§ GRANDANGOLO

L'INTEGRALISMO UCCIDERA' VOLTAIRE




André Glucksmann



Difficilmente si può arrestare il progresso quando ci si trova di fronte un'allergia alle idee. E' un'allergia che imperversa non appena un'autorità si reputa infallibile. L'ultimo capo di Stato europeo che metteva i libri al rogo fu Hitler, l'ultimo che mobilitava l'universo contro uno scrittore, Kravcenko, si chiamava Stalin. Qualche gruppuscolo terrorista cercava di mantenere la tradizione. Oggi i censori rinnovano le loro tecniche. La stagione della caccia è aperta in Algeria: Afid Senhadri, Djiali Lyabès, Laadi Flici, Tahar Djaout, Mahifoud Boucebci, M'hamed Boukhobza. Gli assassini del Fis, Fronte Islamico di Salvezza, hanno battuto tutti i primati. Ma questo sport è ormai diventato mondiale.
I tempi nuovi furono inaugurati dalla fatwa (editto) contro Salman Rushdie. Pochi ne rimasero turbati, salvo qualche artista, giornalista o letterato. Le autorità morali e politiche occidentali manifestarono un po' di comprensione nei confronti dei loro colleghi di Teheran: occorreva che i benpensanti di tutti i Paesi si unissero di fronte alla minaccia blasfema.
Religiose o no, le civiltà felici e fiere si permettono deviazioni, ironia e autocontestazione.
L'accanimento inquisitorio conferma invece una strategia particolare e deliberata: quando l'Europa del XVI secolo intensifica la caccia alle streghe e la repressione dei "diversi", essa si lancia in un'impresa più sociale che teologica, salva l'ordine di un mondo disilluso optando per una disciplinarizzazione inedita dell'individuo, per il controllo rigoroso delle collettività e per l'imprigionamento dei potenziali sobillatori. La religione non secerne automaticamente il fanatismo integralista, che è piuttosto una scelta sociale. E che proietta il suo avvenire utopico in una reinterpretazione brutale del passato, anche a costo di forzare arbitrariamente i testi sacri. Il suo è un terrorismo sui generis. Non risponde a Dio, ma alla più prosaica attualità, quella dell'occidentalizzazione del pianeta e dei crolli ideologici dell'antioccidentalismo ateo. I nuovi modelli di "rivoluzione conservatrice" sono stati messi in cantiere fin dagli anni Settanta.
Khomeiny lancia il suo programma islamico come surrogato per ovviare ai successivi fallimenti dei socialismi arabi a partire da Nasser. Grazie al declino comunista, ci pensano altri ad aprire nuove piste. In Iraq, Saddam Hussein si libera dalle influenze naziste e staliniste che egli coagula. In Pakistan, la mafia locale inventa una banca che funziona come un Komintern coranico: la Bcci riunisce i piccoli risparmiatori musulmani di tutto il mondo intorno ai grandi capitali degli Emirati, tesse la sua fitta rete illegale (droga, installazioni nucleari, spionaggio, corruzione ... ).
Cominciavano così, oltre vent'anni fa, le guerre di successione del comunismo classico.
Oggi gli integralisti egiziani o turchi, il Fis, ma anche i purificatori della Grande Serbia e il panslavismo bruno-rosso coltivato nell'opposizione russa, prendono il cambio. Fanno a gara a chi disprezza di più l'America, gli ebrei, i diritti dell'uomo, la televisione, la libertà di stampa e la libertà dei costumi, raccomandando i procedimenti più cruenti per farvi fronte.
Le esecuzioni capitali degli intellettuali che disturbano sottolineano questa mobilitazione inedita. Esse paiono irrazionali soltanto agli ingenui o agli indifferenti. L'omicida integralista è un assassino ideologico. Ha imparato la lezione dalla caduta dell'Impero sovietico, ha capito che Solgenitsin, Sakarov e Havel non furono quelle "nullità politiche" che da Est ad Ovest i partiti tradizionali disprezzavano.
Egli precorre i tempi e vuole annientare all'origine i germi di resistenza. Per saldare la popolazione, perché sia all'unisono nell'estasi delle lotte finali, non basta addestrarla contro lo straniero e circondarla di "muri" materiali e spirituali (velo islamico), occorre eliminare le sostanze disgreganti che le tormentano all'interno. Alla purificazione etnica e religiosa deve accompagnarsi una purificazione mentale.
Ciò spiega il lato pubblico, individualizzato ed esemplare, della pena capitale inflitta a chi è portatore di idee. Si ordina la sua uccisione urbi et orbi (Teheran), lo si sgozza davanti alla propria figlia (Algeri), lo si mostra sfigurato alla televisione (Cina dopo Tienanmen), lo si picchia a sangue con insistenza (Belgrado)... E' da moltissimo tempo che i dittatori del secolo liquidano gli intellettuali in massa, statisticamente, secondo la razza o la classe, ma sempre cercando di occultarlo: non si ammetteva che i regolamenti di conti fossero individuali.
Hitler non si preoccupò di Chaplin e Stalin non si vantò mai della morte di Trozski. L'integralismo new style osa svelare il suo obiettivo finale: trasformare l'uomo in ciò che di più profondo è in lui, estirpare qualsiasi minaccia di riflessione isolata, asfissiarla di angoscia. L'intimidazione terrorista non prende di mira gli "intellettuali" in quanto corpi o corporazioni, sebbene le liste nere affisse sulle moschee siano lunghe. Essa fa una selezione. Il Fis tira sui presunti francofoni, sospetti per eccellenza di non conformismo. Attraverso queste "persone non grate", l'intransigente pretende di eliminare, più che uno strato sociale, una possibilità mentale, l'insolente capacità di servirsi della propria materia grigia. L'assassinio del pensiero, col suo rituale personalizzato e cruento, premia una strategia di addestramento su vasta scala.
E' Voltaire che si vuole assassinare o, più precisamente, la facoltà di giocare il ruolo di Brançois-Marie Arouet, di prendere le distanze, di ironizzare, di ribellarsi. Che sprofondi pure la democraticissima, strana e ultima risorsa dell'uomo della strada quando torna in sé e, sorridente, si libera dei suoi pregiudizi! Un simile esame di coscienza, imprevedibile e quindi inquietante, gli integralismi postcomunisti hanno giurato di proibirlo con la paura: a Sivas con il fuoco, ad Algeri a coltellate e a colpi di pistola, altrove con la pulizia etnica. Essi cercano così di spegnere quel l'originalità precaria che Solgenitsin chiamò "la fiammella della coscienza".


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