§ FINANZA PUBBLICA LOCALE

DALLO STATO AL MERCATO




M. B.



Negli ultimi anni, uno degli strumenti più usati dai governi di tutta Europa per ottenere la "quadratura" dei bilanci pubblici in difficoltà è stato il taglio agli investimenti e/o la riduzione delle risorse destinate alle amministrazioni locali. L'appetito (di finanziamenti) può però aguzzare l'ingegno, anche in autorità locali abituate a contare su comodi - e deresponsabilizzanti - trasferimenti dai governi centrali. Se cominciano a scarseggiare i fondi pubblici per gli investimenti, per le infrastrutture, per la copertura delle spese locali (queste in Italia rappresentano all'incirca il 40 per cento della spesa pubblica totale), non resta infatti che rivolgersi alla fiscalità locale oppure al settore privato e all'ingegneria finanziaria. E' quanto emerge da una recente ricerca dedicata all'analisi del finanziamento privato alle autonomie locali in Europa.
Dall'indagine emerge un comparto finanziario ricco di prospettive per quanto - purtroppo - ancora estremamente povero di realizzazioni.
Dal lato della domanda, gli enti locali sono spinti ad affacciarsi sui mercati finanziari privati da una pluralità di motivi, oltre a quello di "sostituzione" dei fondi non più erogati dai governi nazionali.
Sul piano istituzionale, in questi anni si sono affermate e diffuse nell'Europa comunitaria istanze regionalistiche, a cui alcuni Stati hanno ormai fornito risposte legislative. Dal 1982 è stata concessa una certa autonomia finanziaria alle comunità locali in Francia. In Spagna, l'autonomia delle regioni è costituzionalmente garantita anche sotto il profilo dell'assetto finanziario. In Italia, sia pure con ritardo, dal 1992 al 1995 sono state introdotte varie riforme, da quella delle autonomie locali alla legge sulle società miste, ai BoC (obbligazioni comunali).
Al regionalismo si è accompagnata la richiesta da parte dei cittadini di esser governati meglio da governi più vicini, più responsabili e più trasparenti (secondo il principio accolto in sede europea di "sussidiarietà"). Non vi è sufficiente responsabilità verso i cittadini se - come oggi per lo più avviene - i governi locali traggono dalla tassazione o dai trasferimenti la parte principale delle proprie risorse.
In aggiunta al cambiamento del clima istituzionale, vi è il forte bisogno di molte regioni d'Europa di invertire le dinamiche del declino industriale ed economico con l'ammodernamento delle infrastrutture tradizionali e con la creazione di infrastrutture di nuova generazione (collegamenti ferroviari veloci, città cablate). Le ambizioni di molte regioni di emergere o di non perdere terreno si scontrano però con l'esigenza di raccogliere volumi finanziari che non possono essere soddisfatti dagli Stati, e neppure dalle istituzioni europee.
Con un bilancio di meno del 2 per cento del Pil comunitario, assorbito per quasi metà dalla politica agricola, Bruxelles non ha alcuna intenzione di diventare una sorta di maxi-Stato, prodigo di fondi per gli investimenti regionali. Il principio è che gli aiuti all'investimento devono rivestire carattere di eccezionalità, ed essere limitati ai casi in cui, in assenza di un intervento di sussidio, possa porsi un problema di coesione.


