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PORTO FRANCO
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PROCESSO AGLI SPRECHI |
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Luca
De Santis
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Un
pachiderma sdraiato sibariticamente su milioni di scrivanie, dietro
decine di migliaia di sportelli. Un gigante egoista, che consuma per
mantenere se stesso l'ottanta per cento dei 700 mila miliardi che riceve
ogni anno. Un burosauro preistorico per quanto riguarda supporti informatici
ed efficienza. Tutto questo è, dalle conclusioni di un Forum
che l'ha vista protagonista, la pubblica amministrazione italiana. Qualche
cifra? Partiamo da quanto costano ai cittadini le disfunzioni di questa
pubblica amministrazione: solo per recapitare da un ente all'altro i
vari documenti, le imprese sopportano un aggravio medio dei costi d'esercizio
pari allo 0,7%, ma la quota sale al 2% per le piccole e medie imprese.
Allargando l'orizzonte, il conto delle disfunzioni della pubblica amministrazione ammonta a 15 mila miliardi l'anno, cifra pari al 3% delle entrate statali. In cima alla lista nera c'è l'assenteismo, con oltre 15 milioni di giornate non lavorate, che costano ai contribuenti più di 2.500 miliardi l'anno. E andando a caccia di curiosità, si scopre che il ministero con più assenze, il 12% del totale generale, è nientemeno che quello del Lavoro. Invece Sanità e Finanze, dice un'indagine diffusa nel Forum, "si aggiudicano la palma di ministeri con personale cagionevole o dove gravitano virus molto resistenti". Ironia? Se sì, sembra più che lecita, visto che il personale dei due dicasteri in questione realizza l'85% delle assenze per malattia di tutta la pubblica amministrazione. Insomma, è ora di mettere le cose a posto. Anzi, hanno rincarato la dose al dipartimento della Funzione pubblica, riordinare questa macchina spendacciona e ansimante "è un'emergenza pari a quella della disoccupazione". Come fare? "Non servono grandi riforme, più facili da proclamare che da attuare. Piuttosto c'è bisogno di un patto tra utenti, associazioni di categoria, sindacati e imprese". Gli obiettivi da raggiungere sono: delegificazione attraverso testi unici, semplificazione delle procedure, "carte dei servizi" che vengano applicate realmente a tutti i livelli. Ma, soprattutto, un'authority che abbia la responsabilità e i poteri di rimuovere tutti gli ostacoli al cambiamento della burocrazia e far applicare le leggi esistenti. Il malcontento dei cittadini per il modo in cui vanno ora le cose marcia al ritmo di 200 lettere di reclamo al giorno, e i settori più contestati sono poste, sanità e previdenza. Il pubblico pretende una qualità di servizi a livello europeo e vuole anche strumenti validi per controllare l'attività degli statali: "Le parti sociali dovrebbero fissare alcuni impegni, rendere visibile entro un termine certo i risultati concreti in termini di risparmio e maggiore efficienza della pubblica amministrazione, rivedere i criteri di distribuzione sul territorio del personale, indicare responsabili e interlocutori unici per ciascun settore". Un punto chiave per recuperare denaro ed efficienza sta nell'informatica, che, se usata in modo intelligente, potrebbe ridurre al 30% l'impiego delle risorse destinate al funzionamento degli uffici, riservando il restante 70% all'erogazione di servizi. Attualmente, invece, lo Stato nelle sue poche "aree" informatizzate utilizza ben 74 sistemi diversi, il che rende impossibile ogni dialogo interno. D'altra parte, l'Italia è agli ultimi posti tra i Paesi più industrializzati quanto ad incidenza sul Pil della spesa per informatizzare gli uffici pubblici: la nostra quota è del 2,3%, contro il 7,7 degli Usa, il 4,3 del Regno Unito, il 4,2 del Giappone. Ma all'informatica come arma decisiva crede poco Sabino Cassese, ex ministro della Funzione pubblica: "Inutile inseguire miti come quello del telelavoro. La nostra macchina amministrativa non è in grado di adottare strumenti tanto innovativi. Tra il Medioevo e la storia contemporanea c'è l'evo moderno, e noi dobbiamo ancora arrivarci".
Le leggi: sono
150-170 mila (gli esperti hanno rinunciato a un calcolo preciso, per
l'impossibilità di farlo "in una sola
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