Una recente pubblicazione
interna del CENSIS con una serie di dati frutto di un sondaggio tra
gli albergatori, effettuato durante l'ultima decade del giugno 1994,
riveste particolare importanza per i geografi economisti che s'interessano
di tematiche relative al turismo. I dati sembrano confermare che la
stagione estiva del '94 registra un sensibile incremento nel numero
delle presenze, un forte ritorno dei turisti stranieri ed una ripresa
della domanda di eccellenza nella qualità di servizio richiesta;
quest'ultima sfocia nell'ottimo andamento degli alberghi a quattro
stelle ed oltre, in presenza di un mercato turistico internazionale
ad elevato livello di competitività. Nel contempo il buon andamento
della stagione turistica non è omogeneo né territorialmente
né in rapporto alla tipologia degli esercizi alberghieri a
causa principalmente di una maggiore selettività della domanda.
Le tendenze della domanda turistica individuabili nell'anno possono
essere così sintetizzate.
Il luogo della vacanza (fattore geografico per eccellenza) perde rilevanza
sulla determinazione della vacanza. Ad essere valutati e confrontati
non sono più le località, ma i "prodotti"
turistici analizzati nella loro qualità e nel loro costo. Ora
che la vacanza è diventata un momento imprescindibile e irrinunciabile
di "distacco" dai quotidiani ritmi di vita, la qualità
intrinseca del prodotto turistico diventa la variabile decisiva per
la scelta delle modalità e del luogo di consumo.
Il mondo dei viaggi è diventato più piccolo (si raggiunge
con lo stesso tempo una quantità prima impensabile di destinazioni);
più competitivo (con lo stesso budget familiare si può
comprare una grande varietà di prodotti turistici); più
facile (ogni frontiera si supera con minori ostacoli); più
noto (ci sono sempre più giornali che parlano di viaggi e le
sezioni di guide delle librerie si espandono a vista d'occhio); più
familiare (si viaggia di più per lavoro, per vacanze, per studio).
L'agire contemporaneo di tutto questo insieme di elementi (e di altri
ancora) tende ad annullare le "rendite di posizione" e non
basta più una spiaggia o una bella cattedrale per fare di un
luogo un "prodotto turistico".
Inoltre, essendo l'abitudine al fare vacanza ormai sedimentata in
ampi strati sociali, le modalità "tecniche" per la
sua determinazione (agenzie, biglietti per il trasporto, alberghi)
sono diventate di comune conoscenza dei turisti tanto che essi possono
rimandarne fino all'ultimo momento la scelta. I fattori "umorali"
connessi al momento della scelta acquisiscono una rilevanza prima
sconosciuta. Quindi la vacanza non è più programmata
con largo anticipo, in quanto gli stati d'animo temporanei diventano
fondamentali per la sua determinazione; sembrano pertanto perdere
importanza le caratteristiche antropiche dell'area di partenza dei
potenziali turisti (momento attivo). La seconda motivazione espressa
dagli albergatori per spiegare l'andamento della stagione consiste
proprio (con il 16,8% dei casi) nel mancato utilizzo delle prenotazioni
da parte dei turisti.
Si va imponendo una crescente autonomia nelle decisioni del turista.
Le vendite di guide e cartine turistiche registrano un boom senza
precedenti; il viaggio organizzato diventa più "flessibile",
lasciando spazio all'autonomia di gestione e all'organizzazione del
turista (si pensi alle opportunità "fly and drive"
messe in atto da molte organizzazioni).
Si riducono le vacanze a carattere monotematico. Il turista si connota
per la sua poliedricità: cultura, sport, natura, divertimento,
riposo rientrano in un mix del quale il singolo individuo è
un insieme composito di domanda di esperienze differenziate; l'appartenenza
di status non determina più univocamente le modalità
del fare vacanza. Il reddito, l'istruzione, l'età, il sesso
perdono gran parte della loro capacità di orientare rigidamente
le modalità della vacanza; diventano preminenti le preferenze
soggettive nella scala dei consumi. Non importa più, relativamente,
il reddito disponibile ma quello che ciascuno decide di "investire"
nella vacanza e negli altri settori di consumo; l'incremento del potenziale
turistico, la "omogeneizzazione" delle località italiane
e straniere, sia come qualità del prodotto che come costo,
agevolano i flussi dei turisti italiani nei Paesi esteri. Sono in
particolare i giovani a manifestare la maggiore disaffezione dall'Italia
come luogo deputato per la vacanza (la Grecia è la più
beneficiata).
