§ COSMOGONIA, ARTE, TECNICA

SERRATURE DOGON E BAMBARA




Adalberto Biasiotti



In una normale abitazione si possono trovare, in media, più di 50 serrature, a riprova del fatto che la serratura è uno dei più diffusi strumenti di protezione di persone e di beni.
Anche se le prime serrature di cui abbiamo traccia risalgono ai Sumeri (un esemplare è custodito al Museo del Louvre), sono i Romani il popolo che per primo ha utilizzato su larga scala serrature in bronzo o in ferro, non dissimili da quelle moderne, che hanno in Linus Yale, serraturiere americano del secolo scorso, il loro inventore.
In un mondo ad alta tecnologia, come quello in cui viviamo, può essere ragione di piacevole sorpresa apprendere che le serrature non sono solo appannaggio delle abitazioni europee, ma che anche nelle capanne delle tribù africane dei Bambara e dei Dogon esse vengono correntemente usate, con fini simili e con l'aggiunta di valori cosmogonici, affatto nuovi per l'uomo moderno.
Questa è una storia vera, che spero affascinerà voi lettori, come già ha affascinato chi scrive.

La terra e i popoli
Il potente valore simbolico e figurativo delle sculture e delle maschere, ed in particolare delle serrature, nelle manifestazioni artistiche africane, impone che all'esame degli oggetti si arrivi solo dopo un cammino preparatorio, senza il quale si perderebbe gran parte del godimento tecnico e culturale che l'oggetto può assicurare.
Ho articolato questo cammino in una breve descrizione dei luoghi e delle popolazioni, in una più accurata e sempre sintetica descrizione della visione cosmogonica di questi popoli, ed in una descrizione degli aspetti tecnici della serratura.
L'Africa subsahariana comprende un immenso territorio che va dall'entroterra Atlantico (la Mauritania) sino all'Etiopia meridionale e, convenzionalmente, alla foce dello Juba.
Essa è abitata da numerosi ceppi negroidi, di cui i più interessanti per noi sono i negri sudanesi, che hanno raggiunto uno dei più elevati livelli culturali ed artistici dell'intero continente africano.
Essi prendono il nome dall'espressione araba "belled es Sudan", cioè la terra dei negri. In questo ceppo sono individuabili chiaramente diverse etnie, come i Soniko, i Mandingo, i Bambara, i Dogon, i Senafi ed altri.
Le caratteristiche orografiche e idrogeologiche della zona che andiamo ad esaminare sono assai significative, perché hanno influenzato in modo determinante il tipo di società che si è ivi sviluppato.
Il Niger, fiume sacro per il suo contributo allo sviluppo dell'umanità, non meno del Nilo, del Danubio, del Reno, del Volga, dello Yang-tse, del Mississippi, del Rio delle Amazzoni, scorre inizialmente verso il nord, per compiere ai confini meridionali del Sudan una amplissima ansa, con un delta interno unico nel suo genere, indi inverte il suo corso e si dirige a sud per gettarsi nell'Atlantico.
Le popolazioni Dogon e Bambara vivono proprio a ridosso del delta interno; i Bambara per lo più sulla riva settentrionale; i Dogon nella piana di Seba, poco lontano da Mopti, capitale del Delta interno, e lungo la scarpata falesica di Bandiagara, frutto dell'erosione del mare nell'epoca pliocenica.
I traffici terrestri carovanieri hanno favorito per molti secoli, fino alla metà di questo millennio, lo sviluppo delle città poste lungo le principali direttrici di attraversamento.
I fasti di Dijenné e di Timbuctu sono ormai entrati nella letteratura, oltre che nella storia. E' proprio nei primi secoli di questo millennio che l'impero del Mali raggiunge il massimo fulgore. Una carovana reale diretta verso le terre orientali era accompagnata da 60 cammelli, che trasportavano oro, e tra le popolazioni locali per secoli si è tramandata la storia del viaggio del Rex Melli, che gettava oro ai villici che si addensavano sul suo cammino.
