§ MERCATO REGOLATO E CONCORRENZA

STATO E IMPRESA




Pierluigi Ciocca
Direttore Centrale della Banca d'Italia per l'Area Ricerca Economica



La storia economica dell'Italia è fitta di episodi in cui l'Impresa è ricorsa a vie non canoniche di difesa del profitto, di elusione del rischio del fallimento: la cedevolezza del cambio, la compressione del salario, la commistione con le banche, la commessa e il sussidio di Stato. La formula dell'economia mista, con estesa presenza di aziende e di banche a controllo pubblico, venne dagli Anni Trenta concepita quale rimedio obbligato. E' entrata in crisi negli Anni Settanta, sino ai recenti, lodevoli orientamenti di privatizzazione.
Nello stesso rapporto con lo Stato, permane una sorta di sospetto reciproco. Lo Stato sembra dubitare dell'idoneità dell'Impresa a fare a meno del suo sostegno. L'Impresa tende a considerare il sostegno statale come dovuto, solo parziale compensazione di diseconomie che sarebbero generate dalla stessa incompleta funzionalità delle strutture pubbliche.
Da questa impasse bisogna uscire. E' essenziale imperniare l'economia italiana sul mercato, concorrenziale e regolato. Il problema si configura in termini d'azione politica, economica e istituzionale. Laisser faire e concorrenza semplicemente non coincidono. Possono anzi risultare in conflitto, specie là dove prevalgono economie di scala. Inoltre, vanno corrette le condizioni "iniziali" ereditate dal passato, segnate da oligopoli e pratiche collusive. Né basterà privatizzare. Occorrono regole e una politica per la concorrenza, da far rispettare e da attuare con una azione forte dello Stato.
E' il grande tema che i massimi economisti italiani hanno agitato per più di un secolo; è la meta per cui si sono battuti con grande impegno civile, di analisi e di proposta, quale che fosse il loro orientamento politico, pagando spesso di persona. Da Ferrara a Pantaleoni, da Barone a Ricci, da De Viti De Marco a Einaudi, da Sraffa a Caffè, da Demaria a Baffi: se vi è un filo continuo nel pensiero economico italiano alto, ebbene, esso è nella sottolineatura dello scarto, che resta essenziale colmare, fra il paradigma teorico di una economia di mercato, di concorrenza, e la realtà italiana. Se in Italia l'esigenza di perequare, superando i dualismi, e quella di offrire a tutti pari opportunità restano esigenze primarie, condizioni per rinsaldare le stesse fondamenta democratiche della società civile, il "beneficio qualitativo" è enorme. Ma la stessa capacità di sviluppo dell'economia ne risulterebbe corroborata, sia in termini di efficienza allocativa, dinamicamente in termini di innovazione, sia con l'abbassare i costi verso le frontiere dell'efficienza produttiva.
Esemplificherò col settore bancario e finanziario.
Della connotazione dell'economia italiana quale economia di mercato semi-debole è fra l'altro emblema la pochezza della Borsa, intesa come luogo canonico della riallocazione della proprietà e del controllo dell'Impresa. Soprattutto, è limitato il ruolo delle società finanziarie attive nel mercato delle aziende. Costituiscono requisiti per superare le odierne inadeguatezze l'affermarsi di nuovi operatori finanziari, la riforma della Borsa, la stessa accresciuta concorrenza fra le banche. Che l'intensificarsi della concorrenza, promossa con ogni mezzo dalla Banca d'Italia dallo scorcio degli Anni Settanta, avvicini altresì il sistema bancario italiano alla frontiera dell'efficienza, è confermato da molte analisi generali.
Citerò piuttosto un'ultima ricerca del Servizio Studi specificamente volta a scomporre, con metodi di programmazione lineare, le variazioni della produttività bancaria nella componente dovuta alla tecnologia e nella componente dovuta all'efficienza. Nel 1984-1989, prima che la liberalizzazione degli sportelli bancari del marzo 1990 cambiasse il quadro, complicando i confronti, la produttività totale dei fattori nel sistema bancario italiano è cresciuta in termini reali dell'1,9 per cento l'anno: l'incremento si scompone in un 1,1 per cento dovuto a puro progresso tecnico, e in un buon 0,8 per cento dovuto ad efficienza, pur essa stimolata dalla concorrenza promossa dalla Banca d'Italia.
La direzione additata dall'Istituto Centra e al mondo della finanza italiana non è la direzione né del garantismo né del laisser faire: è quella della concorrenza in un mercato con regole, vero presidio da ogni perniciosa manipolazione, da ogni forma di dirigismo.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000