§ IL RISORGIMENTO ITALIANO A MALTA

LA POESIA DELL'ESILIO




Oliver Friggieri



La visita di Garibaldi
Il "Valletta" portò Garibaldi nell'isola il 23 marzo 1864; c'erano con lui otto persone, tra le quali i figli Menotti e Ricciotti. Quattro anni prima Garibaldi e i Mille erano giunti a Marsala, avevano preso Palermo e sconfitto i Borboni in tutte le parti della Sicilia, all'infuori di Messina, Poi avevano attraversato lo Stretto di Messina ed erano entrati a Napoli, con grande successo. Tutto questo era ben noto al pubblico maltese. Le accoglienze date al Generale ebbero una portata nazionale; vi presero parte la stampa, la sezione più eletta della popolazione, la comunità inglese e i residenti liberali italiani. La stessa sera del 23 il Corriere mercantile pubblicò la seguente ottava, che mette in rilievo l'accoglienza offerta dai maltesi:

Veder bramavi il popolo maltese?
Due soli giorni, e n'hai l'idea compita.
Pronto mai sempre a rovesciar le offese
contro chi a torto il suo disdegno incita,
calmo e severo, energico e cortese,
di cor bollente e sobrio nella vita,
ieri punisce il vile insultatore,
oggi con Garibaldi è tutto il cuore.

Il Mediterraneo, Malta times and united service gazette, The Maltese observer e altri giornali gli riservarono una accoglienza entusiastica. Nelle manifestazioni tenute nei due giorni del suo soggiorno ebbero una parte di rilievo vari intellettuali maltesi, tra i quali gli scrittori in lingua italiana Ramiro Barbaro di San Giorgio e Zaccaria Roncali. Nello stesso anno il Barbaro pubblicò una relazione piena di ardore sulla visita (1).
Ruggero Sciortino, consigliere di governo, pronunciò un discorso al quale Garibaldi rispose così: "I maltesi dovrebbero molto amarmi, perché molto li ho sempre amati, per la loro ospitalità a pro dei fratelli italiani e per il loro eroismo storico". Il popolo accorreva numeroso all'occasione e il generale salutò la grande folla che lo applaudiva al grido di "Viva Garibaldi! Viva l'Italia!". Agenti borbonici, tra cui ex-poliziotti siciliani, tentarono, senza successo, di organizzare una controdimostrazione.
Ramiro Barbaro di San Giorgio stilò un indirizzo di saluto che fu sottoscritto da centinaia di maltesi. Garibaldi rispose con le seguenti parole: "Mando una parola d'addio e di riconoscenza alla brava popolazione maltese, e l'accerto che giammai nella mia vita oblierò la fraterna accoglienza di cui volle onorarmi". Innumerevoli e distinti maltesi visitarono il Generale, e furono presentati a lui da Nicola Fabrizi e dal ribelle maltese Emilio Sceberras, amico di Mazzini. Un'ultima grande ovazione gli fu tributata quando lasciò l'isola a bordo dei "Ripon", il 24 marzo (2).

Gli ultimi esuli
Caduta la monarchia borbonica, in seguito alla spedizione dei Mille, sudditi siciliani e napoletani, nobili legittimisti e altri abbandonarono il proprio paese ed emigrarono negli Stati più vicini. Malta ne attirò una gran parte. Nel primo periodo dopo la presa di Palermo da parte delle milizie garibaldine, vi giunsero molti legittimisti che appartenevano alla nobiltà siciliana. Ma quando sopraggiunse il crollo finale, quasi tutti passarono nella capitale pontificia con l'intento di partecipare in qualche modo ad una restaurazione borbonica. Dopo il 1860, gli emigrati siciliani a Malta si riducevano a poche unità, e nell'estate 1864 i legittimisti erano circa venti (3).
Tra gli esuli che cercavano rifugio dopo la formazione del Regno d'Italia, c'era Gaetano Corleo, scrittore e poeta. Nel 1865 gli fu affidata la carica d'insegnare lingua e letteratura italiana nel Convitto Ginnasio S. Giuseppe in Valletta, e nel 1868 gli fu affidata la cattedra di lingua e letteratura all'università fino al 1905. Scrisse odi e canzoni, fra le quali una "In morte del prof. G. A. Vassallo", poeta maltese (4).
