§ IL SAPIENS CHE CONQUISTO' IL MONDO

ESPLORATORE E SUBITO ARTISTA




Tonino Caputo, Gianfranco Langatta



Alto un metro e mezzo, armato di qualche pietra scheggiata e con un cervello di 800 centimetri cubici, partì un milione e mezzo di anni fa dalle savane africane, per andare ad occupare l'Europa ancora disabitata. Questo conquistatore, l'Homo erectus, è il nostro antenato di settantamila generazioni fa.
Era comparso in Africa centomila anni prima di iniziare la sua rapida marcia verso il nostro continente, dove arrivò passando dal Medio Oriente, e probabilmente attraverso un "ponte" di terra emersa che congiungeva la costa africana alla Sicilia e all'Italia. Le tappe del suo cammino sono segnate da ciottoli scheggiati, da ossa di animali, da resti di accampamenti e -più tardi - da utensili di pietra più perfezionati, da frammenti di ossa umane, da denti, da pavimenti di capanne e da chiazze di terra annerita che indicano la grande scoperta del nostro antenato: il fuoco.
Ma quando compare il fuoco è passato ormai un milione di anni dal primo arrivo dell'uomo in Europa: un tempo che la mente fa fatica a circoscrivere. Solo con l'aiuto dei paleoantropologi il lunghissimo spazio della preistoria assume una consistenza comprensibile, ancorandosi ai resti dispersi nel continente. In questi ultimi decenni, il lavoro dei ricercatori è riuscito infatti a dare corpo alle cifre e i risultati delle loro indagini hanno conosciuto una fortunata divulgazione.
La storia dell'uomo europeo ha una lunga premessa sulle rive dei laghi dell'Africa orientale, dove circa sei milioni di anni fa comparvero gli Australopiteci, ominidi dall'andatura bipede non più alti di un metro e venti centimetri e con un cervello di 450 centimetri cubici. Questi vivevano in piccoli gruppi, nutrendosi prevalentemente di vegetali.
Intorno a due milioni e mezzo di anni fa, mentre un forte cambiamento climatico provocava l'inaridimento di intere regioni, compare sulla scena un nuovo ominide, forse discendente dagli stessi Australopiteci, chiamato Homo habilis per la sua capacità di fabbricare strumenti di pietra. L'aspetto dell'Habilis non è molto diverso da quello dei suoi predecessori australopitecini, ma il suo cervello raggiunge i 600/700 centimetri cubici e la presenza di manufatti di pietra dimostra che all'aumentato volume cerebrale corrispose anche la capacità di intravedere in un ciottolo di pietra la forma finita dell'utensile che voleva produrre. Un progresso tecnico, questo, di straordinaria portata.
I primi utensili sono strumenti rozzi, appena distinguibili da pietre scheggiate dal caso, ma che nessun animale, eccetto l'uomo, poteva immaginare e produrre trasmettendone la conoscenza da una generazione all'altra. E' l'inizio della nostra storia culturale.
L'Homo habilis, armato con la sua pietra scheggiata, conquista rapidamente l'Africa; non conosce il fuoco, ma già organizza lo spazio dove vive, caccia grandi animali, come elefanti, ippopotami, antilopi, modificando in questo modo la sua dieta da prevalentemente vegetariana in onnivora. La cooperazione del gruppo, lo sviluppo del linguaggio, il nuovo apporto di proteine animali preparano un altro grande balzo della nostra storia evolutiva. Il fatto nuovo accade intorno a 1,6 milioni di anni fa, quando accanto all'Habilis (che si estinguerà trecentomila anni più tardi) fa la sua comparsa il nuovo essere: l'Homo erectus.


Il nome può trarre in inganno, visto che anche l'Habilis camminava perfettamente eretto; e in effetti le autentiche caratteristiche distintive dell'uomo nuovo non consistono nell'andatura, ma nella sua maggiore statura (metri 1,40-1,60), e soprattutto nella sua capacità cranica che ormai raggiunge e supera gli 800 centimetri cubici (quella dell'uomo moderno è di circa 1.500 centimetri cubici).
