§ VIAGGIO NEI LUOGHI CELATI IN PUGLIA / I CISTERCENSI DI MARTANO

ALLA RICERCA DI QUALCOSA...




Antonio Verri



Il fascino di un monastero, magari di un semplicissimo e assolato convento. Accade spesso un po' a tutti, specialmente oggi che la vita corre su velocissimi e a volte tesissimi binari, di fermarsi improvvisamente, di sostare più del dovuto davanti a delle vecchie mura o a una scrostata chiesetta su cui di solito spicca una grande croce. E' come trovarsi davanti ad una tela, a qualcosa di magico: facilmente cominciamo a sentire dei passi lenti nel porticato, gli odori, il silenzio, l'eco, una vita che immaginiamo scarna, lontana almeno dalle crapule dei nostri giorni.
Non è indulgere questo, succede un po' a tutti, succede che a volte abbiamo un bisogno reale di correr dietro ad una vita meno frivola, meno annacquata, meno spendereccia... almeno per dieci minuti, mezz'ora, il tempo di una veloce visita a questi luoghi che sembrano veramente fuori dal mondo. Dopo... siamo pronti per ricominciare!
Un viaggio nei monasteri e conventi di Puglia anche per descriverne fragranze, particolarità, caratteristiche, per guardare da vicino e cercare di vedere - quanto più possibile - nel fascino e nella magia di cui sopra. Martano, il monastero dei Cistercensi, è la nostra prima tappa.
Arriviamo a Martano. Prima di entrare in paese, venendo da Lecce, registriamo (al solito senza badarci molto, anche se con un po' di fastidio) due scritte minacciose sulle colonne d'entrata del cimitero. Prendiamo la via per Borgagne: in realtà il monastero protagonista di questa prima puntata ci è noto e caro da un bel po' di anni, da quando, alla fine di un bel rapporto con la Grecìa salentina (e qui siamo nel cuore della Grecìa), ambientammo proprio nella biblioteca di questo posto gran parte di un nostro dramma su Galateo. Complice Don Mauro Cassoni, uno studioso e un sicuro punto di riferimento quando si vuole parlare di cose grecaniche.
Via per Borgagne, dunque. Dopo l'indicazione che siamo vicinissimi al monastero (ci dà anche il secolo: XVII), ci troviamo davanti, sulla sinistra, uno slargo con degli olivi centenari chiusi, con molta poca grazia, nell'asfalto. Un po' più in là dei pini. Tra pini e olivi la cancellata e quindi il prospetto del posto che veniamo a visitare. Il posto è il monastero di S. Maria della Consolazione, in cui vivono e operano sette cistercensi; il prospetto invece stride un po': c'è una parte costruita di recente e addossata al vecchio edificio del XVII secolo. Non importa, ci rifaremo all'interno. L'interno, se pur armonico, gira intorno ad un chiostro agile e funzionale, ma niente di più. Prima di varcare la porta che apre al chiostro, però, ci sorprende una bella scritta in testa ad una porta laterale: "liquoreria", dentro ci sono stupendi scaffali che contengono l'amaro e la "goccia imperiale" che si producono nel monastero, cioccolata dei monaci trappisti, il rosolio e il "millefiori" delle abbazie di Casamari e Trisulti, e poi dell'ottimo miele e creme di api per la pelle, pappa reale ed altro.
Ma siamo qui per saperne di più. Il nostro diciamo confidente è un giovane padre del monastero, Gianfranco Calcagno, laureando su San Bernardo, autore di un saggetto sulla chiesa del suo monastero nei suoi trecento anni di storia, insegnante nell'annesso seminario, ordinatore della biblioteca e, quel che più importa, con molte idee intorno al destino delle opere di Don Mauro Cassoni, figura (a noi molto cara) nobilissima di filologo e storico e poeta.
Su Padre Gianfranco, che già conoscevamo, fidiamo molto per arrivare a capire quale la funzione del monastero, quale la vita dei sette monaci benedettini cistercensi che lo reggono, qualche curiosità.
E Gianfranco non ci delude, esauriente, colto, sempre disponibile. Siamo in una stanza che dà sul chiostro, una sorta di segreteria, accanto ci sono le aule dei ragazzi (che di solito vengono da tutto il Salento) che muovono i primi passi verso lo studio e forse verso una possibile vocazione. Si respira un'aria serena, fattiva, che non lascia pensare al perder tempo e non lascia trasparire (è però umano intuirne) alcuna disperazione.
E al non perder tempo - siamo già avviati nella nostra conversazione - si è sempre ispirata la Regola di San Benedetto. San Benedetto, l'uomo "pieno dello spirito di tutti i giusti". Si parla di "gigantesca personalità" quando si parla di San Benedetto, oppure lo si dipinge solenne e severo, magari con verghe in mano o col dito sulle labbra nell'intento di zittire. In realtà S. Benedetto è la prudenza, è la costanza, l'equilibrio, colui che invita a non troppo raschiare la ruggine perché si può rompere il vaso. L'umanità, la dolcezza anche. La storia dei Benedettini in Puglia (esistenti, pare, sin dal secolo ottavo) è un alternarsi di periodi di splendore, di periodi di buona attività, a periodi meno incisivi, riflettendo in questo, com'è naturale, condizioni politiche, ma non solo politiche, favorevoli o meno.
Amore per il mondo, lavoro, preghiera, ricerca di Dio, questi i dettati principali della Regola, anche se poi all'interno dei Benedettini non sono mancati movimenti monastici (per esempio verso la metà del XII secolo) che hanno insistito sulla "separazione dal mondo, sulla povertà, sulla penitenza", anticipando così quelli che sarebbero stati poi i motivi dei francescani nel secolo successivo.
- Ancora qualche notizia storica?, chiede candidamente Padre Gianfranco. Siamo qui, nel monastero, da circa un'ora, Padre Gianfranco fa di tutto per farci sentire di casa, (ma non ha un attimo di esitazione a lasciarci appena suona l'orario di scuola), con una serenità e una cultura veramente da invidiare. Sì, ancora qualche notizia storica ed esattamente sulla nascita dell'Ordine Cistercense, rimandando alle notizie nel riquadro i cenni storici e i particolari sul Monastero di S. Maria della Consolazione.
