§ BATTIBECCHI

LE DUE EPOCHE DEL SUD




Fulvio Summaria



Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per la sua stessa posizione geografica, il Meridione d'Italia risentì direttamente e indirettamente delle trasformazioni evolutive e involutive ad un tempo, conseguenza della sconfitta bellica e politica. Allorquando si dovette risolvere il problema, in quel momento primario, del riassetto economico, ci fu, come era naturale, il richiamo alle responsabilità amministrative indirizzato al residuo di quello che era rimasto della classe dirigente (professionisti di varie discipline) nel teatro politico della parte sud della Nazione.
La gara elettorale che ne seguì diede i risultati che, a distanza di cinquanta anni, dobbiamo ancora lamentare e che furono ingigantiti dalla congiuntura economica che investì l'intero Continente europeo. A quell'epoca, qualcuno, inascoltato, delineò i modi e i mezzi onde avviare il nostro Meridione verso una graduale e completa integrazione di forze nuove propulsive nel grande Mercato Comune Europeo che, non molto tempo dopo, si sarebbe costituito.
I principali fattori sui quali si doveva impostare la rinascita erano, come lo sono tuttora:
1) Formazione di manodopera alle attitudini per nuove voci merceologiche, educando alla coscienza del lavoro produttivo;
2) Censimento delle energie da inserire nel complesso sistema delle scelte strategiche industriali;
3) Riforma del sistema agricolo, con iniziative legislative indispensabili per l'affrancamento del coltivatore dalle panie di una organizzazione fuori dalla realtà del Mercato;
4) Redistribuzione delle risorse economiche a favore di infrastrutture viarie e ferroviarie, determinanti per lo scambio merci mercato nella Penisola e con il resto del territorio internazionale. In seguito il problema si sarebbe allargato al traffico aereo.
Cosa invece è avvenuto? Che il Mezzogiorno, guidato colpevolmente da una generazione politica ignorante e corrotta, si è visto negletto ancora una volta (la prima nel 1870) nel suo diritto storico alla propria riscossa e affidato a soluzioni medioevali come la migrazione interna (anni 50160). Subendo così danni incalcolabili sulla tenuta sociale e morale, oltre alla frantumazione di quella fragile impalcatura di identità nazionale. Ora, i favolisti del Governo si affrettano a ribadire la necessità di fornire il Sud di ciò di cui ha bisogno per la sua ripresa.
A nostro parere, conoscendo i risvolti occulti dei personaggi al vertice della Cosa Pubblica, legati per nascita geografica ed economica ad interessi di particolari settori finanziari, è bene non prendere per oro colato tutto quello che affermano, perché spinti da necessità contingente.
In quanto gli stessi hanno timore che il rilancio sociale, e quindi produttivo del Sud, danneggi gli interessi di quei settori che rappresentano, vanificando così le fortune dell'intero Paese.
Nella sostanza del discorso, se può essere concesso, questi signori dai poteri occulti hanno di fatto costruito il personaggio Bossi, il quale, propugnando "particolari2 egoismi, avvalendosi di giuste rivendicazioni nordiste, ritarda il più possibile il rilancio del Meridione e addossa a questa parte d'Italia quelle colpe che andrebbero rivolte a tutti coloro (politici meridionali e settentrionali) che, scientemente, sono giunti a provocare il collasso (perchè a questo siamo arrivati) di una Nazione che sarebbe ancora in grado di offrire un enorme potenziale umano di idee e di intenti.
Il richiamo all'attenzione della intangibilità dell'unità geografica e filosofica della Nazione è di primaria eccezionalità, per bloccare quelle manovre tendenti a dividere gli italiani al solo scopo dì togliere di mezzo un pericoloso concorrente in grado dì proporre iniziative produttive che non sono una prerogativa esclusiva dell'imprenditoria residente sulle rive del Po.
E' singolare peraltro che un qualsiasi Bossi parli d'indipendenza della fantomatica Padania, dimenticando che fino al 1866 l'Italia meridionale, a differenza del Piemonte sotto tutela politica e militare della Francia e del Lombardo-Veneto suddito dell'Impero austro-ungarico, aveva potuto godere di libertà o di autonomia, già patrimonio delle nostre genti nei limiti degli ordinamenti sociali del tempo.
Per inciso, riteniamo opportuno sottolineare la verità storica sugli episodi chiamati "brigantaggio" , i quali furono veri e propri movimenti di resistenza contro gli occupanti Piemontesi, sostenuti da un forte substrato morale e politico. Quando la Casa Borbone, esausta, ebbe interrotto i contatti con i cosiddetti "briganti", quegli episodi degenerarono, come è nella natura delle cose.
Riprendendo, quindi, il discorso che ci ha portato a queste note, se quelle regioni poterono assaporare la dignità politica di Nazione insieme e principalmente con il Mezzogiorno d'Italia, fu perché nei disegni strategici degli Imperi centrali e della Francia prese posto l'esigenza di creare nel Sud Mediterraneo un presidio militare marittimo a guardia anche degli interessi territoriali della nazione unitaria nascente.
L'evoluzione politica e militare dell'Europa consentì pertanto l'epilogo naturale in senso unitario del destino economico dell'Italia del Risorgimento. E poiché nei secoli in tutte le Popolazioni della Penisola vi era stato l'anelito all'unitá nazionale, ci sentiamo ancora oggi più vincolati alla difesa di quella italianità che costituisce l'eredità di una cultura che a ben ragione si può chiamare madre della civiltà occidentale. Viva l'Italia!


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