§ TORNA IL LUDDISMO

I NEMICI DELLE MACCHINE




Keith Botsford



Nedd Ludd viene descritto come "una persona di scarsa intelligenza, che era lo zimbello dei suoi compagni di scuola" nel villaggio dov'era nato, nel Leicestershire. Un giorno, tormentato da uno di loro, lo inseguì fin dentro la casa di un tessitore e, non riuscendo ad acchiapparlo, sfogò la sua rabbia su un telaio usato per tessere calze. Di qui, il termine "luddista", applicato ai diffusi tumulti contro i macchinari della Rivoluzione industriale durante le guerre napoleoniche. Theodore Kaczynski, il presunto "Unabomber" salito agli onori della cronaca primaverile americana, è un ex matematico semi-brillante accusato di usare la tecnologia per far saltare in aria gli entusiasti (disboscatori, programmatori di computer, genetisti) della Rivoluzione Tecnologica.
Per Ludd come per Kaczynski le macchine erano il male: toglievano il lavoro alla gente; impoverivano i popoli; mutavano il contesto sociale. Nel suo Manifesto, Unabomber rivendicava le motivazioni più alte per la sua violenza: "Incoraggiare coloro che detestano il sistema industriale". Quando, nel 1816, distruggere i macchinari divenne un delitto passibile di impiccagione, soltanto un uomo, Lord Byron, parlò in favore dei luddisti, "smunti per fame, risentiti per la disperazione". Le macchine li avevano privati dei loro mezzi di sostentamento e adesso la Camera dei Comuni proponeva che le loro vite valessero meno "del prezzo di un telaio da calze".
Quelli erano giorni più duri. Adesso il Presidente americano ha introdotto l'età del sentirsi-bene e dell'autogratificazione. Il signor Kirkpatrick Sale appare regolarmente in pubblico (una volta a New York davanti a 1.500 persone; ma a New York tutto è sempre promosso a "evento") e sfascia i computer con una mazza. Non gli succede nulla. "La violenza -dice - dà molta soddisfazione quando nuoce alla proprietà, non alle persone". La morale sembrerebbe essere che Unabomber ha commesso l'errore, attaccando le persone giuste per le ragioni giuste, di ucciderle nel farlo. Dopo tutto, in una società usa-e-getta, la proprietà ha poco senso. Non c'è stato nessun atto d'accusa contro i ribelli e i saccheggiatori di Los Angeles.
Chi difenderà Kaczynski, come Lord Byron fece con i luddisti? Probabilmente non i neo-luddisti che di recente si sono incontrati a Chesterfield, tra le dolci e verdeggianti colline dell'Ohio. Sono troppo schizzinosi e tranquilli. Il loro presidente (gli antichi rivoltosi chiamavano i loro leaders "Generale Ludd"), è un quacchero, che ha lasciato la scintillante città industriale e tecnologica di Cleveland per questo ristagno rurale dove cercare "una vita più semplice, meno dipendente dalla tecnologia".
L'incontro si è tenuto in un locale dei quaccheri, una rossa casa in mattoni, e i circa quattrocento tecnofobi convenuti - per condannare il telefono, l'automobile, il computer e tutti gli altri gadget d'avanguardia che assediano il mondo moderno - avevano le loro difficoltà a distinguersi da Unabomber, per non dire dai suoi "ideali". Qualcuno vi ha sostenuto che "un certo numero di punti, nel Manifesto, erano giusti, ma il metodo che ne seguiva era estremo".
Da un lato, questo era un incontro di eccentrici, il consueto assortimento di gente in tweed e scarpe Gucci, quei bien pensants della classe media che si possono mettere insieme per qualunque "buona" causa - dato che il cuore dell'America "liberal", ma ovviamente di qualunque altra America, è l'autoidentificazione con le vittime. Qui nessuno è così malmesso da non aver sofferto per qualcosa - non essere stato amato o essere mancino, troppo grasso, licenziato, dislessico o bisognoso di aiuti all'Università - e da sentirsi perciò vicino ai bosniaci, alle vittime della Shoah, ai ruandesi, a quelli saltati in aria e ridotti in pezzi a Oklahoma. Perché l'America crede fino in fondo nella ricerca della felicità. E' scritto nella Costituzione.
Dall'altro lato, i neo-luddisti appartengono a una categoria totalmente diversa di compagni di sventura, perché il loro malessere è generalizzato e diffuso: soffrono, ma non sanno bene di che cosa. Se leggete la loro rivista, Plain Magazine, presentata come un "forum per Amish, Mennoniti, Quaccheri e altri punti di vista non conformisti", vedrete che l'atteggiamento ufficiale dei neoluddisti è non-violento e apolitico. Come ha detto di recente un portavoce del gruppo, "non siamo affatto un movimento, siamo piuttosto simili a un'infezione".
Potete guardare questa gente, come hanno fatto alcuni accademici, come "un movimento della classe media, auto-condiscendente... una parte della fetta iperprivilegiata dell'America, che brontola perché i computer non si meritano il loro affanno e intanto medita l'acquisto di un telefonino cellulare", ma questo è il lato leggero di questo non-movimento. Esso però - e nessuno se ne stupisce - attrae anche esponenti di un tipo assai più specifico e attivista: dimostranti anti-nucleari, gente che si lega agli alberi per bloccare le compagnie che disboscano selvaggiamente, che si oppone alla costruzione di nuove strade, che si batte per i diritti degli animali. L'aspetto peculiare di queste persone è che, in linea di massima, usano tutti gli strumenti del vecchio marketing americano per ricavare dalla loro protesta vite professionali piuttosto buone. Tengono conferenze, pubblicano libri e articoli, attraggono l'attenzione dei massmedia e sfruttano a dovere il loro stile di vita "alternativo". Hanno professioni stravaganti, come l'ecoterapia.