Un caso molto interessante a proposito dei rapporti tra esuli e maltesi, e anche tra letteratura italiana e letteratura maltese in questo periodo, è quello di Giuseppe Folliero de Luna, poeta, scrittore e musicista che fece molte apparizioni nell'isola prima di decidere di prendervi stabile dimora, e infatti vi morì nel 1894. Legittimista e sostenitore del potere temporale del Papa (5), verso il 1850 ricevette a Malta la carica di Vice Console e poi di Console Generale delle Due Sicilie, ma dopo la caduta borbonica partì in esilio. L'esilio è argomento di una sua opera poetica intitolata "L'Italiade-Canto di un esule napoletano alla patria sperante", mentre a Malta pubblicò varie opere (6).
Ma il lavoro più significativo è un romanzo che scrisse in lingua maltese, "Elvira jew mhabba ta' tirann". Nell'introduzione al libro, tra le altre cose, fa un'apologia del linguaggio italianeggiante che adopera e dichiara di essere maltese, benché fosse sempre considerato napoletano: "Ghalchem jena imuieled Malta, izda cont ghadni zghajr meta sifirt biex nghamel li studji tighi fl'estru u uiehed jista jissoponi illi f'pajis fejn hatt jeu quasi hatt ma jitchellem il-Isien malti hua uisk facili illi uiehed jispicca jinsieh. Pero' jena ma inseitix ghal kollox il lingua maltia u meta tliet snin ilu argiajt geit gio dina il gzira cont ghadni nista nitchellem tajjeb jeu hazin" (7).

La difesa dell'italianità
Al termine del mandato del Governatore Sir Arthur Borton (1878-1884), il governo britannico decise di inviare a Malta Sir Penrose Julyan e Patrick Keenan, il primo ad investigare sulle istituzioni civili, e l'altro ad analizzare il sistema educativo. Penrose Julyan, oltre alla vita civile, studiò altresì la possibilità, suggeritagli dal Segretario di Stato, di promuovere l'uso della lingua inglese come lingua ufficiale dell'isola, particolarmente nel Servizio Civile, nelle scuole di governo, nel Consiglio di Governo e nelle Corti di giustizia. Gli pareva che fosse deplorevole che nel corso di circa ottant'anni, da quando cioè Malta faceva parte dell'Impero britannico, non si fosse fatto alcuno sforzo per diffondere la conoscenza dell'inglese. A suo parere, l'incoraggiamento costante dato all'italiano si era trasformato in un mezzo con cui gli agitatori politici trovavano facilità "a guadagnare adepti alla loro teoria che i maltesi, quantunque di razza e di temperamento differenti, sono più affini agli italiani, e dovrebbero desiderare di essere uniti all'Italia, piuttosto che alla Gran Bretagna" (8).
Patrick Keenan, pur riconoscendo la diffusione dell'italiano nell'isola tanto nella cultura quanto nelle scuole, condannò tutto, in modo particolare il sistema educativo e, mentre concesse una minima importanza al maltese, mantenne fermo il principio che tutti dovevano sforzarsi di imparare l'inglese e che questo doveva essere adottato come lingua principale del Paese, specialmente nelle scuole (9).
Il movimento politico maltese, diretto da uomini che credevano con tutte le loro forze nell'antichità della tradizione italiana, anzi che il popolo maltese fosse un popolo italiano (10), non poteva accettare le nuove misure suggerite, e l'agitazione cominciò a manifestarsi e ad assumere nuove dimensioni. In quel periodo si era formato il partito "antiriformista", diretto da Fortunato Mizzi, con l'intento di combattere le riforme progettate da Julyan e da Keenan. li concetto dell'italianità dell'isola fu propagato più che mai quando apparve sulla scena politica il Mizzi, noto come il "padre della patria", cioè nel 1880 quando fu nominato come uno dei rappresentanti del popolo nel Consiglio di Governo. L'agitazione politica cresceva anche all'ombra di questo "pretesto" linguistico; nella commemorazione della vittoria storica dei maltesi contro i turchi (1565), tenuta l'8 settembre 1882, un oratore gridava in piazza San Giorgio, a Valletta: "Malta è dei maltesi, fuori lo straniero!" (11). Fu il grido, tante volte ripetuto dai ribelli della penisola, destinato ad orientare i politici maltesi, soprattutto quelli che credevano con fervore nell'italianità tradizionale e nel pericolo futuro di rompere la continuità storica.