L'Ordine fu fondato nel 1098 a Citeaux (Francia) da San Roberto, abate benedettino di Molesme, da Sant'Alberico e dall'inglese Santo Stefano Harding. La motivazione: riforma dell'ordine benedettino, desiderio di ritorno all'osservanza integrale della Regola di San Benedetto, cioè riequilibrando lo studio al lavoro (c'era più predisposizione verso lo studio) e cercando di opporre alla magnificenza e alla ricchezza dei cluniacensi l'ideale di povertà, semplicità, solitudine, con i monasteri costruiti o nelle paludi oppure nei fondovalle lontani dai centri abitati (Gianfranco mi ricorda una delle prime importanti opere dei Cistercensi: la bonifica della pianura padana). Moines batisseurs, monaci costruttori, questo l'appellativo che si portano dietro i Cistercensi.
Lasciamo la storia, parliamo dell'oggi, esattamente del monastero che ci ospita. Riteniamo sia interessante impostare il resto della conversazione parlando della giornata del monaco, delle sue ore. Troviamo d'accordo Gianfranco, e così continuiamo.
Ogni giornata del cistercense comincia e finisce con la preghiera, quasi tuona Padre Gianfranco, e la preghiera è il respiro della vita monastica, l'essenza del monaco è la ricerca di Dio ed è importante il "come" lo si cerca: in pratica ogni Ordine lo cerca con propri metodi e proprie scansioni della giornata.
Ecco. Ore 6: preghiera della prima ora. Dopo: studio, lettura spirituale, "lectio divina" ovvero lo studio meditato della parola di Dio, dei Padri della Chiesa. Oppure iniziative di ampio impegno umanistico: anzitutto le opere di Don Mauro Cassoni (e qui dovremmo aprire una parentesi lunghissima per arrivare a dire tutto su Don Mauro, splendida figura d'intellettuale e di studioso che a Martano, per venticinque anni, si è saputo talmente fondere alla cultura greco-salentina fino a diventarne uno dei poli di riferimento - lo sarà a maggior ragione quando tutte le sue opere verranno pubblicate -. Veniva da Casamari, incontestabile centro di cultura noto in tutto il mondo, era un giurista e aveva già prodotto un bel numero di opere che col Grecanico non avevano niente a che fare.
Frequentatore casa dopo casa della Martano inizio secolo, raccoglitore di umori e sfumature e modi di dire; solitario, malinconico, ma anche pronto a far salotto nelle più belle case di una Martano senza ceto medio, innamorato sempre di qualcosa, è morto di tisi, che lui curava con spremute di arance amare. Custode dei suoi scritti, perché sua scrittrice o amanuense, è stata Ada Stella che in un certo modo ha, anche se involontariamente - credeva di far cosa utile a Don Mauro - contribuito alla dispersione di suoi scritti e manoscritti: ha ceduto lavori ad emissari del Rohlfs e al prof. Stomeo), opere che, secondo Gianfranco, dovrebbero quanto prima trovare una sistemazione definitiva con la pubblicazione della grammatica grecosalentina e del dizionario grecosalentino - in vita ha pubblicato solo l'alfa -, e poi in un secondo momento tutte le altre opere di natura salentina
Altro momento da privilegiare dal punto di vista dell'impegno umanistico (in breve, anche perché rischiamo di essere accusati anche noi di troppo indulgere sulla cultura) è la storia del monastero (sta per uscire) di Padre Placido Caputo, bibliotecario, archivista e articolista a Martano, prima lo era stato a Casamari; è stato un solo anno a Martano, ha fatto moltissimo, è morto nel gennaio del 1983 nel monastero di Cotrino (Latiano-BR) dov'era priore.
Terza fase della giornata: Lavoro. Artigianale: confezione di liquori, infusi di erbe, molto noto l'amaro San Bernardo, fatto da erbe digestive, e la Goccia Imperiale su antica ricetta del '700.
Lavoro agricolo: conduzione diretta dei loro campi (un buon numero di ettari di terreno), agrumeto soprattutto, oliveto, frutteto, non è difficile insomma incontrare il priore che con gioia e severità guida il trattore. In effetti lavoro, quello artigianale e agricolo, che serve per la loro sussistenza, in pratica vivono di questo.
Lavoro culturale, di servizio sociale, con un istituto di orientamento vocazionale, o seminario, con scuola media interna (per chi continua c'è Trisulti, Casamari): i ragazzi, come si diceva, arrivano da tutto il Salento e di solito vengono, con voce che la gente si passa, spontaneamente, oppure c'è un Padre addetto che gira nelle parrocchie della provincia per fare quello che si può chiamare "pastorale vocazionale". I ragazzi di solito vengono da famiglie di varia estrazione. "Si assiste ad una ripresa generale delle vocazioni, ci fa Padre Gianfranco, c'è spinta, c'è speranza".
Lavoro pastorale (come s'è detto, nel monastero sono sette monaci, sette monaci sacerdoti, priore è Padre Ilario d'Ancona): occasionalmente quando le parrocchie hanno bisogno di loro.
A metà giornata, prima del pranzo, altro momento di preghiera al suono di una campana (una campana suona sempre prima dell'inizio di ogni preghiera: un tempo serviva, forse serve ancora, al paese per fare conto delle ore). E questa è la preghiera dell'ora media. A questo punto chiediamo al nostro amico padre cosa ne è del vecchio concetto di "cella", tanto caro alla letteratura monacale. Così, improvvisamente. Padre Gianfranco è sempre pronto: è funzionale ancora oggi, per i cistercensi, l'idea della cella come momento di raccoglimento, di solitudine, anche se cenobitico (comunitario) è il concetto della Regola.
Siamo ai vespri, al tramonto, è anche l'ora della loro messa, molto seguita dall'esterno, ma bisogna dire che il Monastero, da sempre, è stato sempre un fatto importante per la gente di Martano e non solo di Martano.
E poi la compieta, dopo cena, ultima preghiera della sera. Dopo qualche lieve accenno ai problemi del giorno, un po' di innocente ricreazione e il giorno è compiuto. Si va avanti così, si prega, si lavora, la giornata trascorre tra un'ora di insegnamento e un pomeriggio dedicato a rimondare, una puntatina nel vasto salone dove si produce l'amaro, una chiacchierata in comune su progetti e programmi immediati, e poi la cura di tante cose, e poi la forza per affrontarne altrettante, e poi e poi... ma, mi assicura padre Gianfranco, mentre splende insieme al pomeriggio, si èsempre alla ricerca di qualcosa...