Ad una "villeggiatura" tradizionale di lunga durata (un
mese) si sostituisce lungo tutto l'arco dell'anno una "parcellizzazione"
della vacanza di minore durata. La diffusione del lavoro autonomo,
l'aumento degli occupati nel terziario (settore nel quale la presenza
deve, per la quasi totalità dei comparti, essere garantita
continuativamente), gli elevati e stressanti ritmi di lavoro rendono
necessari dei break di riposo brevi, ma spesi in diversi periodi dell'anno.
E' questa l'epoca delle vacanze brevi (che possono andare da un week-end
ad una settimana) che rende ulteriormente frammentato il mercato turistico.
Il senso dell'insieme di questo comportamento lo si ritrova mettendo
insieme i vari tasselli del puzzle: ogni vacanza, presa per sé,
appare "parziale", unita alle altre riprende il suo senso
compiuto. Per ritrovare la villeggiatura, cioè l'unitarietà,
bisogna comporre il puzzle: quel che un tempo si trovava in una sola
vacanza ora si ottiene mettendo insieme tanti viaggi e una molteplicità
di esperienze turistiche.
La prova di questo mutamento si ritrova nelle due facce della medaglia:
nella quasi scomparsa delle grandi vacanze, cioè dei periodi
di oltre venti giorni continuativi di vacanza e nella crescita tumultuosa
dei week-end lunghi.
La forma di vacanza week-end, qualunque sia la durata in giorni, rappresenta
l'espressione più pertinente dell'esprimersi nei termini turistici
di una società che sta accentuando i suoi tassi "consumistici"
e i suoi valori "post-industriali".
D'altro canto, in Paesi come gli Stati Uniti, le vacanze di un mese,
la villeggiatura, è una forma di turismo poco frequentata.
In quel Paese il week-end è la forma di vacanza più
consueta e dopo di questa vi è la settimana intera; solo in
pochi casi, la vacanza in Europa o in altri continenti giunge alle
due settimane o oltre.
Sommando idealmente i giorni dei vari week-end di un anno con i giorni
di vacanza tradizionali si scoprirebbe che anche per l'Italia i primi
superano oramai, e talvolta di gran lunga, i secondi.
Si scoprirebbe cioè che mutamenti nell'organizzazione della
vita collettiva e dei comportamenti di vacanza sempre di più
convergono come complemento uno dell'altro, tasselli di un unico quadro.
Oggi nell'immaginario turistico sembrano vincere il fare, il prodotto
turistico, l'albergo eccellente, la società che si incontra,
l'atmosfera che si insegue (e non si raggiunge) tramite la "vita
ordinaria", quella non turistica.
Schiavi dei luoghi, i turisti erano "costretti" a coltivare
la scienza geografica mentre oggi coltivano la "scienza del ludico":
oggi nessun posto, di per sé, sembra essere essenziale, conta
cosa ci si può fare, come il luogo può essere "usato".
Nel mondo turistico degli italiani sembra essere finito il sortilegio
dell'obbligo alla vacanza culturale, conta di più la vacanza
fitting, cioè appropriata alla personalità del consumatore:
vacanza fitting come capacità dell'offerta di adattarsi ai
clienti, seguendo il "politeismo" che caratterizza il turista
di questa stagione.
Alla vacanza ormai viene demandato il compito di realizzare l'inatteso,
il non programmato, l'irrazionale, liberandosi persino dal proprio
segmento socio-economico di appartenenza: se un tempo a un dato profilo
sociale corrispondeva una determinata località, oggi tutto
è mescolato, discusso, provvisorio.
Spesso il turista del 1994 è condizionato dall'umore: oggi
va bene una località "chiassosa", domani una più
"riflessiva". Si scompone la vacanza in tanti frammenti,
ognuno diverso dall'altro (un viaggio in una capitale europea, una
settimana in montagna, un week-end in campagna, un salto alle terme,
un giro in macchina a inseguire un itinerario-nicchia, magari gastronomico
o culturale, una settimana di mare) eppure tutti uniti, quasi come
un puzzle impossibile, a sostituire la vecchia villeggiatura.
