Al cospetto di
una immagine fotografica, presente l'autore, l'osservatore tende a
porre domande che riguardano la macchina usata, il diaframma ed il
tempo impostati, l'eventuale uso di filtri e così via... Come
se la bellezza dell'opera e la sua riuscita dipendessero dal mezzo
e dalla tecnica e non, invece, dalla sensibilità e dalla capacità
dell'autore.
In verità, non è neppure il dito, neppure il cervello
che fanno scattare la foto, ma sono le emozioni dell'animo filtrate
dal ragionamento e dalla cultura.
Poiché l'immagine fotografica è un espressione che può
essere documento, cronaca, storia, arte... ma che sempre è
sintesi, riflessione, emozione. Usa la tecnica.
Si può documentare un evento o raccontare un fatto, lungo nel
tempo, ma la fotografia ne darà o ne tenterà di dare
in una sola immagine la sintesi emotiva.

Tutti i condizionamenti di posizione, di luce o di altro non impediranno
all'autore di sentire e di tirare la foto che coglierà l'istante
e l'emozione.
Se l'autore sarà riuscito nell'intento, allora lo spettatore
ritroverà, in tutto o in parte, quanto ha sentito nel momento
dello scatto. L'emozione dell'autore si riversa sullo spettatore,
filtrata inevitabilmente dalla cultura, dalla sensibilità e
dall'esperienza di quest'ultimo.
Se così è, non ha alcun senso etichettare le foto e
gli autori.
Immagini di ogni tipo colpiscono tutti, ma ognuno ne noterà
alcune mentre tutte le altre passeranno inosservate.
Cosicché, come accade per la pubblicità, occorre anche
imporre le immagini facendo leva su sensazioni, desideri, necessità...
In tal caso diviene importante la dimensione e la ripetitività
dell'immagine, lo shock del soggetto e del messaggio.
L'autore è dotato di sensori emozionali che stimolano, tra
l'altro, la ricerca; la base culturale, le esperienze di vita e le
conoscenze tecniche si aggiungono alla passione e alla tenacia; da
tutto questo insieme nasce lo scatto "magico", l'istante
della foto.
L'indefinito dell'origine genetica, la formazione culturale, la passione,
l'esperienza, la conoscenza tecnica, le sensazioni intuitive, ma soprattutto
le emozioni, costruiscono (stratificandosi pur evolvendosi nel tempo,
nella conoscenza consapevole, alimentate dalla curiosità, potente
motore dell'ansia del sapere) quella Filosofia della Fotografia che
poi anima e rende riconoscibile ogni autore.
Cosicché la Fotografia, quale sintesi dell'emozione, è
simile alla Poesia, avendo in comune quell'ermetismo, non artificioso,
che dà forza all'immagine, la cui universalità non deve
confondersi con l'omologazione, la quale ultima nasce da una subcultura
dominante ed invadente.
Proprio come peculiare espressione, l'immagine fotografica corre il
rischio di omologarsi e perdere, quindi, quella unicità quasi
artigianale che, sola, garantisce un genuino prodotto di uno stato
d'animo emozionale.

Universalità dell'immagine fotografica non è, né
può essere, una immagine omologata e neppure una immagine artificiosa
e di effetto. Universalità dell'immagine fotografica è
nell'espressione originale di emozioni comuni all'umanità.
Da tutto ciò risulta allora chiaro come siano ancora pochi
i veri cultori della Fotografia, mentre tanti sono ancora gli "orecchianti"
che vedono le foto ad effetto ma non sanno guardare dentro le immagini.
La civiltà di massa e la natura industriale delle relazioni
rendono inevitabile tale fenomeno, che giustifica il termine di "massificazione
dell'immagine", che poi vuol dire omologazione dell'immagine.
Conferma, quanto detto, tutto ciò che viene prodotto nel campo
della moda e della pubblicità, settori ove esiste il professionismo
fotografico, diverso da quello che si occupa solo della cronaca, vuoi
sui quotidiani vuoi sui rotocalchi.