Sulle origini dell'Erectus i vari autori hanno opinioni discordi, e non è ancora possibile stabilire se sia il discendente dell'Habilis o se derivi da un ramo indipendente dei più antichi Australopiteci. E' certo però che l'Erectus si distingue subito per la sua eccezionale vitalità, tanto che alcuni studiosi lo ritengono responsabile dell'estinzione del suo antenato (o cugino) Habilis.
In poco più di centomila anni, l'Erectus occupa gran parte del continente e passa in Europa e in Asia. Questa diaspora è uno dei grandi interrogativi che impegnano i ricercatori. Perché si spostò dall'Africa? Quali esigenze lo portarono ad esplorare altri continenti? Nelle località preistoriche africane di quell'epoca non c'è alcun segno di drammatici mutamenti climatici, di pressioni ambientali, né tantomeno di esplosioni demografiche che giustifichino un esodo verso nuovi territori. Il fenomeno rimane inspiegabile; anche se fin troppo avvincente, resta solo l'ipotesi di una curiosità innata verso l'ignoto.
Per millenni, a piccoli gruppi (forse di venti-quaranta individui), questi uomini si affacciano sulle sponde del Mediterraneo, ne seguono le coste, risalgono verso nord attraverso Israele e la Siria, dove la corrente umana si divide. Una parte prende le vie dell'Asia, l'altra si incammina verso l'altopiano anatolico, l'area balcanica, l'Europa centrale, per poi disperdersi nelle zone più temperate della Grecia, dell'Italia, della Francia, della penisola iberica.
L'Homo erectus non controlla ancora il fuoco, ma organizza i suoi accampamenti sistemando pietre di pavimentazione che lo riparano dal suolo, trasporta negli accampamenti grandi ossa di animali da utilizzare come materiale da costruzione, scheggia pietre con una tecnica sempre più complessa che lo porta a realizzare utensili a forma di mandorla (amigdale) che denotano uno spiccato senso della simmetria e dell'estetica.
Siamo intorno a 700 mila anni fa. E' una fase climatica più calda e l'Erectus si spinge nelle terre liberate dai ghiacci: occupa così le isole britanniche, il Belgio, la Germania, la Cecoslovacchia. In Italia è già presente da tempo e le testimonianze della sua attività sono ormai numerose.
La più impressionante è dovuta al caso. Risale a pochi anni addietro. Ed è a Isernia, dove una superstrada in costruzione entrò letteralmente in mezzo a un abitato datato intorno a 736 mila anni fa. E' un accampamento gigantesco, che gli scavi condotti da Carlo Peretto e Benedetto Sala hanno messo in luce: si è rivelata una sorprendente "pavimentazione", costituita da migliaia di manufatti di pietra e di ossa di grandi animali (bisonti, elefanti, orsi, ippopotami), che si estende per diverse centinaia di metri quadrati.
Proprio per la grande massa di informazioni che ha fornito, lo scavo di Isernia, una specie di istantanea di 8.000 secoli fa, ha finito per porre più interrogativi delle risposte certe date. Uno fra i numerosissimi quesiti è se questi uomini conoscessero già il fuoco. Alcune macchie di terreno rossastro lo farebbero supporre, ma l'indizio è troppo labile, e oltre tutto contrasta con altri rinvenimenti certi, ma di epoca molto più tarda. E' infatti solo verso i 400 mila anni fa che fanno la loro comparsa (in Francia e in Ungheria) i primi focolari sui pavimenti delle capanne. Una di queste, anzi i suoi resti, è stata rinvenuta a Terra Amata, sulla Costa Azzurra, col piccolo focolare e un muretto di pietre che proteggeva le fiamme dal vento. E' una testimonianza finalmente esplicita, anche per i non addetti ai lavori: una testimonianza completamente umana.
