§ MASS MEDIA E ADOZIONE

QUANDO SI RUBANO I BAMBINI




Vincenzo Menichella



Sono stato il promotore della legge 5/6/67 sull'adozione, approvata grazie al coraggio e alla tenacia della ori. Dal Canton: legge rivoluzionaria perché sanciva con la dichiarazione di adottabilità la rottura dei diritti del sangue.
Non scoprivo nulla perché in Francia, per i minori abbandonati, esisteva dal 1939 la "légitimation adoptive"; da noi dovemmo chiamarla "adozione speciale" perché il nome legittimazione era ritenuto eccessivo: gli "illegittimi" non dovevano entrare nelle famiglie come figli! L'adozione speciale fu però una vera legittimazione adottiva, sia pure, all'italiana, con un nome ipocrita. Fu una battaglia che combattei con Pasi, Santanera, Radaelli e con padre Lener e padre Perico, contro molti giuristi, religiosi e politici.
Da miei scritti furono presi i concetti di adottabilità, di affidamento preadottivo, nonché, tra l'altro, la necessità di una differenza massima di età tra adottante e adottato, di cui ora, ad iniziativa dell'ex ministro Guidi, tanto si discute. Tale differenza fu ancora diminuita con la legge del 1983, dopo quindici anni di lavoro dei tribunali.
Proposi la legge perché tra gli assistiti dell'Istituto Assistenza all'Infanzia di Roma, da me diretto, vi erano oltre 6.000 bambini in abbandono, nonostante che molti avessero preso la via dell'America, con mezzi legali e meno legali, come nello splendido film di Alberto Sordi, che riproduceva un fatto di cronaca, relativo ad un avvocato italo-americano pescato sulla nave con un carico di bambini. Negli istituti in Italia vi erano 300.000 minori.
La legge, ottenendo un risultato eccezionale, portò, già nel 1971, alla quasi scomparsa dei bambini adottabili cosicché iniziarono gli imbrogli per rubare bambini (madri che entravano in clinica con un cuscino sull'addome ed uscivano con un bambino e, dopo il 1975, con il nuovo diritto di famiglia, padri con appendici virili che superavano l'oceano e dichiaravano, senza essersi mossi dall'Italia, di aver generato bambine nate in Brasile).
La legge dette una famiglia a tutti i bambini abbandonati, non poteva certo dare un bambino ad ogni famiglia che lo voleva: i bambini si sarebbero dovuti creare in provetta, perché vi sono, ogni anno, 30.000 nuove coppie senza figli e meno di 1.000 bambini abbandonati.
Paradossalmente sui mass media iniziarono critiche alla legge, promosse da aspiranti adottanti delusi.
Schematizzando le critiche sono state le seguenti:

PRIMA CRITICA. Vi sono 50.000 bambini negli istituti: perché non si danno in adozione?
Questa balla, copiata da un giornale all'altro, è l'esito di una lettura acritica dei dati Istat. Una lettura attenta avrebbe mostrato che:
a) i 50.000 non sono 50.000 ma 20.000. Nel 1967 vi erano 300.000 minori negli istituti per minori poveri e abbandonati, nel 1982 70.000, nel 1986 45.000, nel 1992 erano 27.475: visto il trend dovrebbero essere ora 20.000.
b) non sono bambini, ma minori fino a 18 anni ed oltre, se non hanno finito a 18 anni il corso di studio.
Ma la cosa più importante è che sono quasi tutti grandi. Oltre i 15 anni nel 1986 erano 14.688, invece circa 631 da 0 a 3 anni. Nell'Alto Adige, addirittura, tutti i minori ricoverati avevano più di 15 anni. Nel 1992 (l'Istat ha cambiato la ripartizione per età) ve ne erano sopra 5 anni 25.536 su 27.475. Non si tratta, perciò, per età di soggetti da adozione o, almeno, da adozione facile.
c) La distribuzione per età chiarisce anche che non si tratta di minori abbandonati: lo sport di abbandonare i figli, che si sono allevati per 10-15 anni, è insolito. Si tratta di giovani che si mandano a studiare in luogo protetto, a spese pubbliche, negli istituti per Minori Poveri e Abbandonati e che, spesso, vengono ritirati in famiglia nelle festività. Gli istituti, avendo circa metà dei posti vuoti (nei brefotrofi il 75%), sollecitano, a loro volta, le famiglie e queste ottengono il ricovero tramite il sindaco, un assessore, un monsignore.
In sintesi: non sono 50.000; non sono bambini, non sono abbandonati, e a volte, ma non sempre, sono poveri. Per svuotare gli istituti si rimandino a casa gli studenti e, in caso di famiglie disagiate o di madri sole, si aiutino le famiglie. Si spende molto meno con aiuto diretto che ricoverando (Bowbly). Nei più rari casi di famiglie inidonee si potrà procedere ad affido familiare, ma non sarà cosa semplice per l'età e per l'ubicazione delle famiglie di origine. Adozioni quasi zero.