Il "politeismo" che si vive nel turismo richiama e riprende
temi più generali dei comportamenti di consumo degli italiani.
Così come, ad esempio, la domanda di varietà, di poter
scegliere, di confrontare diversi prodotti ha sostenuto la crescita
prima dei supermercati, poi degli ipermercati e, infine, dei centri
commerciali nella distribuzione del largo consumo, allo stesso modo
sta evolvendo l'offerta dei tour operators per quel che concerne il
turismo organizzato.
Bisogna rilevare che nel processo di concentrazione aziendale in atto
nel mercato delle vacanze i tour operators italiani non occupano i
primi posti come volume d'affari. Il mercato è infatti nettamente
dominato dagli operatori della Germania che da soli fruttano il 45%
del giro d'affari annuo del continente (1992); gli unici tour operators
italiani presenti sono il Cit e l'Alpitour rispettivamente al 19°
e 21° posto. Da anni si sostiene che il mercato turistico italiano
necessita di un forte processo di concentrazione e di internazionalizzazione.
Esso risente di una situazione anomala: la distribuzione del prodotto-vacanze
è fatta da circa 5.000 punti di vendita, cioè le agenzie
di viaggio, per la maggior parte a gestione familiare; di questi,
solo il 2,5% sono controllati dai nostri tre principali tour operators
(Cit, Alpitour, Valtur).
Un tempo i "pacchetti" di vacanza tutto-compreso erano concepiti
come una forma estrema di risparmio: tutto-compreso significava riduzione
al minimo del prezzo, oggi lo stesso "pacchetto" è
sinonimo di tutto-possibile: ognuno può mettere insieme i singoli
prezzi per costruirsi una vacanza personalizzata.
Come abbiamo già detto, la stagione turistica estiva nel 1994
sembra registrare una netta ripresa rispetto alle posizioni rilevate
lo scorso anno. Il sondaggio tra gli albergatori, effettuato dal CENSIS,
ha permesso di stimare un incremento del 4,2% per gli arrivi di questa
estate nelle strutture ricettive di tutto il Paese.
Si preannuncia, quindi, una stagione favorevole, dopo anni caratterizzati
da una crisi diffusa per tutto il settore turistico italiano; un fenomeno
che, però, vedremo premiare alcuni contesti piuttosto che altri.
Bisogna tener conto però che i costumi dei turisti stanno cambiando
e, sempre di più, si tende a prenotare all'ultimo minuto.
Poiché le indicazioni che giungono dagli albergatori tengono
soprattutto conto delle prenotazioni effettivamente pervenute al momento
delle interviste, è possibile che una quota di turisti raggiunga
i luoghi di vacanza all'ultimo momento, contribuendo a ritoccare verso
l'alto il dato relativo all'incremento degli arrivi.
Se sostanzialmente il mercato turistico è in crescita, bisogna
comunque considerare come un tale andamento sia frutto anche di dinamiche
che determinano un forte mutamento nella composizione della clientela
turistica, vista nel rapporto fra stranieri e italiani. Quasi la metà
degli esercizi rivela un mutamento nella composizione della propria
clientela.
Un maggiore afflusso di turisti provenienti da altri Paesi sta, sostanzialmente,
alla base di questo fenomeno. Infatti, fra gli albergatori che hanno
rilevato un mutamento della composizione della clientela nella propria
attività, più dei 3/4 ha visto affluire un numero maggiore
di turisti stranieri.
Lo stretto rapporto fra incremento degli arrivi e mutamento della
composizione dell'utenza turistica è messo in evidenza dalla
constatazione che la maggior parte delle strutture alberghiere interessate
all'andamento degli arrivi ha anche fatto rilevare un mutamento nella
composizione italiani/stranieri della propria utenza.
Ancora più stretto è il rapporto fra l'andamento del
mercato ed il tipo di mutamento intervenuto, in relazione alla composizione
italiani/stranieri della clientela. Parrebbe, infatti, che laddove
aumentano gli stranieri il mercato vada bene, oppure confermi situazioni
di sostanziale stabilità, mentre laddove aumentano gli italiani
il mercato in termini di arrivi sia in calo.