Nel 1887 Mizzi e Gerald Strickland, uno dei politici maltesi più importanti del tempo, si recarono a Londra per ottenere la riforma della Costituzione, mentre il governatore scioglieva, come tante altre volte, il Consiglio di Governo. La Costituzione promulgata con le Lettere Patenti del 12 dicembre 1887 concedeva maggiori libertà ai rappresentanti del popolo nel Consiglio (12), ma fu emendata nel 1891 e nel 1894, sminuendo gradatamente i privilegi concessi al Consiglio.
Quando i membri eletti, in seguito a controversie, elezioni, dimissioni e rielezioni, non approvarono il voto dell'educazione, perché reclamarono il sistema del "pari passu" per le due lingue - mentre il governo rifiutò di rinunciare al principio della libera scelta della lingua nei primi anni di scuola - il governo britannico ritirò la Costituzione e poi la sostituì con quella del 1903. Come misura di protesta, i membri eletti ricorsero ripetutamente alla politica dell'astensionisino. Nel 1910, ad esempio, fu necessario ricorrere a cinque elezioni generali (13).
Le misure del governo inglese dirette alla diminuzione dell'importanza dell'italiano, specialmente nelle Corti e nelle scuole, e all'introduzione dell'inglese, suscitarono nuove controversie. I giornali di quei decenni sono saturi di confessioni ardenti di italianità e furono anche scritti vari libri da maltesi e da italiani, tutti partendo dalla stessa premessa storica (14). La questione creò un contraccolpo anche sui giornali e sulle riviste italiane che trattarono estensivamente il problema.
Il 19 dicembre 1901 un gruppo di intellettuali, politici e scrittori maltesi, tutti difensori della cultura italiana nell'isola, fondarono un nuovo movimento, la "Giovine Malta", un'imitazione, tanto nel nome quanto negli ideali che promisero di abbracciare, della società mazziniana (15).
La maggior parte dei membri erano mizziani (16).
L'entusiamo che si associa alla vita degli esuli italiani nell'immediato passato risale alla superficie nella descrizione che La gazzetta di Malta pubblicò della cerimonia inaugurale: "Arturo Mercieca (17) lesse un bellissimo discorso [ ... ]. Questo discorso fu frequentemente interrotto, quasi ad ogni proposizione, da fragorosi e prolungati applausi, da grida di "bravo", e da promesse di cooperazione per raggiungere il descritto ideale. Pregato, parlò il presidente Dott. Fortunato Mizzi. Parlò quindi il sign. Giuseppe Howard (18) e disse che nessun popolo poteva riscuotersi dalla schiavitù senza sacrifici e che quando il paese avesse avuto bisogno di vittime, egli sarebbe stato pronto a sacrificare la sua vita per la patria. Ragionava a lungo dello stato del paese e della necessità di "rompere le catene della schiavitù"".
Più significativo è il discorso del Mercieca, saturo di dichiarazioni di coraggio e di idealismo romantico, costruito alla luce della lotta politica e culturale della patria. Nel discorso si sente la stessa impostazione eroica che adottò nelle sue poesie in italiano: "Già nei recenti moti del nostro risorgimento da un'età cascante nella sonnolenza dell'indifferentismo, io sentiva con ineffabile compiacimento germinare nella gioventù maltese una virtù, fin'ora latente, che tendeva man mano ad esprimersi, a maturarsi, ad affermarsi fervorosa e possente [ ... ]. Malta [ ... ], situata nel centro dell'incivilimento europeo, attratta potentemente dalle vorticose correnti di progresso e di civiltà che tumultuano tutto attorno, non poteva rimanere più a lungo spettatrice fredda ed inerte. E già da tempo contemplava con invido sguardo quelle nazioni fortunate dove, per iniziativa di illuminati governi e coi favori di illustri mecenati, fioriscono e frondeggiano benemerite opere di cultura [ ... ]. Anche fra noi una incalcolabile forza di ingegni e di idealità si cela nell'ombra; dormono nell'ombra i germi delle future battaglie e delle fedi che animeranno il nostro avvenire [ ... ]. Il nostro circolo è inteso segnatamente a promuovere l'amore e lo studio della lingua e delle lettere italiane, e insieme a fomentare il culto e la religione della patria [ ... ]. I maltesi non si acconceranno mai a vedere esulare dai loro lidi il linguaggio più bello e musicale che voce umana abbia mai pronunciato, quel linguaggio schietto come l'aria pura, soave e voluttuoso come il nostro miele, che esprime tutto ciò che è ineffabilmente gentile e triste [ ... ].
