§ PAROLA DI MINISTRO

L'UOMO DI ALTAMURA POTRA' "PARLARE"




Antonio Paolucci
Ministro per i Beni culturali e ambientali



Come sia finito laggiù questo nostro antenato (il "nonno", in un certo senso, di tutti gli italiani, perché non sono stati mai ritrovati nel nostro Paese reperti paleontologici tanto antichi e soprattutto così intatti) è difficile dire. Forse è caduto in una trappola o è rimasto vittima di qualche incidente nella sua vita errabonda di raccoglitore e cacciatore, quando la Puglia era un'unica nera foresta popolata di orsi e lupi, di bisonti e di cervi. Forse è stato trascinato fin lì già cadavere dalle acque dilavanti e la nicchia rocciosa sotto la crosta calcarea della Murgia è diventata il suo sepolcro. Sepolcro inviolato fino a due anni fa...
La scoperta ha messo a rumore la comunità scientifica nazionale e internazionale, e si può capire perché. Intanto perché uno scheletro umano di origini così remote e di tale intattezza non era stato mai scoperto prima, almeno in Italia. Dai primi sommari rilevamenti lo scheletro di Altamura sembra appartenere a una tipologia di transizione fra l'Homo erectus e l'Homo neanderthalensis. Verrebbe a coprire quindi una nicchia vuota nell'evoluzione della storia dell'evoluzione umana e del popolamento in Europa. Ma c'è di più. Il luogo del rinvenimento non è mai stato fino ad ora violato.
La grotta di Lamalunga in Altamura è rimasta chiusa per almeno 200 mila anni. Le concrezioni calcaree di stalagmite, rivestendo secolo dopo secolo le ossa del più antico degli italiani, hanno sigillato per noi informazioni preziose che aspettano solo di essere decifrate. Forse sarà persino possibile decodificare il Dna di questo nostro progenitore; un italiano di Puglia che rabbrividiva di notte, non conoscendo il fuoco, quando sentiva i lupi fiutare il suo odore ed esultava ogni mattina nel profondo del suo cuore di uomo, quando la gloria del sole allontanava il terrore del buio.
Intorno allo scheletro di Altamura ci sono altri preziosi reperti: ossa di animali forse contemporanei, tracce di microfauna e di microflora, probabilmente anche segni di umane presenze e di umane abilità. Insomma, il giacimento paleontologico di Lamalunga ad Altamura è una specie di scatola nera della nostra storia più antica.
Dentro quella grotta - come in una nicchia del tempo che la fortuna o il destino hanno conservato per noi - ci sono informazioni preziose che per riuscire utili vanno rilevate, comparate e interpretate secondo una logica di contesto e con metodi di interdisciplinarità.
Per questo, mercoledì 2 agosto 1995 sono andato ad Altamura per solennizzare la firma della convenzione tra il mio Ministero e l'Università di Bari. Se in passato ci sono stati ritardi burocratici dovuti a conflitti di competenze o a gelosie di settore, peraltro più che comprensibili, ora non ci sono più ragioni per equivoci o malintesi.
La convenzione offre all'uomo di Altamura quello di cui ha bisogno: e cioè certezza di riferimenti istituzionali e di garanzie scientifiche. Perché il problema non è quello di tirare fuori lo scheletro dalla sua grotta. Il problema è tirarlo fuori nel modo migliore sfruttando tutte le informazioni che il giacimento di Lamalunga può fornirci, senza distruggere per fretta o imperizia nessun elemento conoscitivo utile.
Di fronte ad un reperto così prezioso per la storia dell'umanità non possiamo permetterci di commettere errori. La scienza e l'opinione pubblica di tutto il mondo non ce lo perdonerebbero. Per questo abbiamo voluto la convenzione che metta in campo tutte le risorse di studio e operative necessarie, offrendo la migliore rete di protezione scientifica oggi possibile in Italia. Il nostro antenato di Altamura lo merita. Egli ha molte cose da direi. Noi vogliamo metterlo in condizione di parlare.


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