§ Conto alla rovescia / Per il futuro d'europa

Obiettivo Maastricht




Carlo Azeglio Ciampi, Cesare Romiti



Non possiamo permetterei dì rallentare il nostro cammino verso l'Unione monetaria, perché questo favorirebbe l'integrazione di fatto, a beneficio di un solo Paese, la Germania. E' un rischio che dobbiamo evitare a tutti i costi. Riflettiamo sui concetti di sovranità monetaria reale e fittizia. Il pericolo di un'Europa in cui detti legge il più forte si elimina solo procedendo nell'integrazione istituzionale, cioè sulla strada intrapresa nel '92 col trattato di Maastricht. Quel trattato, con tutti i suoi limiti, segna l'avvio di un processo che non si deve interrompere. Perché se questo accadesse, l'Europa ripiomberebbe nell'oscurantismo degli Anni Trenta, risorgerebbero i nazionalismi e la disgregazione politico-sociale avrebbe esiti imprevedibili.
Il periodo di transizione che ci separa dal '99 è denso di ostacoli e di difficoltà. L'optimum sarebbe realizzare, insieme all'integrazione degli organismi monetari, anche quella tra le altre istituzioni economiche, politiche e sociali. Ma è una pia illusione, perché manca una forte leadership politica che invece dovrebbe governare questa transizione, e attenuare, e se possibile annullare, gli inconvenienti legati al divario che c'è nell'integrazione delle istituzioni politiche, ancora molto indietro rispetto all'integrazione delle istituzioni monetarie, che invece è già molto avanzata. Si pensi all'Istituto Monetario Europeo, che ha avuto un ruolo importante nella trattativa per il rientro nello Sme della marka finlandese e della lira italiana. Voglio dunque essere molto chiaro. Dico a tutti gli italiani che se salta Maastricht sarà la fine dell'Europa. E allora sarà la rovina, il Vecchio Continente diventerà una colonia tecnologica, salvo per il Paese più forte, cioè la Germania, che aggregherà al suo carro solo chi le è più gradito.
Carlo Azeglio Ciampi


La questione dello sviluppo riguarda l'intera Europa, e in maniera particolare il nostro Paese. Ad essa è collegato il problema della disoccupazione che ha raggiunto, specie in alcune aree del Mezzogiorno, un livello insostenibile sia sotto il profilo economico che, ancora più, sotto l'aspetto sociale e - si può dire - etico. E questo lo sottolineo sotto due aspetti: da un lato, perché trovo veramente singolare che il problema dello sviluppo sia stato in pratica accantonato un po' da tutti, forze politiche ed esperti di economia; e dall'altro, perché sarebbe oltremodo interessante discutere su "come" fare per rimettere in moto il processo di crescita. Poiché non pensiamo più allo sviluppo, ci attardiamo a cercare rimedi per distribuire i sacrifici o pensiamo a soluzioni per dividere tra tutti il poco lavoro che c'è. Ma questi rimedi spesso sono peggiori del male.
Continuando a fare solo sacrifici si rischia di imboccare una spirale negativa, per cui si deprime la domanda sia di consumi che di investimenti, si mettono in crisi le aziende, si riduce il gettito fiscale per lo Stato, si creano altri disoccupati. Insomma, si innesca un processo di depressione di cui non si vede la fine.
Rimettiamo al centro dei nostri ragionamenti il problema dello sviluppo, delle cause del suo arresto e delle possibili ricette per rimettere in moto la macchina della crescita. Innanzitutto, cominciamo a considerare che innovazione tecnologica e globalizzazione non sono dei nemici da cui difendersi, ma delle opportunità, delle grandi opportunità, su cui costruire il futuro del nostro Paese e dell'intera Europa. Bisogna prendere atto che i tentativi di difendersi da questi grandi cambiamenti attraverso il moltiplicarsi delle reti di protezione, non solo di tipo sociale, ma anche di vincoli amministrativi e dirigistici, o col mantenimento di posizioni monopolistiche, hanno comportato costi enormi per i cittadini e per le imprese. E questi costi vengono scaricati sulla collettività sia attraverso le tariffe più elevate di servizi inefficienti, sia, e soprattutto, attraverso una crescita del prelievo fiscale e contributivo veramente abnorme, che colpisce sia i singoli cittadini sia le imprese. Tutto ciò ha finito col soffocare l'economia, con l'impedire la creazione di nuove iniziative, col formare un esercito di disoccupati senza speranza.
E' chiaro quindi che il problema dello sviluppo va rimesso al centro dell'impegno politico. Anche la nostra partecipazione alla moneta europea sarà agevolata da una politica economica capace di coniugare il risanamento allo sviluppo. E quindi occorrono lungimiranza e coraggio per effettuare una politica di riforme che coinvolga la revisione dello Stato sociale, insieme al miglioramento e al rilancio dei mercati, primo fra tutti quello finanziario. Ma sarà possibile far questo, solo se vinceremo le resistenze dei cittadini, che nascono dall'incertezza, offrendo loro una possibile e concreta prospettiva per il futuro.
Cesare Romiti


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