Noi non rinunzieremo giammai a quell'idioma che ci fa con orgoglio dir nostre l'arte divina di Dante e del Manzoni, che ci fa seguire con interessamento le lotte recenti e le vittorie di Gabriele D'Annunzio come fossero quelle di un nostro fratello [ ... ]. Noi [ ... ] continueremo [ ... ] con tutto il valore [ ... ] a caldeggiare lo studio della lingua e delle lettere italiane. Mercè una reciprocità generosa dei suoi membri, il circolo ne provvederà quei libri e quelle rassegne che varranno a metterci a giorno delle continue evoluzioni e dei progressi dell'arte italiana [ ... ]. L'idea della patria non è morta! Essa rimane sempre quella pura e sublime dominatrice dei cuori, che ispira i nobili entusiasmi, che suggerisce le grandi gesta, per cui si vive lottando, per cui gloriosamente si muore [ ... ]. E bene lo abbiamo provato noi maltesi nel recente scoppio di salutare risveglio, e bene lo sentiamo adesso che proseguiamo impavidi una lotta elevata e santa.
Perché Malta è la nostra patria! e noi la amiamo! e più la si oltraggia e vilipende e più il nostro affetto per lei cresce e giganteggia! Ben più alti ideali arridono a noi; un avvenire più lieto si prepara per la nostra patria [ ... ]. Gettiamo uno sguardo ai nostri coetanei all'estero e raccogliamo quell'utile incitamento, che ci offre l'esempio" (19).
Lo spirito risorgimentale italiano, intrecciato alla disposizione poetica del Mercieca, un letterato romantico, si fa vedere sotto vari aspetti: la visione dei moti politici e culturali maltesi come un "nostro risorgimento"; la ribellione contro la tirannia del dominio coloniale e l'ansia per la ,.santa" liberazione della patria; l'intimo legame tra tradizione culturale, particolarmente letteraria, e movimento di emancipazione politica; la fiducia nei giovani liberali; la consapevolezza dell'attività dei patrioti all'estero e il desiderio che il movimento locale vada avanti sulle loro orme; il riconoscimento della necessità di trovare il duplice metodo, di ascendenze mazziniane, di istruzione popolare e di pianificazione matura; la concezione della patria come culmine di ogni idealità.
Tutti questi motivi continuavano ad essere espressi con forza emotiva e declamatoria nella poesia italiana di vari poeti maltesi - Lorenzo De Caro (1817-1853), Paolo Cesareo (1844-1928), Antonio Dalli (1864-1948), Salvatore Castaldi (1856-1904), Giuseppe Mizzi (1873-1937), Luigi Arnaldo Randon (1876-1928), Vincenzo Frendo Azzopardi (1895-1955), Carmelo Mifsud Bonnici (1897-1948), Filippo Nicolò Buttigieg (1881-1969) - che si tuffarono nel mare della lotta nazionale, e non separarono il compito artistico dalla sfida politica, anzi tradussero la parola in un'arma, e invece della distillazione di sentimenti personali cercavano di evidenziare l'invito alla partecipazione patriottica.
Le manifestazioni di adesione all'italianità non mancarono. Ad esempio, nel 1905 una comitiva di studenti maltesi si recò a Catania e a Messina. In quell'occasione il Pascoli compose l'ode latina "Ad sodales Melitenses" che fu consegnata agli studenti; più tardi, il poeta inviò la traduzione italiana e accanto alla poesia scrisse di suo pugno: "L'Italia vuol mantenere i suoi diritti; vuol conservare o magari accrescere le sue conquiste ideali. Il pensiero è la sua spada e l'idioma il suo scudo". Nel 1901 una comitiva di settecento maltesi si recò a Noto, in Sicilia, e fu accolta cordialmente; il capo del gruppo dichiarò in un suo discorso: "Siamo italiani, e italiani vogliamo rimanere a costo di perdere tutto, anche la vita. Il diritto e la ragione ci assistono [ ... ]. Siamo italiani. Ce lo dice la Religione che professiamo e soprattutto ce lo dice la lingua che parliamo e che vorrebbero togliere dalle nostre labbra" (20).