Lo sviluppo delle nuove rotte marittime fece gradualmente diminuire l'importanza commerciale delle città dell'interno, che si concentrarono nella loro vita quotidiana, legata alla sopravvivenza agricola e alla conservazione di riti ancestrali.
Dopo un lungo periodo di relativo isolamento, la cultura occidentale riscoprì le popolazioni di questa terra, in particolare i Dogon, nella prima metà di questo secolo, grazie agli studi dell'etnologo francese Marcel Griaule nel 1946, e della sua discepola e collaboratrice Germaine Dieterlen.
Vivendo a stretto contatto con le popolazioni locali, apprendendo dalla viva voce degli anziani, in particolare dell'ormai famoso cacciatore cieco Ogotemmeli, i miti cosmogonici e le tradizioni che governano ancora oggi questa popolazione, esaminando ed interpretando i manufatti locali, maschere, terrecotte e serrature, i due etnologi hanno tracciato un quadro completo ed affascinante di questa popolazione ed hanno rivelato al mondo occidentale, supposto "evoluto", l'eccezionale ricchezza espressiva che essa ha saputo infondere in oggetti rituali, ma anche in oggetti di uso quotidiano.
L'UNESCO, dichiarando la città di Dijenné patrimonio culturale del mondo intero, ha consacrato i valori tipici di questa remota e culturalmente isolata area africana.
Le etnie negro-sudanesi del Mali hanno in comune molti aspetti sociali e culturali: tutte o quasi fanno riferimento ad un unico essere supremo, creatore di tutto; il patrilignaggio è in particolare adottato universalmente; l'agricoltura si basa sulla coltivazione dei cereali, come il sorgo e il miglio; l'allevamento è limitato a bovini e caprini.
Il rispetto e la considerazione per gli anziani e per gli antenati sono fondamentali. La donna ha un preciso ruolo nella società tribale, perché essa è simbolo di fertilità e fecondità e senza di essa non si potrebbe perpetuare la stirpe. Si tratta quindi di un ruolo funzionale più che strutturale e le frequenti rappresentazioni del seno femminile sono tese ad evidenziarne la funzione di nutrimento per la prole, più che essere simbolo sessuale in senso stretto.
L'organizzazione politica si fonda su aggregati di famiglie, cui presiede un anziano, capo politico, e talvolta anche capo religioso, come l'Hogon dei Dogon.
Trattandosi di popolazioni stanziali, esse hanno costruito villaggi composti da una serie di abitazioni aggregate, in ognuna delle quali abita una famiglia.
Ogni famiglia dispone di un granaio principale ed un granaio secondario (una sorta di dispensa annessa all'abitazione); alcune capanne, in particolare quelle dell'Hogon, sono destinate a funzioni collettive; in una di esse si trova il Tempio degli antenati, ove si adora il morto vivente, cioè il Lébé, ed altri locali ove viene amministrata la giustizia e vengono prese le decisioni importanti per la collettività.
Le abitazioni sono quasi sempre dotate di porte su cui sono applicate le serrature.
L'importanza della serratura nella cultura Dogon è testimoniata dal fatto che le dimensioni del corpo verticale sono spesso sovrabbondanti rispetto alle esigenze tecniche, a riprova del fatto che la serratura è l'occasione di una testimonianza: al valore funzionale si sovrappone quindi il valore simbolico.
La lingua e la cultura di queste popolazioni sono riuscite a rimanere relativamente indenni dalle elevate pressioni religiose e politiche delle vicine popolazioni mussulmane, che si sono espanse in tutta l'Africa subsahariana.
Il livello di influenza raggiunto è spesso misurato accuratamente dall'esame della figurazione: laddove la religione mussulmana
ha preso salde radici, scompaiono le figurazioni zoomorfe e antropomorfe e compaiono disegni geometrici, oppure il nulla.

