§ Dibattiti aperti

I NODI DELL'EURO




Paolo Savona



Anche se il dibattito sull'ingresso dell'Italia nell'Unione monetaria europea si è concentrato sul se e sul quando, conta anche il "come" entrare. Gran parte di questo aspetto del problema dipende da scelte non fatte né all'atto della stipula del Trattato di Maastricht né nel corso della sua attuazione. Il come verrà gestita la moneta unica è un problema tecnico, con implicazioni politiche di grande rilievo.
La civiltà dell'uomo è pervenuta solo di recente a un punto di svolta determinante: la democrazia, ossia il sistema politico dove l'uomo dipende dalle leggi che contribuisce a promulgare, e non dalla volontà di altri uomini. Un o dei compiti centrali dei consessi democratici è di decidere la distribuzione dei redditi. Per eliminare gli effetti erratici derivanti dall'inflazione su questa distribuzione, le democrazie si avvalgono delle Banche centrali, riconoscendo ad esse un'autonomia operativa dai governi. Poiché le politiche monetarie possono esse stesse causare distorsioni nella distribuzione del reddito, è lecito domandarsi come opererà il sistema delle Banche centrali e se, in assenza di un Parlamento europeo, sussistano le condizioni di rispondenza dell'autonomia della Banca centrale europea alle finalità che la legittimano.
Affinché il sistema ideato a Maastricht dia il suo contributo allo sviluppo economico e civile dell'Europa, mancano ancora alcune condizioni, in assenza delle quali è impossibile dare un giudizio fondato sull'opportunità che l'Italia entri nell'Unione monetaria pagando qualsiasi costo. E' importante, cioè, il come l'Italia deve partecipare alla costruzione della moneta unica.
La prima condizione, riconosciuta dai governi nazionali e ribadita recentemente dal ministro del Tesoro italiano, è che il trattamento fiscale (non soltanto di quello dei titoli di credito) venga armonizzato. La recente decisione presa dai governi nazionali di dare vita a un codice di buona condotta fiscale riconosce la rilevanza del problema, ma evita di dare ad esso soluzione.
La seconda condizione è che la scelta dei target su cui fondare la politica monetaria sia coerente con le esigenze dello sviluppo. Non è di buon auspicio che l'Istituto monetario europeo non abbia indicato la soluzione da dare a questo aspetto del governo monetario e abbia invece demandato al board che guiderà la Banca centrale europea di farlo. La tesi prevalente tra i tecnici è di farsi guidare da un "inflation target" invece che da un "money target", come richiesto insistentemente dalla Bundesbank. In assenza di una politica fiscale attiva, preclusa dai parametri di Maastricht, si avrebbe una sottovalutazione delle esigenze di sviluppo e di occupazione.
La terza condizione è che venga esplicitata una politica del cambio dell'Euro nei confronti delle valute forti, quali il dollaro e lo yen. Il Trattato non prevede una delega in materia al sistema delle Banche centrali; ne consegue che il potere resta ai governi. Poiché, tuttavia, è previsto che venga messa a disposizione della Banca centrale europea una parte delle riserve ufficiali nazionali, si deve ritenere che essa possa intervenire sul cambio dell'Euro, scegliendo implicitamente in quale regime di cambio vivrà l'Europa (dirty floating). Potrebbero nascere conflitti tra i governi e le Banche centrali che, nella migliore delle ipotesi, possono determinare dei ritardi e, nella peggiore, dei veri e propri conflitti che paralizzerebbero la gestione monetaria.
Sottolineare queste carenze non implica che l'Italia debba stare fuori dall'Unione monetaria europea, ma che i suoi governanti chiariscano questi aspetti, prima di entrarvi. L'ideale è seguire il suggerimento dato da Giscard d'Estaing di riunire in una stanza tutti i Governatori e domandare loro come gestiranno la moneta unica.
Solo se l'Italia ottenesse una risposta negativa, soprattutto da Germania e Francia, in materia di gestione monetaria, e dal Lussemburgo, in materia fiscale, i nostri governanti dovrebbero ripensare alle scelte fatte per evitare guai seri alla crescita e all'occupazione.


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