§ EMERGENZE

CASSA INTEGRAZIONE E DOPPIO LAVORO




Siro Lombardini



Una nuova contraddizione appare caratterizzare la nostra società e la nostra economia. Abbiamo un numero impressionante di disoccupati e scopriamo che il doppio lavoro attinge livelli particolarmente elevati. Alcuni istituti - segnatamente la Cassa integrazione - sono responsabili in parte di questa situazione.
Già nel 1972 avevo suggerito che i lavoratori che non possono essere impiegati produttivamente nell'impresa da cui dipendono, anziché esser messi in Cassa integrazione, potessero passare ad agenzie regionali per essere riqualificati e, in attesa di una nuova stabile occupazione, impiegati in lavori di pubblica utilità. Questo non è avvenuto e così per una buona parte dei lavoratori in Cassa integrazione si è offerta la possibilità di impiegare parte del tempo in un lavoro nero.
In verità in questi anni i problemi della riqualificazione e della mobilità e della normalizzazione del mercato del lavoro non sono stati mai seriamente affrontati.
E' ragionevole poi ritenere che il doppio lavoro sia più diffuso tra i lavoratori alle dipendenze della pubblica amministrazione. Per una ragione soprattutto. Molti dipendenti pubblici sono mal pagati. La pubblica amministrazione però chiude - o meglio, chiudeva fino a poco tempo fa - un occhio per quanto riguarda il lavoro effettivamente svolto dall'impiegato, il quale aveva così modo di svolgere altri lavori in settori privati. Vi sono poi i lavoratori che hanno terminato la vita attiva, che si trovano però con pensioni così basse da rendere necessario per la sopravvivenza qualche lavoro integrativo. Il doppio lavoro appare così in misura rilevante associato al mercato nero del lavoro, il quale, a sua volta, è favorito dagli elevati oneri sociali.
Tutte queste anomalie dei nostri sistemi sociale ed economico appaiono così tra loro collegate. Esse potranno essere eliminate solo con interventi strutturali che soltanto un governo di legislatura può attuare.
Vogliamo sperare che questa condizione che si è determinata in seguito alle recenti situazioni politiche resti acquisita. Si potrà allora sperare che siano realizzati istituti in grado di garantire la riqualificazione e la valorizzazione dei lavoratori in Cassa integrazione, che si adottino trattamenti e impieghi più ragionevoli ed efficienti dei dipendenti pubblici, che si affronti il problema della revisione degli oneri sociali e che si studino stimoli rivolti a favorire l'assunzione di giovani e la riassunzione dei disoccupati.
Ai dati sul doppio lavoro non si può, non si deve reagire in termini puramente moralistici. Ammettiamo che il governo con qualche norma o marchingegno sia in grado di eliminare il doppio lavoro. Il risultato, se così fosse, non sarebbe quello di una sostituzione di disoccupati a coloro che oggi svolgono un lavoro addizionale oltre il loro lavoro normale.
Il risultato sarebbe una riduzione della produttività dell'intero sistema, il verificarsi di nuove tensioni sociali e quindi in prospettiva la ripresa di quella politica assistenzialistica che tanti effetti negativi ha avuto sulla società e sull'economia italiana.

I numeri del "nero"
L'occupazione è l'emergenza italiana per eccellenza, e più arrivano nuovi dati a fotografare la Situazione, più ci si rende conto delle storture del sistema. Ad esempio, è noto che le persone ufficialmente in cerca di un lavoro sono quasi tre milioni (ma in realtà sono molte di più), ma fino a qualche mese fa non si sapeva che ben sette milioni di persone hanno un doppio lavoro, tino regolare e l'altro in nero. Il dato è contenuto in una ricerca dell'Eurispes, istituto di ricerca romano. dalla quale risulta che sono circa undici milioni in Italia i lavoratori abusivi, vale a dire quelli la cui attività non risulta né al fisco, né all'Inps, né ad altri enti previdenziali. Di questi. ben sette milioni sono "doppiolavoristi" che affiancano ad un lavoro ufficiale anche una seconda attività, in nero.

Quanti di questi abusivi si nascondano nella pubblica amministrazione lo scoprirà l'indagine ordinata dal ministro della Funzione Pubblica. Il Sud è l'arca geografica che registra la quota più elevata di abusivi: il 42 per cento sul totale nazionale, di cui il 59 per cento di "doppiolavoristi": situazione, questa, in buona parte determinata dalla depressione del mercato del lavoro e - per un'altra parte - dall'insufficienza dei salari. Ma anche il Nord non scherza, e schiera un esercito di tre milioni e mezzo di lavoratori che sfuggono agli elenchi ufficiali. Ultimo in classifica, il Centro, con due milioni e 900 mila abusivi.
Quanto ai settori produttivi, nell'agricoltura si annida il 47 per cento del totale degli irregolari e circa quattro milioni di "doppiolavoristi". Più sotto controllo l'industria: gli abusivi sono circa un milione e 400 mila, per lo più precari o in nero, mentre sono rari i casi di "doppiolavoristi". Ben piazzato anche il settore dei servizi, che, nel suo complesso, registra quattro milioni e 300 mila irregolari, su un totale di sedici milioni e 500 mila addetti. Ma il regno dell'abusivismo resta l'edilizia, settore nel quale oltre il 50 per cento degli occupati (cioè 721 mila unità su un milione e 400 mila) sono abusivi.
I "doppiolavoristi" abusivi, oltre ad occupare posti che potrebbero essere destinati ai giovani, sono anche evasori fiscali. Ogni anno, infatti, sottraggono alle casse dell'erario 60 mila miliardi di lire, di cui 20,321 miliardi di Irpef (il 18 per cento del totale), un quinto dell'Iva (pari a 16.960 miliardi di lire), nonché 25 mila miliardi di evasione previdenziale e antinfortunistica.


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