E non è difficile immaginare la vita che si svolgeva attorno a questo piccolo fuoco: un'impronta di un piede sul terreno aumenta la suggestione.
Forse non è un caso che insieme con la comparsa dei focolari e con la loro diffusione in tutti gli abitati preistorici, verso i 350-300 mila anni fa, si cominciano a notare differenziazioni culturali regionali nella produzione dei manufatti. Il focolare, con la sua forza aggregante, lega le comunità, favorisce lo scambio di esperienze, determina la nascita di una tradizione comune. Oltre a profonde modificazioni nelle abitudini alimentari (con conseguenti riflessi sulla struttura fisica), il fuoco può aver determinato una profonda trasformazione psichica e, insieme, il rapido sviluppo delle strutture sociali.
Tra i 150 e i 300 mila anni fa, gli abitanti si perfezionano ulteriormente. La scheggiatura della pietra raggiunge livelli di grande specializzazione. La struttura cranica di questi nostri antenati ha ormai caratteristiche del tutto particolari che li distinguono dai simili sparsi negli altri continenti; sta per comparire un altro tipo umano: l'uomo di Neanderthal, che aprirà la strada all'uomo moderno, del tutto identico a noi. L'avventura umana lascia la preistoria ed entra nella storia.
Dunque, riassumendo: le teorie finora accettate comunemente sostengono che il Sapiens nacque nel continente africano intorno a 200 mila anni fa, e che soltanto negli ultimi 40 mila anni produsse opere d'arte. Ma la vicenda umana non smette di riserbarci sorprese. E l'ultima è tale da capovolgere, o mettere in discussione, tutte le certezze che avevamo.
E' questa: migliaia di piccole incisioni circolari, la cui esecuzione è fatta risalire a circa 70 mila anni fa, sono state scoperte in una località a 450 chilometri a sud-ovest di Darwin, nel Northen Territory, in Australia. Individuate su una parete arenaria alta quaranta metri e su altre rocce circostanti, forse sono le manifestazioni artistiche più antiche del mondo.
Ma insieme a questa scoperta, in sé rivoluzionaria, c'è un'altra ancora più sorprendente: negli strati più profondi degli scavi effettuati in prossimità delle rocce incise sono stati ritrovati utensili in legno, ocra rossa (usata per dipingere) e granelli di amido (un sottoprodotto della preparazione del cibo) che testimoniano come la presenza dell'uomo in Australia sia da collegare almeno 50 mila anni prima di quanto fosse stato ipotizzato. L'esame basato sulla termoluminescenza infatti ha rivelato una data compresa tra i 116 e i 70 mila anni. Il sito archeologico, scoperto nel 1992, si chiama Jinmium. Le incisioni circolari sono note col nome di "coppelle": sono 3.500, di diametro variabile tra i 12,8 e i 51,7 millimetri. La loro realizzazione viene fatta risalire a circa 75 mila anni fa, ma si è convinti che si tratta di un'attività artistica e rituale più antica, perché sono state trovate tracce di ocra in strati databili tra i 75 e i 116 mila anni fa. Sino a pochissimo tempo addietro, la più antica documentazione sull'uso dell'ocra (che per le culture arcaiche di tutto il mondo aveva un significato puramente rituale) era quella scoperta in uno strato del sito di Kakadu, sempre in Australia settentrionale, databile intorno a 60 mila anni fa.
La nascita dell'arte, comunque, è ben più antica dei 40-35 mila anni comunemente indicati. E poiché da sempre si è ritenuto che uomini "completamente moderni" fossero arrivati in Australia solo 60 mila anni fa, i ricercatori si trovano ora di fronte a un dato non facilmente spiegabile, cioè che queste "coppelle" siano state realizzate dal moderno Homo sapiens o da suoi consimili arcaici in un'epoca considerata finora "impossibile". A quell'epoca il livello del mare era molto più basso di quello attuale e il Borneo e le isole contigue formavano un territorio unico, noto come "Sunda". Un territorio analogo, noto come Sahul o Grande Australia, includeva ciò che oggi sono la Nuova Guinea, l'Australia e la Tasmania. La vicinanza di questi due grandi blocchi continentali probabilmente ha reso agevole il passaggio dall'uno all'altro.