La cosmogonia dei Dogon e dei Bambara
La cosmogonia dei Dogon, esaurientemente illustrata dal Griaule nella sua opera, completata postuma, Le renard pâle,, è una delle più ricche ed articolate dell'intero continente africano.
Essa merita un certo spazio, come condizione necessaria per la comprensione delle figurazioni simboliche. Per i Bambara, la illustrazione è più sintetica, non solo perché questa popolazione è stata studiata meno in profondità, ma anche perché oggettivamente ha una diversa valenza espressiva.
In principio era l'essere supremo Amma, che ha creato tutto; esso (o essa?) viene raffigurato, assai di rado, in forma androgina o più spesso in forma di segno V, detto la clavicola di Amma. Si tratta di un segno che appare con estrema frequenza sulle serrature, in particolare sull'estremità attiva del catenaccio, della parte cioè che si impegna nella muratura dell'abitazione e che blocca la porta: in pratica, la parte più importante nella funzione di chiusura.
La figura centrale della cosmogonia a Dogon è il Nommo, cioè il gemello maschio della coppia di gemelli, principio del bene, che si oppone alla coppia di gemelli, principio del male. Esso viene trasformato da Amma in Volpe per purificare l'ordine dell'Universo e restaurare l'ordine turbato, indi viene sacrificato e dalle sue membra nascono le quattro coppie di gemelli, primordiali antenati dell'uomo. Essi giungeranno sulla terra navigando su un'arca celeste e vi porteranno il necessario alla vita.
Il Nommo viene spesso raffigurato come essere androgino, a testimoniare il duplice ruolo dell'uomo e della donna nella creazione e moltiplicazione della stirpe, e per questa ragione il concetto di acqua e di Nommo sono spesso indifferenziati.
I gemelli, relativamente rari nelle etnie negroidi, rappresentano da sempre un elemento di grande attrazione simbolica e reale per le popolazioni locali e la donna che dà alla luce i gemelli è tenuta in considerazione quasi sacrale.
I gemelli, pertanto, raffigurano sia gli antenati, sia la proliferazione dei cereali, sia la fecondità della famiglia.
I Dogon adorano in modo particolare gli antenati, sia quelli remoti sino ai mitici gemelli progenitori, sia quelli più recenti. L'altare ad essi dedicato si trova nella ginna, cioè l'abitazione principale.
Il serpente, in cui si tramutò il Lébé, è anch'esso simbolo degli antenati.
L'immagine del cavaliere a cavallo compare spesso nelle maschere e nelle serrature: il cavaliere simboleggia il viaggio che il Nommo fece, trascinando l'arca, dal cielo alla terra, portando seco una scheggia incandescente che permise di portare il fuoco sulla terra.
L'antilope, spesso stilizzata in due corna, fu incaricata di vigilare sul sentiero del sole, che il Nommo avrebbe dovuto percorrere per recarsi sulla terra.
La visione cosmogonica dei Bambara è decisamente più semplice. Anche qui esiste un essere supremo, il Faro, che crea una coppia di gemelli, che egli feconda grazie alle rondini. Da esse ha origine l'umanità.
La popolazione Bambara vive in grandi agglomerati, che racchiudono più famiglie in un complesso di case, dette "lu", chiuse da porte su cui sono applicate serrature che rispecchiano stilemi semplici, ma non per questo meno plastici.
L'immagine più frequentemente raffigurata è la donna, seguita da animali vari (in particolare il coccodrillo) ed altri simboli religiosi, come il copricapo trilobato del capo politico-religioso della società Komo.
L'articolazione sociale dei Bambara si basa infatti su società chiuse, l'appartenenza alle quali è riservata a determinate categorie. Tipica è la società dei forgerons o degli adolescenti da iniziare ai riti della maturità.

Le serrature
Le serrature e le porte sono realizzate da artigiani che per qualche tempo si pensò fossero ispirati artisti. In realtà, si tratta di artigiani professionisti, spesso inquadrati in società chiuse, che custodiscono e trasmettono le conoscenze esoteriche e materiali necessarie per la corretta esecuzione delle opere.
Nell'artigiano che costruisce le serrature confluiscono numerosi messaggi: egli può essere, di volta in volta, simbolo dell'Hogon, cioè del sacerdote capo del villaggio, che gode di autorità e prestigio quasi regali; oppure rappresenta il fabbro-scultore, che è padrone del fuoco e può realizzare oggetti, e la cui capacità di raffigurazione di potenti simboli conferisce autorità e prestigio indiscusso.
Il "forgeron", cioè il fabbro-scultore, è infatti una sorta di demiurgo tra il visibile e l'invisibile, tra l'uomo e il divino, ed è per questa ragione che la carica è assai ambita e non è facile diventare tali, se non dopo un adeguato periodo di apprendistato.
Rimandiamo alle schede tecnico-figurative per ulteriori approfondimenti.

