§ IL TEMPO DEI CRAVATTARI

USURA, UN MALE INCURABILE?




Elio Gnoni
Vice Direttore Banca d'Italia - Succursale di Viterbo



Il flagello dell'usura ha interessato, da sempre, l'intera umanità e rappresenta una miscela esplosiva di economia e religione, di denaro e salvezza, di leggi e morale; su tale argomento si accese nel XII secolo uno straordinario dibattito, oggi tornato drammaticamente alla ribalta.
Tale dibattito (delle cui origini troviamo tracce precise già in Aristotele nella sua teoria della moneta, dove, definendo la moneta "per natura sterile", condanna l'accumulazione e l'usura) toccò le massime punte d'intensità proprio nel periodo medioevale, attraverso le numerose diatribe fra teologi di diverse scuole di pensiero, e fra questi ed i pensatori laici, senza però giungere a definitiva soluzione. Il filo conduttore che lega Aristotele con i teologi scolastici è soprattutto il tentativo di "limitare", "imbrigliare" il commercio, ponendolo su basi etiche, cosa che rappresentava per la Chiesa un forte sforzo d'adattamento, in quanto, benché esistesse la famosa "parabola dei talenti" a ricordare l'importanza del lavoro fruttuoso, un originario e fondamentale presupposto era che "nullus christianus debet esse mercator", tanto più che proprio contro i mercanti si adirò Cristo nel tempio. Con San Tommaso d'Aquino -massima espressione del tentativo sostenuto dalla Chiesa di conciliare dogma teologico e necessità della vita economica - rimase ferma e decisa la condanna dell'usura (come parte della generale condanna dello scambio "ingiusto"), considerata la peggior forma di lucro.
Malgrado il più preciso atteggiamento della Chiesa (irrigidimento e universalizzazione della proibizione dell'usura; decreti emanati nei diversi concili Lateranensi - specialmente il II del 1139 ed il III del 1179 -; l'ingenua e inefficace imposizione fatta ad ogni cristiano -pena scomunica e condanna di lavorare fisicamente o intellettualmente, al fine di eliminare la "oziosa" figura dell'usuraio; l'istituzione dei Monti di Pietà ... ) e le sue più elaborate argomentazioni teologiche, sapientemente tradotte per esempio attraverso l'istituto dell'exemplum in linguaggio semplice per la diffusione popolare, le pratiche usurarie si svilupparono di pari passo con l'espansione economica, data soprattutto l'enorme difficoltà di reperire i capitali necessari agli investimenti nelle nuove attività per diverse e più sicure vie.
Di fronte a tale devastante sviluppo, notevole fu l'impegno di molti uomini della Chiesa; così ancora oggi sono degni di ammirato ricordo gli sforzi compiuti dai francescani (Bernardino da Feltre, 1439-1494) per contenere il costo del denaro a difesa delle categorie più bisognose. Consapevoli che il capitale era ormai destinato ad entrare quale fattore decisivo nel sistema economico moderno, i francescani puntarono sulla contenutezza del mercato del numerario, sia attraverso la rettifica della speculazione dilagante, sia a mezzo di istituti che adempissero ad una provvida funzione calmieratrice.
Da parte loro le autorità laiche del tempo si preoccupavano invece più di regolamentare il fenomeno che non di proibirlo, attraverso per esempio la determinazione dei saggi massimi, pratica che diverrà molto più frequente soprattutto nel XV-XVI secolo.
La realtà economica pertanto procedeva inesorabilmente senza mutare direzione, e riusciva persino essa stessa a plasmare la teoria dell'usura, modificandola a tal punto che si giunse ad affermare: "de iure naturali non apparet quod (usura) illicita sit" (F. de Mayronis).
Ancora oggi si cerca di capire quanto la diffusa pratica dei "finanziamenti agevolati" e delle donazioni concesse dagli usurai al clero abbia influenzato i mutamenti di dottrina e di comportamento della Chiesa.
Durante il periodo della Riforma Cattolica, si scagliarono contro l'usura anche le nuove e potenti voci di Lutero e Calvino; Calvino considerò legittima la richiesta di un compenso per l'uso del denaro, ma non riuscì nel tentativo di stabilire il "principium individuationis" della distinzione tra interesse "legale" e "d'usura".
E' interessante notare come nel periodo del mercantilismo l'usura fosse uno dei pochi temi mutuati dal passato che sapessero tenere viva l'attenzione generale: molti difendevano la liceità dell'interesse e pretendevano che fosse stabilito un saggio massimo, altri (Wilson) erano violentemente contrari alla riscossione dell'interesse, giustificabile solo da una vera e propria mora, ma queste ultime erano voci sempre più isolate nell'epoca del capitalismo commerciale, il cui scopo era quello dell'accumulazione monetaria da realizzare attraverso lo scambio.