La conquista dell'autonomia costituzionale
Nel 1905 si costituì l'"Associazione politica maltese", diretta da Ignazio Panzavecchia, che poi nel 1910 fu chiamata "Comitato patriottico maltese" (21), sempre con lo scopo di ottenere per il popolo una Costituzione che concedesse maggiori poteri ai membri eletti. Alla fine della prima guerra mondiale, Filippo Sceberras e altri politici sentivano che era giunto il momento per insistere per i diritti nazionali. Esistevano, così, due gruppi distinti (22). Lo Sceberras, dunque, scrisse una lettera sul Malta del 23 novembre 1918, e lanciò un appello all'unità delle forze e alla determinazione collettiva. Gruppi politici, società culturali e altre entità, capeggiati dalla "Giovine Malta", cominciarono a inviare le loro adesioni; più tardi venne quella del "Comitato patriottico" del Panzavecchia. Vari uomini illustri e di cultura, come i poeti Luigi Arnaldo Randon e Vincenzo Frendo Azzopardi, vi si associarono in breve tempo.
La delusione nazionale si tradusse in un movimento che si pronunciò con decisione: "Noi vogliamo una costituzione ampia e liberale degna d'un popolo civile [ ... ]. A tutte coteste magagne uno solo è il rimedio: la libertà [ ... ]. Gli italiani l'acquistarono con le prigioni e col patibolo; e noi, ora che i tempi sono cambiati e spira per tutto il mondo un'aura calda e pregna di pensieri liberi, l'acquisteremo con la nostra compattezza, col carattere e con la lealtà" (23). Tutta la speranza del popolo era nella capacità dell'Assemblea: "A voi, maltesi di ogni classe e condizione, spetta di guardare attenti a quello che sarà deciso dalla patriottica Assemblea, nella quale tutti voi sarete rappresentati [ ... ]. Il tempo di fare il nostro dovere è giunto e la parola d'ordine è partita dal benemerito Dott. F. Sceberras" (24).
Nella riunione tenutasi il 25 febbraio 1919 nella sede della "Giovine Malta" in Valletta, la folla scelse unanimemente Sceberras come presidente ed Enrico Mizzi, figlio di Fortunato, come segretario dell'Assemblea. I due gruppi, i panzavecchiani e i mizziani, dimenticarono le loro differenze e cercarono di arrivare a decisioni unanimi. Grandi masse diedero prova della loro solidarietà con la politica dell'Assemblea, "contro una amministrazione irresponsabile, che si va rendendo intollerabile nel Paese" (25).
Si era deciso di chiedere al Re d'Inghilterra di concedere una forma di governo secondo i princìpi di libertà e di giustizia della Costituzione britannica, aprendo così la via all'acquisto di una totale autonomia amministrativa. Il 20 maggio 1919 lo Sceberras fu informato dal governo britannico che erano state date istruzioni al Governatore Plumer di accertare i modi con cui il popolo maltese avrebbe potuto avere una maggiore libertà governativa senza mettere in pregiudizio gli interessi imperiali. Di conseguenza l'"Assemblea nazionale maltese" formò una commissione rappresentativa per formulare una Costituzione e sottoporla al Governatore (26).