In definitiva, il mercato turistico sembra essersi sdoppiato in due
tronconi, quello degli italiani, che perdura in uno stato di sostanziale
stabilità rispetto allo scorso anno e che ancora -nonostante
flebili segni di ripresa - non ha superato gli effetti della crisi
economica; l'altro troncone è rappresentato dal mercato del
turismo straniero, ben disposto a venire in Italia ed a spendere di
più che in passato, ma a condizione che gli si offrano servizi
migliori. Nel complesso, tutte le componenti straniere hanno notevolmente
aumentato il flusso verso l'Italia. Secondo l'indagine della Federalberghi,
nei primi dieci mesi del '94 le presenze giapponesi sono cresciute
del 44,6%, quelle americane del 23,2% e le canadesi del 12,1%, ma
sono aumentate anche le presenze europee. I francesi sono cresciuti
del 12,8, gli austriaci del 7,3%, gli inglesi dell'11,8%, gli svizzeri
del 16,3%, i belgi del 7,8%.
A fare il pieno, come di consueto, sono stati i tedeschi (+10,9%)
che nel periodo gennaio-ottobre del '94 hanno totalizzato 16,5 milioni
di presenze sui 42,4 milioni complessivi della clientela straniera
(Mondo Economico, 1995).
Questo sdoppiamento del mercato impone strategie differenti e più
aggressive per gli albergatori. Cosicché, nonostante la ripresa
dell'intero settore turistico, si vengono a creare forti disomogeneità
fra gli imprenditori che sanno conquistare la clientela straniera
- magari facendo molta promozione all'estero e collegando la propria
attività a quella dei grandi tour operators internazionali
- e quelli che invece perdurano a giocare di rimessa, aspettando il
turista, senza fare nessuno sforzo per convincerlo a sceglierli.
Per quanto riguarda gli alberghi di categoria media (tre stelle),
il 42,5% rileva stabilità negli arrivi rispetto allo scorso
anno, ed il 30,9% una diminuzione; soltanto il 26,5% degli alberghi
a tre stelle ha visto incrementare la propria clientela.
Le categorie inferiori (meno di tre stelle) vedono un andamento del
mercato stabile nel 55,3% dei casi, ma ben il 32,9% dichiara una situazione
in corso di diminuzione negli arrivi. Un aumento si è verificato
soltanto nell'11,8% dei casi.
Il cliente sembra molto accorto nello spendere i propri soldi, e preferisce
usufruire di quelle strutture che offrono i migliori servizi, magari
pagando un prezzo di poco superiore.
In linea con il principio che il successo stagionale è determinato
dal migliore rapporto con l'utenza straniera, si nota che, fra gli
alberghi che hanno registrato un mutamento nella propria clientela,
proprio le categorie di lusso sono quelle che hanno rilevato un maggiore
afflusso di stranieri.
La maggiore percentuale di alberghi che hanno un incremento - in termini
relativi dell'utenza italiana - è stata registrata per la categoria
inferiore (quella con meno di tre stelle).
Anche la dimensione dell'esercizio sembra avere una particolare connessione
(positiva) con l'andamento del mercato. Parallelamente a quanto rilevato
per la categoria dell'albergo anche la dimensione dell'esercizio esercita
una attrazione sugli stranieri.
In definitiva, sembra che la partita fondamentale si stia giocando
sull'accaparrarsi il turismo straniero: qui vince chi è più
competitivo ad assorbire la maggiore quota di turisti, provenienti
soprattutto dalla Germania, chi invece s'accontenta del mercato nazionale
raggiunge obiettivi molto limitati.
La crisi in atto in alcune zone turistiche del Mediterraneo (guerra
nella ex Jugoslavia, terrorismo ispirato dal fondamentalismo islamico
in alcuni Paesi del Nord-Africa), il favorevole andamento climatico
della stagione sia invernale che estiva e l'assenza di emergenze di
carattere ambientale per quanto riguarda le località balneari
hanno fatto riversare in Italia un certo numero di turisti stranieri.
Ma è anche la svalutazione della lira, che ha determinato un
cambio favorevole, alla base dell'attrazione per tanti turisti esercitata
dai nostri lidi.
Questi elementi, che sono dovuti agli effetti di una congiuntura particolarmente
favorevole, hanno quindi determinato un afflusso a "cascata"
del turismo straniero. Questo non premia allo stesso modo tutte le
strutture ricettive e tutte le località turistiche, come già
messo in evidenza.