Ebbene, nonostante tutto, valenti autori sono riusciti a conciliare,
in quei campi, la divulgazione con l'arte, usando come media la propria
"emozione".
Con più evidenza appare la distanza che separa l'immagine artistica
da quella ad effetto, quando si prenda ad esempio la fotografia a
tesi oppure quella che viene tratta da una banca di immagini; si pensi
agli archivi che riforniscono giornali, riviste, depliant, etc. La
scelta, in questi casi, risponde ad esigenze diverse da quelle artistiche
e, di certo, non lascia all'autore la libertà della propria
espressione.
L'emozione, quindi la creatività, richiede la massima libertà.
L'Uomo nel tempo ha rappresentato sentimenti ed emozioni con espressioni
e manifestazioni che noi definiamo "artistiche", incidendo
le rocce, modellando le pietre, fondendo il bronzo, impastando colori
di terre e di acqua, battendo il ferro, istoriando i vetri.
I popoli delle antiche civiltà hanno percorso tutto il cammino
delle espressioni e dei mezzi dell'esprimersi finché, quasi
un secolo e mezzo fa, l'Uomo è riuscito ad imprigionare la
luce e con essa le immagini con quella che chiamasi "fotografia".

L'Europa, per esempio, ha vissuto tale esperienza.
in America, ove lo sviluppo ha proceduto a salti, la fotografia non
è apparsa dopo un percorso così completo e articolato,
per cui si è posta quale espressione maggiormente significativa
ed aderente a quella giovane civiltà e cultura.
Cosicché nel Nuovo Mondo la fotografia gode di una posizione
rilevante tra le espressioni artistiche e di costume, rappresentando
di esso una importante immagine. Gli sviluppi ulteriori (il cinematografo,
la televisione, il computer e tutti gli altri mezzi atti a formare
immagini) appartengono, ormai, a tutte le culture e sono anche i mezzi
espressivi che, sempre più sviluppandosi, come è prevedibile,
rappresenteranno il futuro.
Ma, nonostante ciò, la fotografia, comunque realizzata, riprodotta,
trasmessa e diffusa, resta e resterà vitale, se sarà
fedele alla sua origine e concezione, così come un libro, nei
confronti di tutte le altre forme con cui si vuole rappresentare ed
esprimere le emozioni.
Ciò scaturisce dal fatto che la fotografia si giova della mancanza
del parametro "tempo", come sviluppo dell'azione e del susseguirsi
delle azioni.

Essa rimane sintesi di luce, di sensazioni ed emozioni.
L'immagine contiene tutte le storie che vuole raccontare e tutti i
sentimenti che vuole esprimere.
Sull'immagine si può riflettere e sentire, e, poi, tornare
a riflettere e sentire.
Il divenire non è nella successione ed evoluzione delle immagini,
ma esso lo si ritrova nell'immagine ed in chi la contempla.
L'immagine si può ritrovare o, invece, scoprire come nuova
e diversa, a seconda che l'osservatore muta o evolva il proprio animo.
Ogni volta può essere riscoperta nel procedere delle proprie
esperienze e del proprio sviluppo.
L'autore vive nella "Foto" il passato, il presente ed il
futuro, dei quali può o meno avere consapevolezza, in quanto
il vero e profondo movente è l'indistinta emozione del guardare
e del sentire.
Non è un caso che ancora non esista una vera e propria "estetica
fotografica", come pure non si trovi una vera e propria "critica
fotografica".
Fin dalle origini si è prodotta fotografia e si è parlato
di fotografia rapportandola alla pittura, tant'è che all'inizio
essa rappresentava un ausilio per i pittori.
Poi, vicinissima la scoperta del cinematografo (immagini in successione),
e la fotografia viene quasi rappresentata come un sottoprodotto!
Cosicché l'estetica prima della pittura poi del cinema viene
"adattata", impropriamente, alla fotografia, usando una
terminologia e considerazioni che hanno indotto, e inducono, ad errate
interpretazioni e, forse, ad una diseducazione del pubblico.
E' anche vero, per come detto, che essendo l'ispirazione di fondo
l'emozione risulta difficile poter esprimere, razionalizzando, argomenti
e giudizi sull'immagine fotografica, per la quale, dunque, non possono
darsi regole più o meno fisse e generali, se non quelle riferibili
alla composizione delle immagini, che, peraltro, mutano anch'esse
adattandosi al costume e alla cultura del tempo.
L'emozione dell'Essere Umano è, forse, l'unico elemento che
poco è variato, e poco varia, nel tempo.
Esprimere e sentire emozione nella fotografia non varia nel tempo.
Potrebbe essere l'unico parametro di valutazione?