Le nuove scoperte suggeriscono due ipotesi. La prima: il Sapiens è giunto in Australia quasi subito dopo la sua comparsa in Africa. La seconda: gli uomini preistorici erano navigatori più abili di quanto abbiamo finora supposto. Secondo i sostenitori della tesi "fuori-Africa" (secondo cui il Sapiens si sviluppò in Africa e poi si avventurò nel mondo), Jinmium è da attribuire al Sapiens e, se le date sono esatte, siamo di fronte alla prima manifestazione artistica dell'uomo moderno. Secondo i sostenitori della tesi multiregionale (il Sapiens si sarebbe sviluppato indipendentemente in varie parti del pianeta), se da una parte non è pensabile che il Sapiens abbia viaggiato tanto lontano in così breve tempo, dall'altro è probabile che Jinmium sia opera dell'uomo pre-moderno; e a sostegno di questa tesi affermano che dall'esame dei fossili risulta che il Sapiens arcaico era presente in Indonesia almeno 100 mila anni fa; che 135 mila anni fa il livello del mare era molto basso e che durante l'ultima era glaciale ci sono stati periodi di altrettanto bassa marea; che quindi doveva essere agevole passare dall'Asia sud-orientale alla Grande Australia. In ogni caso, un viaggio del genere richiedeva tecniche di navigazione sofisticate, perché alcuni tratti erano pericolosi e profondi e la distanza fra alcune isole era di decine di miglia.
Interviene una terza tesi, in nome della quale molti considerano l'arte come una caratteristica pratica rituale che predata la comparsa dell'uomo moderno in Africa. I fautori di questa "terza via" sostengono che noi abbiamo documentato l'uso rituale dell'ocra rossa nei siti archeologici europei (periodo Acheuleano) 250 mila anni fa e che inoltre abbiamo trovato "coppelle" incise su una lastra del periodo neanderthaliano (45 mila anni fa, a La Ferassie, in Francia).
Dunque: se siamo sicuri che gli autori delle incisioni di Jinmium non erano neanderthaliani (che vissero solo in Europa e parte dell'Asia), il fatto che popolazioni antiche così diverse avessero un'unica tradizione culturale suggerisce che le origini di tali pratiche rituali siano da rintracciare in un passato ancora più lontano, in un antenato comune. Portando come esempio una figurina femminile incisa 300 mila anni fa nel sito acheuleano di Berekhaft Ram, nel Golan israeliano, i sostenitori della terza tesi si dicono convinti che i nostri antenati più antichi erano capaci di simili espressioni artistiche e manifestazioni rituali.
Qualunque tesi si abbracci, su qualunque ipotesi si lavori, insomma, più intrigante che mai, il mistero sui nostri progenitori continua.


In Italia i villaggi preistorici più belli del mondo

Non è forse un caso che la penisola italiana presenti tante testimonianze di preistoria. Grazie a fortunate - e anche recenti - scoperte, ma soprattutto grazie all'impegno delle più prestigiose istituzioni scientifiche italiane, i primi abitanti d'Europa affiorano alla conoscenza con contorni di anno in anno più dettagliati e con molteplicità di dati in buona parte derivati da località, per l'appunto, del nostro Paese.
Se l'insediamento preistorico scoperto a Isernia rappresenta, per la sua gigantesca e affascinante evidenza, il monumento certo più spettacolare, a livello planetario, di una testimonianza del passato dell'uomo, lontana oltre 700 mila anni, questo stesso giacimento diventerebbe incomprensibile senza il background di acquisizioni provenienti dai risultati di ricerche estese a tutta la penisola. Sporadiche e frammentarie per le primissime fasi di questo popolamento, queste testimonianze diffuse dalla Calabria al Lazio, alla Basilicata, all'Umbria, per citare soltanto alcune delle regioni più studiate, documentano una infiltrazione già capillare in epoca molto arcaica.
