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PORTO FRANCO
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MONETA UNICA? |
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Luca
De Santis
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La sintesi l'ha
fatta Saverio Vertone, qualche tempo fa. In dicembre - ha scritto
- in Parlamento si dedicò una seduta plenaria per discutere
dei problemi europei. Il governo presentò il suo programma
per il cosiddetto Semestre italiano, tutti i gruppi recitarono compuntamente
la loro litania sulla moneta unica, dando prova di uno straordinario
attaccamento al progetto di Unione economica, politica, culturale,
morale, spirituale e (perché no?) mistica del Vecchio continente.
Come al solito, la retorica seppellì sotto una trapunta ricamata
di parole colorate la natura del compito che ci attende; e il Paese
venne lasciato rigorosamente al buio sulle alternative che, alla resa
dei conti, direttamente lo riguardavano. In quella, e in altre successive
circostanze, partiti e rappresentanti delle Istituzioni ci dissero
tutto ciò che intendevano fare per risolvere il problema dei
loro rapporti con le forme della politica e della democrazia, senza
sprecare una parola per farei capire come intendevano - e intendono
- usare quelle soluzioni per i contenuti dell'una e dell'altra, e
cioè per sciogliere i nodi dell'economia e della società. Per fortuna nostra,
un barlume di discussione si è acceso sui giornali, tanto deprecati
ma, a quanto pare, in qualche modo indispensabili. Ha cominciato Ralph
Dahrendorf, mettendo in dubbio l'utilità della moneta unica,
salvo che per la Germania. E, a stretto giro di posta, gli ha risposto
Mario Pirani, il quale ha denunciato i "calcoli nazionali"
con i quali Dahrendorf e altri commentatori cercano di screditare
agli occhi dei francesi e degli italiani l'Unione economica e monetaria,
presentandola come un ricettacolo di interessi tedeschi. Dahrendorf
sostiene che "molto più utili di un cambio stabile sono,
per la Francia, alti livelli di spesa statale, e, per l'Italia, opportune
svalutazioni della lira".
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