La "chiesa
della ragione" ci ha conformati e condizionati a considerare
il reale come prodotto del rapporto tra due entità, soggetto
e oggetto, ciascuna delle quali definita con una propria autonoma
e separata identità.
Il soggetto (Io) e l'oggetto (Non-io) - dei quali ci occuperemo in
seguito insieme a quanti hanno dedicato, a questo argomento, studi
ed approfondimenti descrivendo esperienze, formulando ipotesi, sviluppando
teorie - appaiono come sedi e contenitori, distinti ed assoluti, di
complesse essenze, interrelate da procedimenti classici di realismo
filosofico, di nessi di causalità, di azioni e reazioni, cioè
di tutto ciò che indichiamo come "razionalità".
E' comune e costante esperienza che tramite la razionalità
non si spiegano tutti ed i principali fenomeni umani e che, molto
spesso, proprio la razionalità ci nasconde la comprensione
di molti di essi.
Nelle riflessioni precedenti sull'immagine fotografica, si è
accennato alla "emozione" parte e parametro conoscitivo
del rapporto tra chi riprende l'immagine e ciò che viene ripreso,
tra questo e chi guarda.
Più in generale viene detta "qualità" l'entità,
non individuata da un processo intellettuale, capace di rendere la
coscienza del soggetto e dell'oggetto, generatrice dei soggetti e
degli oggetti, non definibile e non definita in quanto irrazionale.
La qualità esiste con il soggetto e con l'oggetto.
Se essa fosse nel soggetto sarebbe il nome dato a ciò che piace,
che vale, che è buono, mentre, se fosse nell'oggetto, gli strumenti
scientifici dovrebbero rilevarla; quindi la "qualità"
non è nel soggetto, non è nell'oggetto, è una
terza entità indipendente dalle due.
La qualità non è conseguenza dell'incontro tra soggetto
ed oggetto, ma genera l'uno e l'altro in quanto rende possibile la
coscienza dell'uno e dell'altro.
L'estetica è il tentativo di esprimere la "qualità";
l'estetica fotografica deve tentare di esprimere l'emozione in fotografia
e la deve saper e poter riconoscere tra la casualità e la causalità
come momento magico ed irrazionale del bello, del valido, del buono
al di là della tecnica e degli effetti.
Lo strumento con il quale il soggetto, la "qualità"
e l'oggetto creano mutualmente il rapporto è l'apparecchio
fotografico, con il quale il fotografo, attraverso e con la "qualità",
si relaziona; la "emozione" pervade l'insieme dei rapporti,
collega le diverse identità, vivifica e rende la coscienza
all'uno e all'altro.
Quando si intraprende un viaggio verso una meta, durante il percorso
si guarda il paesaggio, si vivono sensazioni, si provano impressioni
nuove ed antiche suggerite dai luoghi e dai richiami, ma si "sente"
anche il mezzo che ci sta trasportando, il suo motore, la sua vita.
La "qualità" identifica e significa il rapporto tra
il viaggiatore e la meta, tra essi ed il mezzo.

E' quanto avviene nel processo fotografico tra il fotografo, l'oggetto
e l'apparecchio, con la "qualità-emozione" che lo
pervade e qualifica.
Un paesaggio, un ritratto, un evento, di per sé né bello
né brutto, significante o meno, si carica di "emozioni",
seppur differenti per ogni soggetto, poiché ciascuno di questi
è formato geneticamente e culturalmente in modo diverso.
La pellicola, tramite la macchina, registra, insieme all'immagine,
l'emozione che la rapporta al fotografo e, quanto fissato sulla pellicola,
diviene, a sua volta, (nuovo) oggetto che si relaziona a chi guarda,
(nuovo) soggetto, con (nuova) emozione (tale emozione è stata
già, in una precedente riflessione, interpretata come presenza
dell'assenza).
Cogliere la "qualità", cioè l'emozione, è
momento solitario ed egoista mentre comunicarla e tentare di descriverla
diviene atto comunitario ed altruista.
Solo in questa visione si può comprendere, come non inutile
e vano, lo sforzo di indagare su di una entità che, come detto,
è non definibile in quanto irrazionale.
La "qualità", quando interviene con forza, risulta
apprezzabile da chiunque ed influente su chiunque, ben oltre la supposta
"potenza" dell'oggetto e del soggetto.
Il particolare oggetto (paesaggio, ritratto, evento ... ), lo specifico
soggetto (dilettante, professionista ... ), l'apparecchio (tipo, marca
... ) e la pellicola risultano, alla fine, discutibilmente rilevanti
in quanto essi tutti, nelle reciproche relazioni, sono percorsi, significati
e pervasi dall'altra entità (qualità-emozione) che rende
ciascuno consapevole di sé e degli altri. L'estetica fotografica,
quindi, non è il rispetto delle regole tecniche e formali,
non è l'insieme delle considerazioni e delle motivazioni storiche,
politiche e sociali, non è la descrizione della fotografia
e delle supposte o dichiarate interpretazioni morali e psicologiche.

L'estetica fotografica è il tentativo di esprimere l'emozione
che pervade l'attimo dello scatto e l'immagine impressa, nella consapevolezza
che "tentare" vuole significare "suggerire" l'indefinibile
e l'indefinito che ci lega all'immagine, che "tentare" è
usare, anche impropriamente, tutto il bagaglio razionale di considerazioni
che, un attimo fa, abbiamo riconosciuto non essere l'estetica fotografica.
L'apparente contraddizione ci conferma ancora che la "qualità-emozione"
è qualcosa di altro, una magica dimensione del conoscere.