La grande diaspora dal continente africano ha dunque raggiunto la nostra penisola, probabilmente seguendo più itinerari, nella stessa epoca in cui, all'incirca intorno a un milione di anni fa, l'intero continente europeo entra per la prima volta a costituire uno scenario importante per la storia dell'uomo.
Questi primissimi abitanti d'Italia, dei quali oltre a una discreta conoscenza relativa a quella parte di livello tecnologico tramandata dallo strumentario litico, ben poco ci è noto su basi archeologiche, dovevano tuttavia già caratterizzarsi per una certa complessità del modo di vita. L'evidenza di Isernia, infatti, in un campo-base dalla organizzazione così articolata in epoca di poco più recente, è suscettibile di esser considerata anche in un'ottica retrospettiva ed estendibile, almeno in parte, ai più remoti gruppi umani. Due importanti considerazioni devono esser tenute presenti: questi uomini hanno alle loro spalle un'evoluzione di oltre due milioni di anni, maturata in gran parte nelle savane africane; e il loro bagaglio culturale non può che lontanamente essere configurato sulla base di quanto casualmente è riuscito a pervenire fino a noi. La grande epopea dell'Homo erectus non è in fondo che una prova e una conseguenza dell'alto grado di adattabilità acquisita dalla specie umana nel suo divenire, fino all'arrivo in Europa.


La documentazione, a partire da circa mezzo milione di anni fa, diventa più nitida. I grandi bacini lacustri, le valli fluviali, le coste, sono ormai popolate talvolta con particolare intensità, come ad esempio Venosa. In un ambiente sottoposto a mutamenti anche sostanziali, in seguito agli episodi climatici che scandiscono il Quaternario, questi gruppi umani sembrano talora differenziarsi in "facies" regionali e locali, caratterizzate da convergenze profonde nella produzione strumentale, che appare soggetta a veri e propri impulsi stilistici, come nel caso della facies acheuleana di Torre in Pietra, o nel caso dei pressoché coevi giacimenti di Cetano, Pontecorvo, Aquino, Latemagni, e via di seguito, nel Lazio meridionale; o infine nel caso dei siti acheuleani di Marina di Camerota in Campania e di Rosaneto in Calabria. I primi resti umani (Fontana Ranuccio, presso Anagni, nel Lazio; Visogliano, a nord di Trieste) fanno la loro comparsa nei giacimenti preistorici italiani. A Castel di Guido, poco a nord di Roma, tali resti, di recente scoperta, anche se frammentari, sono molto numerosi e abbastanza vari. Alla Grotta del Principe, in Liguria, uno dei rari ossi iliaci umani noti in Europa in questa epoca è emerso dai depositi rissiani consolidati in breccia e sfuggiti alle prime esplorazioni di questa imponente cavità.
Verso la fine del penultimo glaciale, all'incirca intorno ai 200 mila anni fa, le acquisizioni tecnologiche nel taglio della pietra mostrano una netta accelerazione. I resti umani (Casal de' Pazzi, Sedia del Diavolo, e in modo particolare Saccopastore) documentano un'altrettanto netta modificazione morfologica del tipo umano che fino allora aveva popolato l'Europa e la nostra penisola. I due crani di quest'ultima località, come del resto anche pochi strumenti trovati nello stesso livello, databile intorno ai 100 mila anni fa, hanno già caratteri che preannunciano l'umanità del Paleolitico medio e quella a noi anche concettualmente più vicina dell'Homo sapiens sapiens.
Lungi dal concludersi senza esiti, l'avventura di Homo erectus, le sue realizzazioni tecnologiche e il suo modo di vita rappresentano, in quella continuità senza cesure che costituisce l'essenza della storia dell'Uomo, la premessa essenziale per la successiva evoluzione culturale della nostra specie.


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