§ PORTO FRANCO

UN'AGENZIA PER I BOT




Ulderico Marsili



Ci vuole un'Agenzia. Di fronte a funzioni pubbliche nuove, oppure a conflitti di interessi che richiedono decisioni politicamente dolorose, ecco rispuntare quest'organo pubblico "anomalo". Pur con una tradizione ormai lontana nel tempo, l'Agenzia versione anni Novanta presenta importanti novità: è spesso modellata nella forma della società per azioni e risulta non soltanto autonoma ma quasi indipendente rispetto all'amministrazione tradizionale. E all'estero può vantare una consistente casistica di successi. Eccone alcuni:
- all'inizio degli anni Ottanta, in Spagna venne creata un'amministrazione autonoma, organizzata secondo criteri privatistici, con l'obiettivo di vigilare sull'evasione e sulla riscossione dei tributi. Il risultato? Con soli 29 mila dipendenti (contro un esercito di funzionari più che triplo prima della riforma) l'agenzia iberica ha ottenuto risultati notevoli nella lotta all'evasione e nell'assistenza ai contribuenti;
- in Nuova Zelanda, un'Agenzia ha accompagnato il lavoro di riordino e di semplificazione del bilancio dello Stato e del risanamento della finanza pubblica;
- in Irlanda, oltre a un buon successo, un'analoga Agenzia ha anche rovesciato, grazie ad una politica di incentivi e di premi legati ai risultati, la tendenza alla fuga dei migliori dipendenti dall'impiego pubblico verso l'impiego privato.
Del resto, un ente pubblico ma autonomo, capace di sfuggire ai difetti che attanagliano la pubblica amministrazione e di resistere ai tentativi di intromissione delle clientele, in Italia l'abbiamo già: la Banca d'Italia non può forse essere configurata come una sorta di Superagenzia? E il modello dell'Agenzia, pur con difficoltà, ha funzionato e sta funzionando per Consob e Isvap e produce i primi frutti con l'Antitrust. L'idea di un'Agenzia fiscale di tipo spagnolo è di Franco Gallo, e la formula ha trovato ampi consensi. Si giudica con favore la "formula Banca d'Italia" anche per pilotare oltre le secche dei condizionamenti e delle paludi l'attività del ministero dei Lavori Pubblici.
In quest'ottica internazionale e nazionale si colloca la proposta di creare un'Agenzia per la gestione del debito pubblico, autonoma e indipendente dalle scelte del governo. Avanzata da un recente studio del Cer, merita attenzione per diversi motivi.
1) Un qualsiasi errore, tecnico o politico, nella gestione di un debito delle dimensioni di quello italiano rischia di provocare danni estremamente rilevanti. Inversamente, una buona gestione si può tradurre, in via diretta e indiretta, in fortissime economie di spesa. Basti pensare che il debito pubblico italiano ha attualmente una vita media di tre anni e quattro mesi, il che significa che circa un sesto matura ogni dodici mesi. Poiché il debito è pari a circa il 120 per cento del Prodotto interno lordo, ogni anno il volume dei rinnovi può raggiungere quasi un quarto del Pil;
2) Se un requisito insostituibile è rappresentato da politiche di bilancio e dei redditi coerenti con l'impegno anti-inflazione, occorre anche saper indirizzare al mercato messaggi meno contraddittori e variabili di quelli attuali. Il disorientamento si traduce in un elevato "premio" per il rischio richiesto da chi acquista titoli italiani, in taluni periodi addirittura superiore a tre punti percentuali (fino a 50-60 mila miliardi di lire di spesa per interessi all'anno), mentre, tenendo conto della diversa inflazione e di altri fattori tecnici, potrebbe scendere fino a 1,8 punti percentuali. Inversamente, in caso di paura per l'inflazione e il mancato ingresso nell'Unione economica e monetaria, potrebbe con estrema facilità tornare sopra i cinque punti percentuali;
3) In queste questioni, la politica economica vanta un indubbio primato. Occorre però valutare l'opportunità di istituire una Agenzia capace di rispondere a determinate esigenze dei mercati. Tale Agenzia, beninteso, non si sostituirebbe al Tesoro, e meno che mai alla Banca d'Italia, ma si muoverebbe all'interno di una strategia di lungo periodo da loro fissata. Del resto, basta prendere atto della risposta del mercato alle operazioni di riacquisto di titoli da parte del Tesoro per capire come una strategia attiva dello Stato possa contribuire alla maggiore efficienza del sistema;
4) Per diventare controparte attiva dei mercati, lo Stato dovrebbe adeguarsi alla loro evoluzione con nuovi strumenti di intervento: dovrebbe, ad esempio, poter fornire titoli a prestito in caso di una crisi di liquidità (funzione svolta in Francia dal "Fond de Soutien des Rentes"), oppure acquisire, in una situazione speculare, rovesciata, fondi a breve, anche a prescindere dai BoT, attivando strumenti più competitivi (è il caso dello sportello dell'Agenzia irlandese per i contratti pronti contro termine);
5) Oltre ad assicurare maggiore ricchezza di strumenti di intervento sul mercato e maggiore flessibilità d'impiego, l'Agenzia eliminerebbe eccessive interferenze tra gestione del debito e politica monetaria, che si traducono spesso in maggiori costi. Togliendo significato politico a certe scelte, ridurrebbe i timori dei mercati. Basti l'esempio del BTp trentennale, sottolineato dal Cer. Il Tesoro ha ormai da molti mesi interrotto le emissioni di BTp-30 per l'evidente preoccupazione di evitare di pagare in certi periodi premi di rischio troppo elevati (il titolo era scivolato a quota 69 durante la crisi del marzo 1995). Eppure sarebbe stata sufficiente la continuazione delle emissioni in quantità minime per evitare che il titolo finisse con lo scomparire dal mercato (ormai è quasi tutto nelle casse delle famiglie), con pregiudizio per la liquidità e conseguenti maggiori costi nel caso di una futura ripresa delle emissioni;
6) Una struttura autonoma potrebbe perseguire la riduzione del costo reale del debito assumendosi una quota del rischio (come avviene tra gli operatori in mercati come il Liffe) e fornire la garanzia di un soddisfacente livello di liquidità, con la gestione delle aste. Come conciliare quest'azione con l'autonomia della politica monetaria affidata all'Istituto centrale di emissione? "Il vincolo principale - è il suggerimento di Luigi Spaventa - dovrebbe consistere nella definizione di un livello minimo di durata, per mantenere una liquidità sufficiente su tutti i segmenti, e di un livello massimo, in relazione all'evoluzione tra debito e prodotto";
7) Questa proposta merita, a nostro avviso, di essere discussa con molta attenzione, non fosse altro che per la buona prova che in altri Paesi hanno dato strutture analoghe. Ma l'Agenzia dei BoT fa sorgere un altro problema: l'eccessiva enfasi politica che accompagna le scelte delle autorità monetarie italiane. All'Italia in corsa verso Maastricht serve con ogni probabilità più la vigilanza sul tasso "overnight" (talvolta soggetto a sbalzi eccessivi) che la supplenza in un ruolo di politica economica che finalmente il governo dovrebbe essere in grado di assolvere in proprio.


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