§ L'inchiesta

Dal Sud al futuro




Ma. Bel.



Fiscalizzazione degli oneri sociali in soffitta e, come non mai, costo del lavoro che diventa quello che è: il prezzo di uno dei beni più preziosi per l'umanità. Senza più ammortizzatori, con l'impatto della dura legge della domanda e dell'offerta. E per il mercato del lavoro, già congestionato da circa tre milioni di disoccupati, per la stragrande maggioranza giovani e donne del Sud, nuovi ostacoli, ancora tutti da superare.
Gli altri sono noti: l'inefficienza del collocamento pubblico che in Italia, sebbene amministri il mercato del lavoro in regime di monopolio, intermedia appena il 5 per cento degli occupati; la rigidità nella fase di ingresso nel mercato e in quella di uscita, che rendono poco fluido il va-e-vieni fisiologico dell'occupazione; gli squilibri strutturali delle "due Italie", ancora troppo diverse per creare occasioni reali di scambio tra lavoro del Sud e del Nord e per garantire tassi di crescita omogenei nel Paese.
L'accordo tra aziende e organizzazioni dei lavoratori sulle ricette per superare le distorsioni strutturali del mercato del lavoro italiano è stato più o meno raggiunto e si traduce tutto in una sola parola: flessibilità. E' stata uno dei punti-chiave dell'intesa del luglio 1993 sulla politica dei redditi e continua a mantenere un forte valore simbolico, perché ci sono alcune novità che le parti considerano "preziose", come la deregulation sulle assunzioni a tempo determinato o part-time. Per questo motivo imprese e sindacati si sentono fortemente impegnati.
Nonostante la scelta di battere la via della flessibilità, le soluzioni per una sua eventuale applicazione non sono ancora univoche: è aperto, ad esempio, il problema sul salario regionalizzato, ancorato a parametri strutturali e di produttività definiti arca per arca, possibile soluzione per evitare i contraccolpi causati dal taglio della fiscalizzazione.
Sia le imprese sia i sindacati su questo fronte non hanno idee concordi, come le hanno, invece, sul tema del lavoro interinale, un altro dei possibili rimedi ad alcune delle rigidità italiane. Il pregiudizio sul lavoro in affitto è stato superato - il sindacato stesso lo riconosce - e le parti, con entusiasmi di grado differente, hanno convenuto che sarebbe opportuno sperimentarlo anche nel nostro Paese. Per esponenti del governo, invece, non rappresenta una priorità. Per il temporary work in Italia sarà necessario attendere ancora un po'. Intanto, per un contributo di chiarezza, abbiamo chiesto lumi a Innocenzo Cipolletta, direttore generale della Confindustria, a Giuseppe De Rita, presidente del Cnel, a Mariano D'Antonio, economista ed esperto di problemi del Mezzogiorno, e a Sergio D'Antoni, segretario generale della Cisl. Riportiamo le loro risposte ai nostri quesiti.

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000