§ GRANDANGOLO

LE BUGIE DELLE NAZIONI




Sergio Romano



Esistono gli Stati nazionali? Sappiamo quando sono nati, abbiamo studiato le loro guerre d'indipendenza, sappiamo quanti uomini e donne siano morti per la loro causa, ne conosciamo i monumenti, le celebrazioni, i riti e la retorica. Sappiamo infine che essi hanno generalmente una stessa costituzione morale: sono "uni e indivisibili", sono fondati su una comunanza di lingua, di fede e di storia. Ma non appena applichiamo a ciascuno di essi la lente d'ingrandimento della nostra analisi, la realtà ci appare assai più complessa e sfumata.
La comunanza di lingua è il risultato di un lento processo che occupa buona parte del secolo scorso. Nel 1873, al momento della costituzione della Terza Repubblica, la Francia parla provenzale, corso, gaelico e una mezza dozzina di patois. In Italia nel 1861 la percentuale di coloro che parlano italiano oscilla, a seconda degli studiosi, fra l'8 e il 12 per cento di una popolazione che comprende circa 22 milioni di abitanti. In Gran Bretagna, per tutto l'Ottocento, l'irresistibile ascesa dell'inglese come lingua internazionale non impedisce che il gaelico sopravviva tenacemente nel Galles, in Scozia, in Irlanda. Il tedesco, lingua della filosofia, della storiografia e del progresso tecnologico, è una galassia linguistica in cui lo hochdeutsch convive con una mezza dozzina di plattdeutsch, dallo schwitzerdütsch al tirolese. Paradossalmente è assai più unito linguisticamente uno Stato multinazionale come l'Impero zarista, dove la vasta maggioranza della popolazione parla russo o ucraino.
E' altrettanto difficile definire gli Stati nazionali con il criterio della fede. Con qualche vistosa eccezione - Italia, Spagna, Portogallo - essi sono generalmente attraversati dalla frontiera religiosa della Riforma e dalle molte frontiere che hanno frammentato l'universo protestante. In molti di essi, inoltre, appare nella seconda metà dell'Ottocento una borghesia ebraica fortemente nazionale - si pensi al patriottismo degli ebrei italiani e tedeschi dopo l'unità dei due Stati -, ma certamente anomala rispetto al carattere religioso dominante del Paese in cui vive. Col passare del tempo, comunque, gli Stati nazionali divengono sempre più laici, pluralisti, tolleranti, e sempre meno inclini a fondare la loro identità sul dato religioso.
E veniamo al dato che maggiormente dovrebbe caratterizzare gli Stati nazionali: la storia. E' il passato, riscoperto dalla tradizione romantica, il cemento che unisce gli Stati nazionali, la roccia su cui è costruita la casa comune. Essi sono "uni e indivisibili" proprio perché i loro popoli hanno sempre vissuto su quelle terre, hanno gli stessi antenati, hanno affermato contro tutti la volontà di vivere insieme. Ed è la Storia, naturalmente, il grande registro su cui è possibile verificare il fondamento e la legittimità delle loro affermazioni e aspettative.
Ma a un più attento esame dello storico il registro si rivela pieno di cancellazioni, correzioni e glosse tendenziose. La versione canonica della rivoluzione francese non risale al 1789, ma alla grande esposizione parigina del 1889 e alle grandi opere della storiografia "democratica" nella seconda metà del secolo scorso.
L'unità italiana non nasce sul campo di battaglia di Legnano, all'assedio di Firenze, o a Barletta in occasione di una "disfida" tra tredici francesi e i tredici "italiani" di Ettore Fieramosca. Nasce nell'Ottocento con le storie di Carlo Botta e i romanzi di Tommaso Grossi e Francesco Domenico Guerrazzi. La nazione ungherese non nasce nel 1001, anno dell'incoronazione di Santo Stefano, ma nel momento in cui l'intelligencija nazionalista innalza un monumento al "millenario" sulla principale piazza di Buda. E la nazione tedesca non nasce il 9 dopo Cristo nella foresta di Teutoburg, quando Arminio, capo dei Germani Cherusci, sconfigge le legioni di Varo. Nasce quando il secondo Reich, pochi anni dopo la sua fondazione, decide di erigere un monumento alla sua memoria sui luoghi della battaglia.
Insomma, quasi tutti i documenti su cui si fonda la legittimità degli Stati nazionali furono scritti o scolpiti fra il 1848 e il 1919. Mentre le vecchie famiglie europee amavano legittimarsi ricercando i loro antenati fra gli eroici combattenti della guerra di Troia o tra i grandi patrizi romani, gli Stati nazionali raggiungono lo stesso scopo ricorrendo al grande registro della Storia.
Di fatto tra le ascendenze greche o troiane delle dinastie europee e le ascendenze storiche degli Stati nazionali, la differenza è marginale. I personaggi storici che fanno la loro apparizione, in marmo o in bronzo, nell'ultima generazione del secolo XIX - Stefano re d'Ungheria, Mattia Corvino, Arminio, Vercingetorige, Venceslao re di Boemia e Boadicea, britannica regina degli Icemi - sono certamente esistiti, ma recitano sulle piazze delle città europee una parte completamente diversa da quella che hanno recitato nel loro tempo.


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