Chellis Glendinning, che fa appunto questo di professione, sostiene che "negli ultimi diecimila anni le decisioni che sono state prese sono trucchi tecnologici per risolvere i problemi causati da altri trucchi tecnologici... Ormai abbiamo capito che gli esseri umani si sono evoluti su questa terra per vivere in una partecipazione non mediata con il mondo naturale". E il Generale Ludd, Scott Savage, ha dichiarato pubblicamente che tutte le nuove tecnologie dovrebbero essere considerate "colpevoli prima della provata innocenza". Riflettendo il senso generale di una diffusa angoscia che motiva tutti i neo-luddisti, Kudla ha detto: "Questi sono brutti tempi. Quanta vita ci prenderanno i computer'? Ci muoviamo verso questa uniformità di commerci, questa omogeneizzazione della cultura. Siamo in tanti invece a voler rallentare le cose, a voler toccare di nuovo la terra".
Molti neo-luddisti, ad esempio Art Gish, che vive in una comune e scrive di Cristianesimo e di movimenti di sinistra, sono agricoltori organici. Vogliono non solo essere in contatto con la Natura, ma unirsi in una sorta di benevola comunità mondiale di gente che la pensa allo stesso modo. Gish vorrebbe che il movimento fosse "una controcultura che fornisce un'alternativa alla realtà virtuale". I computer, afferma, "hanno fatto credere alla gente che non c'è bisogno degli altri. Invece noi apparteniamo l'uno all'altro. Una delle grandi tragedie di Unabomber è che non aveva nessun senso della famiglia o della comunità. Era solo". Scott Savage sostiene invece che il suo movimento è "una vera e propria rivoluzione dei cuori".
Il nocciolo del pensiero neo-luddista sembrerebbe essere assolutamente semplice e lineare: vorrebbero abolire la Rivoluzione Industriale e i suoi germogli elettronici; hanno una semplice e intuitiva avversione per il cambiamento, la novità, le cose sconosciute; destano la tecnologia in sé, perché sembra loro "innaturale". Portato all'estremo, questo significa che essi oppongono un idillio pastorale alle città industriali sporche di fuliggine dalle quali molti di loro sono fuggiti; provano quella che è nota come "avversione al rischio", giacché qualunque nuova tecnologia (vengono in mente i fitofarmaci, l'asbesto, gli insetticidi e la talidomide) ha effetti collaterali che si rivelano magari soltanto dopo generazioni. Pensano inoltre che le nuove tecnologie spesso non valgono i loro altissimi costi sociali (come le sostanze inquinanti). E che, per finire, sono disumanizzanti e trasformano le persone in schiavi della loro stessa tecnologia.
Tutte queste argomentazioni, pur avendo in sé un pizzico di senso, sono un'accozzaglia di lamentazioni analoghe a quelle che già si sono sentite nel corso di tutta la storia umana, usate per veicolare un rifiuto sotterraneo della cultura e della politica esistenti. Nelle mani di una Rachel Carson o, ancor peggio, di un Ivan Illich, servono di copertura per azioni contro tutte quelle cose che, nello spirito dell'Illuminismo, chiamiamo "progresso": sono attacchi contro l'acqua corrente nelle case, contro l'aspirina, contro la realtà di un mondo in cui la gente vive più a lungo e molto meglio di quanto non accadesse nella società contadina del Medio Evo. Sono anche argomentazioni semplicistiche, perché c'è sempre un prezzo da pagare per qualunque progresso.
La maggior parte di noi non vorrebbe vivere nel mondo proposto da Wendell Berry, un luddista il cui modello per le nostre vite è che "un nuovo aggeggio dovrebbe essere adottato solo se è più economico, più piccolo e fabbricato sul posto; se usa meno energia; se non fa crollare nulla di buono che già esiste (come la penna, tanto per deriderli); non viola i diritti di altre specie; e non danneggia gli interessi delle prossime sette generazioni".
La verità è che, sebbene molti di noi detestino il lavaggio del cervello portato avanti dalla televisione, detestino restare imbottigliati nel traffico di agosto, si irritino per tutte le futilità che circolano su Internet, capiscano benissimo che la spazzatura sul video riflette la spazzatura fuori del video e aborrano molti aspetti della vita moderna (compresa l'onnipresenza di fanatici messia autodesignati), non siamo pronti a rinunciare ai progressi - e qui parlo come uno che benedice la e-mail che mi salva dalla mia telefono-fobia. Semplicemente non facciamo parte di quel mondo irreale delle Vittime Inc., ben rappresentato da Theodore Odell, proprietario di una panetteria di cereali naturali coltivati nella fattoria del nonno, nel Wisconsin. Se possiamo avere del pane buono, non abbiamo nulla da obiettare, come invece fa lui, al fatto che i suoi antenati, emigrati nel Far West, possano aver partecipato alla battaglia di Tippecanoe, dove le truppe americane massacrarono gli indiani Shawnee. Non ci batteremo angosciati il petto, dicendo: "I miei erano pionieri... così devo assumermi la mia parte di responsabilità per quel massacro".
Le colpe storiche, così come il senso diffuso di insoddisfazione, fanno parte dello sproloquio intellettuale che accompagna il Millennio. Ma non tutti starnazziamo come Michael Rosenberg, che distribuiva volantini anti-computer nell'Ohio, dicendo: "Ci restano forse soltanto dieci anni prima che i computer facciano di noi i robot di una società totalitaria". I motori a combustione interna non l'hanno fatto e neppure l'arco e la freccia o il cavallo. Le società totalitarie sono il risultato di uomini malvagi e di azioni malvagie, non della tecnologia.


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