Il problema di questo periodo era nuovamente quello di reperire fonti di credito, quando c'era grande scarsità di fondi liquidi, pesante mancanza di organizzazioni d'erogazione creditizia e crescente antagonismo fra mercanti e fra questi e grandi finanzieri.
Lo sviluppo economico, che aveva reso potenti i mercanti distruggendo tutte le istituzioni e le abitudini di pensiero che sbarravano la strada all'espansione commerciale, aveva conservato caro dal vecchio sistema il tema dell'usura, adeguandolo ai tempi e trattandolo in termini d'interesse: si accettava cioè ormai l'esistenza dell'interesse come quella, se non altro, di un dato di fatto con il quale confrontarsi; pertanto la lotta contro l'alto tasso d'interesse risultava essere una naturale e logica conseguenza della situazione del tempo, in quanto considerato nemico della ricchezza stessa.
Espressione del vivo interesse che il fenomeno suscitava (quindi della sua vitalità) ci è data in questo periodo da Shakespeare nel Mercante di Venezia (basato tra l'altro sulla storia di uno scrittore italiano del 1300), nel quale l'usuraio Shylock - sconfitto, umiliato e deriso - è descritto attraverso una caratterizzazione superata dalla grandezza dell'autore, che è riflesso da un lato dell'antico sentimento antisemita, dall'altro del profondo odio verso gli usurai, entrambi fondati su ragioni economiche e retaggi religioso-culturali: l'ebreo-usuraio, potente e necessario, detestato e condannato, che trascorre la sua esistenza in perenne lotta tra ricchezza e salvezza, denaro e inferno.
Durante il XVIII e il XIX secolo il fenomeno fu meno drammaticamente vissuto e trattato: l'economia europea si trovava in una fase molto diversa; anche quando soltanto in Inghilterra si respirava aria di "risveglio", la necessità di ricorso al credito poteva essere sufficientemente garantita attraverso le diverse vie legali, alternative all'usura, che si erano organizzate. Pur tuttavia questa, semplicemente più in sordina, continuava a strisciare nel tempo, mietendo nuove vittime, quasi sempre le stesse: incauti ambiziosi e bisognosi giunti alla disperazione.
La repressione penale dell'usura non è stata un fenomeno costante: nei più recenti tempi storici dell'Unità d'Italia osserviamo come il principio liberistico della libertà dell'interesse convenzionale ebbe il sopravvento, facendo scomparire tale reato dal Codice sardo del 1859, ancorché presente nei precedenti Codici parmense, nel Regolamento pontificio (1832) e nei Codici albertino ed estense; riapparirà solo nel Codice attuale (art. 644 del Codice Penale), sull'esempio della massima parte delle legislazioni moderne.
L'usura "moderna" rappresenta un problema di difficilissima soluzione (o più realisticamente: di "contenimento"), giacché si presenta come fenomeno estremamente multiforme: esso è entrato in rapporto con la criminalità organizzata, che ne ha modificato caratteri e morfologia. Al giorno d'oggi, le attività usurarie vengono esercitate non più soltanto dal classico "strozzino" (cravattaro), ma anche da società di intermediazione finanziaria illegali e/o di dubbia origine. E' drammaticamente presente per lo più nelle grandi aree urbane ed industriali, là dove l'organizzazione sociale è più complessa e dove quindi può operare bene e nel silenzio, mentre è praticamente inesistente nei centri minori, specialmente se ancora legati ad un'economia rurale. Tale "piaga'' si cela abilmente dietro il contratto di mutuo (che infatti ben si presta ai patti usurari), nonché nelle vendite (fittizie o vere, a rate o non ... ), nel patto di riscatto, nella costituzione di rendita, nella transazione, nel "leasing", e trova un vero punto di forza non tanto nella minaccia del ricorso alla violenza in caso di insolvenza, quanto piuttosto nel "bisogno" e nella "vergogna" che ne deriva, e che spinge la vittima ad essere reticente a confessare e denunziare.
A conferma di ciò si riscontra che la vittima dell'usura accetta più facilmente di collaborare con la giustizia investigativa se viene a sapere di non essere l'unica a confessare, e questo non per timore di vendette, bensì della pubblica vergogna, esclusivamente rivolta contro lei sola. D'altra parte le forze dell'ordine hanno poche possibilità di operare in via preventiva, ed anche i loro interventi "ex post" sono molto delicati da gestire, sia per l'oggettiva difficoltà della materia stessa sia per la mancanza di strumenti idonei a prevenire il fenomeno (per esempio non si è ancora presa posizione ufficiale riguardo alla delicata questione del permesso di impiego dei sistemi di intercettazione telefonica in questo tipo di indagine).