Bruxelles, dunque, spinge proprio per una crescita del Project Finance e per la nascita di agenzie di rating a basso costo specializzate in prestiti pubblici, in modo da far crescere un mercato finanziario dei titoli collegati alla partecipazione privata nelle iniziative pubbliche in investimenti locali e regionali.
Se, dunque, l'ambiente legislativo-istituzionale e quello europeo sono favorevoli alle società miste, alle privatizzazioni, alle emissioni obbligazionarie, al Project Finance, al fine di realizzare e gestire opere e servizi locali, quali sono le ragioni per cui tale domanda potenziale stenta a tradursi in domanda effettiva? Si tratta di ragioni politiche, burocratiche, elettorali, in quasi tutti i Paesi, per quanto con talune specificità in ciascuno (a questo proposito si confrontino le risposte nella tab. di pag. 26, Ndr). Intervistando un panel di esperti internazionali, si è trovato che le strutture politiche regionali e locali dei Paesi europei differiscono infatti quanto a definizione dei veri obiettivi dell'azione politica.
Al centro dell'attenzione del governo locale in Spagna e nel Regno Unito sembra essere la collettività locale, con il connesso bisogno di riequilibrio interno (anche sociale e territoriale). Poiché è difficile indirizzare l'azione privata alla redistribuzione, risultano resistenze dei governi locali di quei Paesi a colloquiare con la finanza privata. Nel Regno Unito, del resto, le privatizzazioni locali sono state per lo più spinte da Londra, e raramente dalle autorità decentrate.
In Italia, al centro dell'attenzione dei governi locali vi sono gli stessi uomini politici. Il maggiore ostacolo all'efficienza finanziaria denunciato dagli esperti è perciò la lentezza decisionale: si tratta di un risultato perfettamente coerente con le premesse, poiché è chiaro che il potere dei politici è massimo fino a che il processo decisionale è in corso.
Nel nostro Paese, insomma, si vive una specie di realtà amministrativa paradossale, fatta di meccanismi che dilazionano le decisioni per massimizzare il potere di controllo degli organi amministrativi.
Il Paese più equilibrato nell'interpretare il nuovo ruolo dei governi locali è la Francia. Al fuoco dell'obiettivo amministrativo compare finalmente la soddisfazione dei cittadini, visti tuttavia più come utenti che come contribuenti.
Non a caso l'innovazione finanziaria pubblica ha preso piede qui più facilmente, e in forme particolari: mentre la maggior parte delle privatizzazioni locali britanniche sono state effettuate con cessioni totali a privati o collocamenti azionari presso i risparmiatori, i governi locali d'Oltralpe hanno preferito lo strumento delle società miste, dove il socio pubblico controlla direttamente le caratteristiche dei servizi resi ai cittadini, evitando in questo modo i fenomeni di malcontento o rigetto tipici di alcuni casi britannici (si vedano i bus di Manchester).

Nonostante che il Project Finance sia ancora inutilizzato o marginalmente impiegato nelle regioni d'Europa (83 per cento delle risposte) e che solo un esperto su quattro abbia previsto un futuro senza ostacoli per le privatizzazioni locali, l'ingegneria finanziaria nel settore pubblico locale ha certamente prospettive di crescita, purché - rimossi quelli legislativi - si eliminino gli ostacoli attualmente esistenti.
L'agenda delle riforme dovrebbe includere quattro capitoli fondamentali:
1) la riduzione della burocrazia;
2) la riduzione degli incroci di competenze fra diversi livelli di governo;
3) il raggiungimento di tempi decisionali coerenti con l'esigenza di efficienza dei partner (finanziari e operativi) privati;
4) la diminuzione dell'incertezza amministrativa e, in modo particolare, una maggiore certezza sul "non cambiamento" delle condizioni di contorno sulla base delle quali si sia attratto il capitale privato.
Le amministrazioni che sapranno rispettare questa agenda troveranno la disponibilità sia degli operatori finanziari nazionali sia di quelli esteri a farsi coinvolgere in operazioni congiunte. Da un lato, infatti, per le banche è giunto il momento della diversificazione. Per le imprese di costruzione, d'altro lato, imparare a utilizzare il Project Finance può essere di vitale importanza non soltanto per superare la crisi del settore, ma anche per migliorare la capacità di penetrazione nei mercati esteri delle grandi opere.
Queste vengono infatti sempre più raramente pagate "a piè di lista": si richiede invece l'adesione a società di progetto, dove la presenza del capitale privato responsabilizza tutti gli attori al massimo sforzo e al miglior risultato.


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