Il principio di funzionamento della serratura
La prima raffigurazione di questo tipo di serratura appare sui bassorilievi nel Tempio di Luxor, nell'alto Egitto, ma molti studiosi ritengono che l'origine sia assai più antica e la fanno risalire ai Sumeri.
La serratura è composta da più parti (cfr. foto in basso):
- v'è un elemento a sviluppo prevalentemente verticale, chiamato corpo (in Dogon, tâ koro), che accoglie nel suo interno gli organi principali;
- v'è un catenaccio a sviluppo e movimento orizzontale, (in Dogon, tâ dagu), che può scorrere in modo da impegnare o liberare una cavità ricavata su uno stipite della porta della capanna. E' questo l'elemento mobile che consente alla serratura di svolgere il suo ruolo;
- all'interno del corpo principale è ricavata una cavità, detta gabbia, nella quale sono apposti con abile opera di fabbro dei denti verticali appiattiti o ritorti a spirale. Essi possono cadere verso il basso sotto l'azione della gravità o spostarsi verso l'alto, sollevati dai corrispondenti denti della chiave. In essa sono ricavati dei fori, in cui cadono i perni appena descritti, bloccando lo scorrimento del catenaccio;
- i denti sono uno, due o più sino a quattro, e la loro disposizione rappresenta uno degli elementi primari di cifratura individuale delle singole serrature. In altre parole, occorre che la chiave sia sagomata in modo tale che la posizione dei vari denti corrisponda esattamente a quella dei denti della chiave, consentendone il sollevamento contemporaneo e la liberazione del catenaccio;
- infine, la chiave, che può essere realizzata con impugnatura in legno e denti in ferro (tipologia caratteristica delle serrature Dogon) oppure in ferro battuto (tipologia caratteristica delle serrature Bambara). Nella chiave sono ricavati dei denti che per disposizione e lunghezza devono corrispondere esattamente ai denti posti nella gabbia nel corpo della serratura.
Se il catenaccio è dotato di una apertura laterale, si può usare una chiave con impugnatura in ferro o in legno; diversamente la chiave è sempre in ferro per poter essere sagomata in modo appropriato.
Questo schema è vivo ancora oggi in tutta la fascia del Paesi che va dall'Atlantico sino alla penisola araba ed anche oltre.
Esso è anche sfruttato nelle comunissime serrature a rotore dette "tipo Yale", ma con una variante determinante: i denti non hanno la stessa altezza, come nella fattispecie, ma hanno altezze diverse, cui corrispondono varie dimensioni dei denti (o delle cavità della chiave). Il numero possibile di cifrature sale in modo incrementale e la produzione di serie di serrature con codifiche tra loro diverse diventa relativamente semplice.
Le moderne serrature tipo Yale, prodotte in centinaia di milioni di esemplari, non rappresentano quindi altro che un miglioramento della tipologia messa a punto millenni fa e rimasta sostanzialmente invariata sino ai giorni nostri.
Vale la pena, infine, rammentare che le serrature romane dell'età repubblicana ed imperiale, ancora oggi perfettamente conservate nelle parti in bronzo, lavorano su un principio sostanzialmente simile a quello illustrato.