Le conseguenze dell'usura sulla società sono devastanti: provoca distorsioni economiche rilevanti in quanto sposta enormi quantità di capitali dal circuito legale del credito a quello illegale dell'economia, costringendo alla chiusura molteplici attività imprenditoriali e gettando nella disperazione individui ed intere famiglie.
Il problema più importante e difficile comunque resta la comprensione del "perché" dell'usura... oggi!
La situazione attuale non è certamente quella di un sistema "monetario" deficitario di cui abbiamo fatto cenno innanzi, e ciò è dimostrato anche dalla massiccia presenza sul mercato di operatori del credito, rivolti sia alle esigenze del consumo che a quelle produttive. Tuttavia proprio la persistenza e il dilatare del fenomeno ci obbligano a ritenere che, forse, esistono perlomeno delle lacune nel sistema stesso dell'erogazione creditizia, il quale è spesso accusabile di "speculativa e burocratica freddezza", di "insensibilità" e, per certi versi, anche di "miopia".
E' logico pensare che colui il quale si rivolge all'usuraio ha già precedentemente cercato aiuto presso gli istituti di credito, dai quali non ha ottenuto nulla, probabilmente per insufficienza delle garanzie di copertura e/o per l'elevato rischio rappresentato dall'investimento eventuale proposto.
Motivazioni legittime, almeno in questo specifico contesto socio-economico, ma, al fine di poter consentire oggettivamente alle banche "senz'anima" di avvicinarsi ulteriormente ai bisogni della clientela, in particolar modo di quella commerciale e delle "famiglie", vittime sacrificali per eccellenza dell'usura, sarebbero auspicabili rapidi e sostanziali interventi modificativi.
I mezzi telematici ed informatici di cui la nostra società è dotata consentirebbero l'istituzione di appositi centri esclusivamente impegnati nella raccolta dati e nello studio dei problemi dei diversi soggetti.
Con particolare riferimento al settore dei commercianti, questi centri "di soccorso", organizzati istituzionalmente o dalle stesse aziende di credito, potrebbero dar vita a diverse nuove soluzioni, fondate proprio sulla completezza delle informazioni; il comune denominatore di tutte le soluzioni verrebbe così ad essere l'organizzazione razionale e conveniente di tante eterogenee forze disaggregate, incapaci di proseguire "motu proprio" il loro cammino nel mercato e di esprimersi nella società, e che altrimenti finirebbero con molta probabilità fra le grinfie degli usurai.
Se a tale iniziativa altre se ne aggiungessero, come quelle di seguito accennate, il fenomeno potrebbe, in qualche modo, essere contenuto?
- un più incisivo presidio del territorio da parte delle banche;
- una maggiore conoscenza ed una migliore assistenza (consulenza) del cliente;
- una "de-burocratizzazione" delle istanze di credito;
- più contenuti tempi di attesa d'istruttoria per accedere al credito; spesso sono proprio tali tempi, che se prolungati favoriscono il ricorso all'usuraio, che offre interventi più tempestivi e in grado di risolvere con immediatezza i problemi di chi è costretto a richiedere un prestito;
- la previsione statutaria delle aziende di credito di destinare una parte degli utili per i più bisognosi e le vittime dell'usura;
- un maggiore sviluppo del credito al consumo alle famiglie attraverso un'opera di sensibilizzazione ed informazione sui servizi offerti, anche mediante l'apertura di crediti personalizzati;
- più puntuali e frequenti incontri (mensili? trimestrali?) dei vertici delle aziende di credito con la Banca d'Italia, competente per territorio, al fine di disporre di dati aggiornati sulle iniziative intraprese per contrastare il riciclaggio di denaro sporco e l'usura.
Sembra doveroso concludere che l'indifferenza mostrata nei nostri giorni verso questo millenario problema risulterà tanto più odiosa e scorretta moralmente ed epistemologicamente quanto più si considera che la società contemporanea ha mezzi per farvi fronte, se non altro, limitandola fortemente: dispone del denaro domandato (e quindi il problema è individuabile nella corretta distribuzione dello stesso) e degli strumenti capaci di gestire una più equa ed umana sua distribuzione.
Resta ancora una cosa da fare: attivarsi individualmente come portatori di questa nuova istanza, al fine di innescare una scintilla di rinnovamento in un sistema evoluto ed enorme, ma non per questo sempre "umano".


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