§ Conto alla rovescia / Per il futuro d'europa

Vita dura se il mercato non c'è




M. B.



Poco più di undici anni fa, con un celebre Libro Bianco, la Commissione europea guidata da Jacques Delors fissava gli obiettivi per la realizzazione del grande Mercato Unico. Parte da quel documento la lunga strada che, nel gennaio 1999, ci condurrà alla realizzazione della moneta unica. Il ragionamento era semplice: come può operare con quattordici monete diverse un mercato che unisce 380 milioni di consumatori?
Alcuni mesi fa il Consiglio europeo di Dublino ha approvato il Patto di stabilità, lo statuto giuridico dell'Euro e il nuovo Sme, che legherà all'Euro le valute dei Paesi rimasti fuori dall'Unione monetaria. La via è dunque spianata, e il Mercato unico dovrebbe essere ormai corazzato contro distorsioni della concorrenza e attacchi speculativi di ogni tipo. Ma non è così. Undici anni e mezzo dopo il Libro Bianco, il Mercato unico presenta ancora una serie di enormi buchi neri che limitano il decollo di servizi essenziali e annullano la libertà politicamente più importante: circolare all'interno dell'Unione senza dover presentare i documenti alle frontiere.
Intendiamoci. Molto, moltissimo è stato fatto. Secondo quanto recentemente comunicato al Parlamento e al Consiglio dei ministri europei dal Commissario Mario Monti (responsabile del Mercato Interno), l'abbattimento di barriere alla circolazione di merci e servizi ha fatto registrare una crescita del 20-30 per cento negli scambi intracomunitari, un calo dell'inflazione dell'1-1,5 per cento e una crescita del Pil dell'1-1,5 per cento, un'esplosione di investimenti dai Paesi extra-comunitari, e infine la creazione di molti posti di lavoro (300-900 mila). E' ovvio che questi dati possono essere contestati, soprattutto se si tiene conto che negli ultimi anni l'Unione ha accolto quattro nuovi Stati (Austria, Svezia, Finlandia ed ex Germania orientale), che gli scambi con l'Europa dell'Est sono esplosi e che la forza delle cose ha aperto gran parte del commercio mondiale. Ma è anche chiaro che il Mercato unico ha avuto effetti estremamente benefici per la crescita economica.
Gran parte degli scambi vengono ancora oggi ostacolati, interi settori economici vivono ancora in regime di monopolio, e soltanto tre Stati membri hanno applicato interamente le normative europee relative al mercato interno. La situazione è imbarazzante, e il rischio è che nel '99 l'Europa si trovi con una moneta unica, ma con un mercato ancora in gran parte diviso. Va detto però che i ritardi riguardano settori ben più importanti. Il più evidente per tutti è la mancata abolizione dei controlli sui cittadini alle frontiere che, come dice Monti, "in termini politici è il più importante fallimento del Mercato interno". Dal punto di vista più strettamente economico, però, le vere grane sono altrove. Nella fiscalità, ad esempio: il regime comune dell'Iva ancora non esiste, la doppia tassazione non è stata eliminata e gli investimenti vengono ancora tassati diversamente da Stato a Stato.
Lo statuto della "società europea" non è stato approvato, il che fa pesare inutili costi di autorizzazione e registrazione alle imprese. La legislazione sulle fusioni non esiste, il che lascia i piccoli investitori alla mercé dei grandi operatori finanziari. Intanto gli Stati approvano ogni anno 450 regolamenti tecnici per i prodotti industriali, rendendo inutili gli sforzi di armonizzazione della Commissione. Nel campo dei contratti pubblici, che rappresentano l'11,5 per cento del Pil comunitario (tanto, quanto il prodotto di Belgio, Spagna e Danimarca messi insieme), l'85 per cento delle amministrazioni pubbliche non pubblicano bandi di gara. Per le assicurazioni, il Mercato unico di fatto non esiste, e sei Paesi, tra cui l'Italia, restringono ancora le possibilità di investimento dei fondi pensione, in aperta violazione al Trattato.
Il trasporto su ruota resta una giungla, quello aereo è stato liberalizzato solo da alcune settimane. Nel settore delle telecomunicazioni la liberalizzazione arriverà solo nel gennaio 1998, ma quattro Paesi hanno ottenuto deroghe fino al 2001. Per l'energia elettrica bisognerà aspettare il 2002 per vedere liberalizzato soltanto un terzo del mercato. Quanto al gas, un settore in cui il libero commercio farebbe risparmiare 1.700 miliardi l'anno, siamo ancora in una fase aurorale. Ma che Europa è mai questa?


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