Martano

Santa Maria della Consolazione (Benedettini Cistercensi)

Quando il 21 marzo 1926, festa di S. Benedetto, i monaci benedettini-cistercensi di Casamari presero possesso del monastero di S. Maria della Consolazione, il cenobio contava 240 anni di storia. Fu fondato, infatti, dai religiosi alcantarini l'11 gennaio 1686, in contrada "Liori", a un chilometro circa dalla cittadina di Martano, nel luogo dove era situato un piccolo cremo, formato da una cappellina dedicata alla Madonna della Consolazione o del Liori e da sei celle per abitazione degli eremiti.
Si crede che l'eremitaggio fosse un vestigio di un antico cenobio di monaci italogreci, la presenza dei quali, tra l'altro, ci è confermata dal nome di una masseria, a poche centinaia di metri, denominata "Sinobie" (da sinobios per coeno-bios = vita comune, cenobio).
La piccola cappella-santuario, che custodiva l'icona della Madonna di Liori, non era più sufficiente a soddisfare le esigenze dei fedeli, perciò nel 1685 ne fu costruita un'altra più grande. Questa, con la venuta degli Alcantarini, fu incorporata nella chiesa attuale e l'icona della Madonna (secolo XV) fu sistemata nel fastigio interno dell'abside.
L'interno di questo tempio, definito da alcuni architetti "un piccolo scrigno di fantasia artistica", sta a testimoniare un momento di grande entusiasmo da parte della comunità alcantarina. E' tutto in stile barocco-leccese, eseguito con buon gusto e fine sensibilità artistica.
Il cenobio della Consolazione, che per le sue benemerenze era stato insignito dal Re di Napoli del titolo di "Reale Monastero", subì due soppressioni: la prima (1810-1816) ordinata da Napoleone Buonaparte, l'altra in seguito alle leggi eversive del 1866 che, per il cenobio di Liori, ebbero effetto esecutivo nel 1881.
Dopo questa data, l'ordine alcantarino non fece più ritorno nel suo antico monastero, il quale passò in proprietà del demanio e poi del Comune di Martano.
In seguito, il complesso conventuale fu acquistato dai baroni Corni di Corigliano d'Otranto che, nel 1908, lo affidarono ai Minori Francescani. Ma questi vi rimasero appena quattordici anni. Nel 1923, il barone Angelo Corni e il nob. cav. Cosimo Marcucci iniziarono le trattative con l'abbazia di Casamari, che si conclusero il 21 marzo 1926 con la venuta a Martano della prima comunità monastica...
(da: Presenza Benedettina in Puglia e Basilicata, numero unico)


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