SECONDA CRITICA. La legge non avalla l'appropriazione indebita di bambini, non sanzionando situazioni affettive già stabilizzate (caso, tra gli altri, Serena Cruz). Nei mass media si è parlato di "legge scritta" contro la "legge del cuore". Fu contro la legge anche un celebre giornalista residente in America ed un'eco vi fu pure in dichiarazioni di un ministro della Giustizia.
La legge voleva che i tribunali scegliessero la migliore: famiglia per il bambino; non si può accettare che ognuno si autogiudichi il migliore, con danno per i bambini e con il solito sistema italiano di dividere i cittadini in "fessi", che si sottopongono a colloqui e indagini e dopo anni spesso non hanno il bambino, e "furbi" che comprano il bambino e non lo consegnano su richiesta dei tribunali, facendo passare cioè il tempo necessario a creare nel bambino un rapporto affettivo e ricattando i mass media e la pubblica opinione che si schierano contro i tribunali.

TERZA CRITICA. La legge esclude dall'adozione gli anziani, le coppie di fatto, i single, i gay, mentre tutti hanno diritto a riversare il loro affetto su un bambino e non è detto che non possano essere buoni adottanti.
Nessuno nega che non possano esserlo: se vi fosse necessità si dovrebbe ricorrere ad essi come ho fatto per 20 anni, specie con nubili e vedove, prima della legge del 1967; il problema è nel numero dei bambini adottabili, che sono per l'adozione nazionale pochissimi, uno per otto-dieci domande, nonostante queste siano limitate dalle caratteristiche di età o di coppia.
E' necessario perciò dare al bambino la migliore famiglia cercandola tra quelle che più garantiscono il principio "adoptio naturam imitatur" e cioè coppie giovani, che abbiano dato garanzia di stabilità, dove vi sia un padre che non sia un nonno e, specialmente, una madre che non sia una nonna e non trasformando gli abbandonati in orfani, nell'età in cui, specie loro, hanno ancora bisogno dei genitori.
In particolare, l'ammettere gli anziani moltiplicherebbe le domande per neonati e bambini piccoli, già così numerose creando veramente il caos nei tribunali, darebbe luogo ad adozioni spesso inidonee, toglierebbe le poche domande per i bambini grandi cui oggi si rivolgono, per limitazione di legge, gli adottanti più anziani. I bambini, poi, finirebbero quasi tutti ai genitori anziani, perché questi hanno più autorità, più credito, più aderenze dei giovani, e per un dato oggettivo: le migliori condizioni economiche. Prima del 1967 dovevamo, purtroppo, dare i bimbi agli ultracinquantenni. Anche per questo si volle la legge. Non si va allegramente indietro di 30 anni. Quanto ai single, come ci giustificheremo di fronte al bambino, se gli abbiamo dato, ad esempio, una famiglia senza padre, quando potevamo dargliene una completa? La legge deve garantire i bambini, non seguire i desideri, pur degni, degli aspiranti adottanti.
Non così per l'adozione internazionale, dove non vi è la scarsità di bambini adottabili, ma ve ne possono essere milioni in stato di grave disagio, orfani di guerre tribali, condannati alla fame e alla morte. Verificata la capacità educativa degli adottanti, non ritengo, nell'interesse dei bambini, che debbano esservi gli stessi criteri restrittivi, purché ci si garantisca, meglio con accordi tra gli Stati, sotto l'egida dell'ONU, che non si tratti di scippo (ora non eccezionale) ma che il bambino sia realmente in stato di abbandono. Non accenno alla truculenta denuncia ministeriale dell'anonima trapianti, assurda non tanto per la disumanità (siamo abituati a peggio) quanto per difficoltà tecniche (ricerche immunologiche, espianto, trapianto) non risolvibili, certo, alla macchia. "No comment", per carità di patria.

QUARTA CRITICA. Le pratiche di adozione durano anni, sono defatiganti, i tribunali, per intralci burocratici, non svolgono i loro compiti con solerzia. Perciò è giusto rubare un bimbo e farsi la legge da soli.
Non esistono, in genere, lungaggini nelle pratiche di adozione, salvo, per norme garantiste, in alcune dichiarazioni di adottabilità. I tempi lunghi delle pratiche di adozione sono dovuti alle file. In Italia le file si fanno solo per l'adozione; se ci si dovesse mettere in fila per il pane, dopo ore di attesa non si sarebbe neppure sicuri di averlo. A che servirebbe da parte dei tribunali ordinare una inchiesta sociale se non quando si ha la previsione di avere qualche bambino disponibile? I tribunali per minorenni sono, in genere, tra le cose che funzionano: diamo loro fiducia.
Un'ultima verità: l'adozione come istituto per i minori italiani in abbandono ha pochissima importanza ora in Italia; se ne parla tanto non perché esistano bambini da salvare, ma perché la gente vuole avere figli o così o con affitto di uteri. Non facciamo perdere tempo al Parlamento. Lo affermo io, che ho la paternità dell'adozione assistenziale in Italia e che dovrei sentirmi legato ad essa.
L'affidamento affettivo deve invece essere aiutato e sollecitato, ma non si ritenga che siano pratiche semplici. Auguri al ministro per il lavoro in questo settore.


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