancario, a muoversi in linea con il prodotto complessivo del Paese. Le attività diverse dalla moneta, compresi i prodotti derivati, tendono invece ad espandersi più rapidamente. Esse sono anche quelle più intensamente coinvolte nei movimenti internazionali dei capitali; crescente è la loro influenza sui tassi di cambio fra le monete.
Le modificazioni normative intervenute nel corso degli anni hanno assecondato lo sviluppo del nostro sistema finanziario, garantendo nello stesso tempo il necessario adeguamento della regolamentazione e dei controlli, graduandoli rispetto alle diverse tipologie di operatori. Si è consolidata una nuova disciplina del mercato mobiliare e dei soggetti che in esso operano; sono stati rafforzati gli strumenti di difesa dei risparmiatori e dei fruitori dei servizi d'investimento.
La più ampia tutela della stabilità finanziaria ha trovato riconoscimento nel nuovo Testo unico in materia bancaria e creditizia, entrato in vigore il primo gennaio 1994. In esso sono state anche raccolte le innovazioni legislative che si erano, non sempre organicamente, stratificate nel tempo. E' stata riaffermata la natura d'impresa dell'attività bancaria, confermato il libero accesso al mercato creditizio e finanziario in presenza del possesso dei necessari requisiti.
Nell'adeguare la legislazione nazionale ai precetti della normativa comunitaria il legislatore ha riconosciuto il ruolo svolto nel tempo dalla Banca d'Italia e ha ribadito che ad essa spettano i poteri atti a promuovere la stabilità e l'efficienza del sistema creditizio.
La vigilanza si esplica attraverso l'esame del rispetto, da parte di tutti gli operatori, di regole volte al raggiungimento di questi obiettivi di carattere generale. I controlli accertano la sana e prudente gestione delle istituzioni creditizie; non entrano nel merito delle singole operazioni che, in armonia con il carattere imprenditoriale riconosciuto agli intermediari, rimane di esclusiva competenza e responsabilità degli stessi intermediari.
Il principio costituzionale della tutela del risparmio esprime il concetto che una struttura monetaria e finanziaria solida è meritevole di fiducia, rappresenta un bene pubblico, risponde a un interesse generale. In Italia, negli altri Paesi dell'Unione Europea, nella maggior parte degli Stati economicamente sviluppati, le funzioni di politica monetaria e di vigilanza sugli intermediari sono sempre, in misura più o meno estesa, tra di loro integrate.
I compiti di vigilanza sono connessi storicamente con l'esercizio della funzione di prestatore di ultima istanza. Nelle condizioni dei primi decenni del secolo, l'ammontare dei risconti concessi dall'Istituto di emissione per sovvenire a momentanee crisi di liquidità, poteva riguardare una quota rilevante dei depositi di una istituzione creditizia. Era accettato il principio, enunciato da Thornton e ripreso da Bagehot, del risconto senza limiti in caso di crisi di liquidità, sia pure a tassi penalizzanti. Le necessarie garanzie a salvaguardia della circolazione richiedevano di acquisire una conoscenza approfondita dei profili tecnici delle banche e della loro situazione.
L'affermarsi della moneta bancaria, la relazione stretta, anche se non rigida, che lega il credito e la massa monetaria all'andamento dell'attività economica e dei prezzi fanno rientrare a pieno titolo l'attività delle banche nell'ambito della politica monetaria.
Il valore della moneta bancaria è garantito dalla qualità e dalla stabilità dei crediti concessi dalle banche all'economia. La salvaguardia del risparmio intermediato dalle banche assume, alla luce di queste considerazioni, pregnanza e carattere nuovi.
La corretta allocazione del credito, perseguita dall'azione di vigilanza, porta a un uso efficiente delle risorse finanziarie, preserva la stabilità degli intermediari, tutela in contropartita il valore dei depositi bancari.
Lo sviluppo di strumenti diversi dai depositi bancari, la loro importanza nei movimenti internazionali di capitali, le relazioni dei relativi mercati con l'attività bancaria fanno acquisire a quegli strumenti e mercati rilievo ai fini del controllo del valore della moneta.
Le regole che presiedono agli scambi e all'operatività sui mercati sono di pertinenza prevalente delle autorità di controllo diverse dalla Banca centrale. Gli effetti dell'operare dei mercati sulla formazione e sull'allocazione del risparmio costituiscono materia di interesse fondamentale per la politica monetaria. La legge coglie tali nessi, stabilendo opportuni coordinamenti.
La ricchezza delle nazioni è il prodotto della capacità e dell'ingegnosità degli uomini. Ma la ricchezza accumulata nel tempo si sostanzia sempre più in attività e strumenti aventi un'espressione monetaria.
L'Italia conserva, tra i Paesi industriali, un primato positivo costituito dalla sua elevata capacità di risparmio. La quota di reddito risparmiata dal settore privato si aggira intorno a un quarto del reddito nazionale; mentre le imprese sono finanziariamente esposte in misura non differente da quanto si rileva altrove, le famiglie italiane sono molto meno indebitate.
Una parte, più rilevante che in altri sistemi, del risparmio privato viene assorbita per il finanziamento del disavanzo pubblico. Un elevato debito pubblico tende a pesare sul valore della moneta e ad innalzare, a parità di altre condizioni, i tassi di interesse di mercato.
Le economie dove le famiglie e più in generale il settore privato sono molto indebitati sono esposte a rischi di instabilità e a crisi degli intermediari. Allorché l'indebitamento è concentrato nel settore pubblico, prevalgono rischi di inflazione.
Una visione completa del ruolo della politica monetaria deve necessariamente comprendere tutti i flussi finanziari, debitori e creditori, la loro distribuzione tra i diversi settori, la connessione di tali flussi con l'attività d'investimento in capitali produttivi dalla quale in definitiva discendono la crescita dell'occupazione e lo sviluppo economico.
In tal modo, la politica monetaria e l'azione della banca centrale si saldano, al servizio del Paese e in leale collaborazione con le sue istituzioni, con i problemi più generali della politica economica e dell'economia.


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