Componenti e figurazioni di una serratura
Le parti di una serratura non vanno analizzate solo da un punto di vista tecnologico, ma anche in base al loro valore simbolico. Ecco perché si suole dividere l'elemento verticale della serratura in due parti:
- la sommità o capo, nella quale l'artigiano (o l'artista?) sviluppa il massimo delle sue capacità e dove sono rappresentati i simboli più potenti. Qui si trovano i gemelli scolpiti a tutto tondo, qui si trova il cavaliere, qui si trova la testa di iena o di coccodrillo o altra rappresentazione antropomorfa o zoomorfa facilmente riconoscibile;
- il corpo o tronco, cioè la parte che nasconde al suo interno la gabbia dei denti e permette lo scorrimento del catenaccio. L'ampia superficie del corpo viene spesso sfruttata per figurazioni simboliche oltremodo significative, ma che possono essere realizzate con scalfitture, oppure in bassorilievo;
- infine il piede, ove pure vengono rappresentate raffigurazioni simboliche di varia complessità e dettaglio di lavorazione, ma di solito con minore incisività (ma non sempre).
Anche il catenaccio viene caricato di particolari raffigurazioni simboliche, solitamente di tipo geometrico. Il motivo maggiormente ricorrente è la clavicola di Amma, sul lato attivo del catenaccio. Altre scalfitture ed incisioni hanno precisi significati, meglio descritti nelle schede delle singole opere.
Il numero e la disposizione dei denti hanno pure un significato simbolico, secondo Germaine Dieterlen, ma non tutti concordano con queste interpretazioni. In particolare si vuole che la disposizione dei denti sia connessa all'orientamento della porta ed alla applicazione prevista (porta di granaio, di capanna rituale, ecc.).
In linea di massima, presso i Dogon il numero di denti varia da due a quattro, mentre presso i Bambara non supera tre.
Della chiave occorre quindi descrivere la disposizione dei denti e la decorazione, che si limita però a figure geometriche. I denti in ferro non hanno particolari significati ed hanno una funzione puramente tecnica.
Molto si potrebbe dire, infine, sul legno utilizzato nella lavorazione. E' evidente che il primo condizionamento dell'artigiano è dato dall'offerta della natura. In questo ambito tuttavia egli ha a disposizione diverse essenze dure e compatte, che può utilizzare sia per la facilità di lavorazione, sia per il significato simbolico del legno stesso.
Germaine Dieterlen ha individuato anche una serie di significati simbolici sul tipo di essenza, che va scelta in funzione dell'utilizzo previsto dalla serratura (porta di granaio comune, di ambiente religioso, di abitazioni, ecc.). Anche questo tema è assai complesso e non ritengo che valga la pena trattenervi a lungo il lettore.
La figura femminile rientra nel quadro dell'augurio di fertilità e progenie, in termini di cereali e di figli, che la donna porta con sé. Le differenze di acconciatura contraddistinguono varie tribù o trasmettono specifici significati religiosi.
Assai diffuse sono le rappresentazioni miste di uomini con attributi zoomorfi, in cui le orecchie della iena, animale che compare di frequente nelle maschere Bambara, vengono applicate ad un volto umano. La iena è l'animale guardiano della società ed ha il compito di seguire e tenere lontani gli estranei.
Altre raffigurazioni naturalistiche e le raffigurazioni astratte che compaiono sul corpo delle serrature, rivestito da una patina brunastra, spesso risultano di difficile interpretazione.
Una domanda che mi viene posta di frequente riguarda l'età di questi oggetti: la caducità del materiale non permette datazioni certe ed in genere la vita utile di questi oggetti è assai limitata.
Conviene quindi, a mio giudizio, che il lettore goda al meglio la sintesi di forma e funzione di queste affascinanti serrature, cogliendone lo spessore tecnico e culturale, senza addentrarsi in eccessivi approfondimenti, nei quali spesso anche gli esperti non sanno definire il confine tra realtà e fantasia. Un conoscente, che ha passato lunghi anni presso queste popolazioni, mi ha descritto il modo in cui Germaine Dieterlen soleva raccogliere dagli anziani del villaggio le loro tradizioni. Li invitava a parlare, trascrivendo quanto un traduttore le narrava, e li compensava quotidianamente. Si può ben pensare che una tale impostazione potesse esser foriera di narrazioni che forse avevano più il pregio della lunghezza, che della fedeltà alla tradizione!


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000