Innanzitutto, un mercato come quello del turismo straniero opera una
selezione per immagine "globale": il turista straniero è
principalmente attratto dalle zone turisticamente più note,
cosicché preferirà andare a Portofino, a Ischia o a
Taormina, piuttosto che in località delle Marche oppure della
Calabria. Ma la selezione imposta è anche di tipo strutturale:
poiché il turista straniero arriva in Italia anche per il tramite
delle agenzie o degli operatori turistici internazionali, con maggiore
facilità si rivolgerà ai grandi alberghi e, magari,
di categoria superiore: strutture che, appunto, con quelle agenzie
e con quegli operatori hanno rapporti privilegiati. D'altro canto,
il turista straniero opera già per suo conto una selezione,
optando per alberghi che offrono una qualità del servizio superiore.
Se negli anni scorsi era l'intero sistema ricettivo ad avvantaggiarsi
di crescenti flussi turistici, oggi una situazione particolarmente
favorevole di afflusso turistico viene assorbita dalle realtà
maggiormente preparate ad accoglierlo e più consolidate; pertanto
questa congiuntura particolarmente favorevole per il turismo italiano,
lungi dall'operare una sorta di abbassamento della competitività,
la accentua.
Molto interessanti sono infine le motivazioni addotte dagli albergatori
per spiegare il particolare andamento della stagione turistica. Da
queste è infatti possibile trarre elementi per valutare il
livello di maturità imprenditoriale diffuso tra gli operatori
e la corrispondenza con le reali dinamiche del settore turistico.
Le valutazioni degli operatori si riferiscono in particolar modo ai
fattori economici.

Cosicché si rileva che, a spiegazione di una stagione non troppo
brillante (1993), viene addotta come causa la crisi economica in grado
di scoraggiare la clientela italiana: a dire il vero, dietro questa
posizione c'è il sospetto che si celi una scarsa propensione
per l'operatore turistico di fare autocritica, trovando comodo utilizzare
argomentazioni così diffuse in questi ultimi tempi nell'opinione
pubblica.
Ma anche per motivare un andamento particolarmente positivo in termini
di arrivi previsti, si fa spesso appello principalmente a fattori
congiunturali come il cambio favorevole, che avrebbe spinto una quota
consistente di stranieri a frequentare le nostre strutture di ricezione
turistica, oppure alla ripresa economica.
Rilevante, come precedentemente affermato, è il fatto che molti
lamentano incertezza nel mercato adducendo il costume dei turisti
di prenotare in ritardo. Questo in sintonia con il sentore che il
turista muti i propri modi di fare vacanza a causa della minor possibilità
di fare previsioni con largo anticipo circa i luoghi e i modi di villeggiatura.
Meraviglia constatare come soltanto dopo questi fattori - di pura
congiuntura economica ed indipendenti rispetto alla volontà
ed alle capacità degli albergatori - venga proposto per argomentare
il successo stagionale il fattore relativo al miglioramento dei servizi
offerti.
Una parte degli operatori interpellati sostiene che un buon mercato
degli arrivi nella propria struttura ricettiva sia anche da addebitare
alla crisi degli altri Paesi turistici.
Secondo alcuni, anche l'aver contenuto i prezzi può avere avuto
un effetto particolarmente positivo sulla propria attività,
mentre altri riconoscono che errori di programmazione della stagione
turistica - in termini di prezzi alti e di incapacità di fare
politica per attrarre turisti -possono stare alla base di un cattivo
andamento della stagione stessa.
Infine, una buona organizzazione in termini promozionali del sistema
alberghiero (rapporti con agenzie e tour operators) è stata
fondamentale per programmare un buon andamento del mercato in termini
di arrivi.
L'industria dell'ospitalità italiana si trova oggi in una duplice
situazione: sul piano congiunturale si avvantaggia del tasso di cambio
favorevole, ma su quello strutturale soffre anche di una inadeguatezza
generale della qualità offerta rispetto a quella domandata,
soprattutto quando si scende dalle 4 alle 3 stelle o ancora più
giù. E' probabile che si debba cominciare a pensare a un piano
di rafforzamento della qualità dell'offerta ricettiva e di
una crescita della dimensione media alberghiera, oltre che alla nascita
di nuove strutture particolarmente innovative che fungano da prototipo
per l'intero sistema.