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ASPETTANDO L'EUROPA
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IL MANIFESTO |
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Giovanni
Raboni
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Qualche
giorno fa, di colpo, ho sentito che avrei voluto firmare un manifesto.
Quanti ne ho firmati - manifesti, appelli, lettere collettive di solidarietà
o di protesta - tra la metà degli anni Sessanta e la fine dei
Settanta! Anche adesso, di tanto in tanto, qualcuno me lo chiede, e
qualche volta, per compiacenza o stanchezza, dico di sì: ma con
la sensazione di adempiere un rito malinconicamente, forse comicamente,
anacronistico.
Come mai, dunque, questo improvviso ritorno di fiamma? E' presto detto: perché sono stufo, veramente stufo di sentir pronunciare a nome (anche) mio tante sciocchezze, tante insensatezze, tante bestialità. Sono nato a Milano, la famiglia di mio padre e quella di mia madre sono milanesi, rispettivamente, da tre e cinque generazioni, e lombarde da almeno dieci; come se non bastasse, manuali e antologie includono sistematicamente il mio nome nell'elenco dei poeti della scuola o (come altri preferiscono dire) linea lombarda. Insomma, sono a tutti gli effetti - non solo privatamente, ma anche pubblicamente - un "lombardo"; e non riesco più a sopportare che degli energumeni dalle idee confuse e dall'eloquio improbabile continuino a proclamarsi miei (anche miei) portavoce. Dicano, costoro, di parlare a nome di chi li ha votati, oppure - se proprio ci tengono - della "nord-nazione" o della "padania", che non so (e vorrei proprio sapere chi lo sa) cosa diavolo siano, ma li diffido dal dire che parlano a nome del popolo lombardo, perché del popolo lombardo faccio parte, fino a prova contraria, anch'io. E allora ecco qua la mia lettera-manifesto, quella che mi piacerebbe firmare e che, visto che nessuno si decide a scriverla, ho deciso di scrivere da solo. E' diretta all'onorevole Umberto Bossi, quale rappresentante pro tempore delle farneticazioni geopolitiche della Lega Nord, ed è composta da una sola parola: NO. Si accettano adesioni.
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