Lo scontento popolare fu enorme. L'indice del costo della vita salì, e il governo non procurò di sussidiare il pane e il cibo necessario. Il 27 maggio 1919 i lavoratori dell'arsenale scioperarono per protesta contro le condizioni di lavoro; nell'arsenale, ad esempio, erano troppo evidenti le differenze di trattamento dato agli inglesi e ai maltesi. Migliaia di lavoratori temevano di perdere l'impiego (27). In questo periodo Manwel Dimech, una persona che suscitò varie controversie a causa del modo in cui reagì contro le autorità britanniche (il 5 settembre 1914 era stato mandato in esilio a Sidi Bishr, vicino a Xatbi, in Alessandria) e contro le autorità ecclesiastiche (che gli avevano inflitto la scomunica nel 1911), creò un movimento popolare a favore dell'emancipazione intellettuale, politica e sociale del Paese. Nel suo giornale, Il-bandiera tal-Maltin, proclamò ripetutamente la necessità di coltivare e di diffondere la lingua maltese come mezzo di identità e di istruzione collettiva, e adoperando un linguaggio irruente e vigorosamente oratorio, ma del tutto affine al parlare quotidiano, incitò i cittadini a insorgere contro il dominio straniero e a combattere per i diritti nazionali (28). Ma il Dimech, tenendosi al di sopra dei gruppi politici, e dichiarandosi nemico delle forze conservatrici, non poteva realizzare il proprio ideale. In ogni caso, la sua ideologia, ispirata a movimenti stranieri, ebbe durevoli ripercussioni (29).
La tensione nazionale condusse alla ribellione del 1919. L'Assemblea doveva radunarsi il 7 giugno 1919. La capitale era gremita di gente che non indugiò a manifestare la propria rabbia, schernendo vistosamente le bandiere britanniche dovunque si vedessero, lanciando sassi in direzione del palazzo del Governatore e sfasciando la tipografia della gazzetta imperialista Daily Malta Chronicle. Ad un tratto intervennero i soldati inglesi armati di baionette che corsero in mezzo alla folla e uccisero tre uomini (30).
Nel settembre 1919 il sottosegretario di Stato per le colonie, Amery, visitò l'isola e annunciò la decisione di concedere una nuova Costituzione. Dichiarò pure che era giunto il momento di affidare al popolo maltese il controllo totale degli affari interni. In un dispaccio del 28 maggio 1920 Lord Milner, segretario di Stato, spiegò che la sostanza della Costituzione giaceva nella concessione di una completa responsabilità maltese in sede legislativa e amministrativa. Il 30 aprile 1921 le Lettere Patenti furono promulgate dal Governatore e il 1° novembre 1921 il principe di Wales inaugurò il primo Parlamento maltese (31).

(3 - Fine)


NOTE
1) R. BARBARO DI SAN GIORGIO, Garibaldi in Malta, Catania, A. Pastore, 1864.
2) V. LAURENZA, Garibaldi a Malta, "Archivio Storico di Malta", III, fasc. I-IV, senza data.
3) E. MICHEL, Emigrati borbonici a Malta 1864-1866, "Archivio Storico di Malta", II, fasc. IV, 1931, pp. 210-212.
4) L. SCHIAVONE, Esuli italiani a Malta durante il Risorgimento, Malta, Società Dante Alighieri, 1963, pp. 131-132.
5) Cfr. Del potere temporale dei papi e dell'Italia rispetto al pontificato romano, discorso di G. Folliero de Luna da Napoli, Malta, G. Grech e Co., 1849.
6) La lista delle sue opere include Studi critici sul restauro dell'antico dipinto dell'abside della chiesa di S. Giovanni in Valletta, Malta, Tip. del Portafoglio Maltese, 1868; La Chisciottiade - poemetto bernesco, Malta, F. G. Caruana, 1872; Brevi rime seguite da tre saggi di poesia francese, Malta, Gpe. Maistre, 1883.
7) Elvira jew imhabba ta' tirann, rakkont storiku originali, Malta, S. Formosa, s.d., p. 4.
8) P. G. JULYAN, Report on the civil establishments of Malta, London, W. Clowes & Sons 1879, par. 308, p. 56; cfr. anche par. 311, p. 57.
9) P. J. KEENAN, Report upon the educational system of Malta, Dublin, Alexander Thom, 1879, pp. 91-94 e passim.
10) Cfr. In difesa della civiltà italiana a Malta - Raccolta di articoli di fondo del "Malta", organo del Partito Nazionale Maltese, a cura di A. Scicluna Sorge, Livorno, R. Giusti, 1931, passim.
11) E. ROSSI, Lingua italiana, dialetto maltese e politica britannica a Malta, Livorno, R. Giusti, 1929, p. 71.
12)A. V. LAFERLA, British Malta, II, Malta, A. C. Aquilina & Co., 1947, p. 65.
13) H. GANADO, Rajt Malta Tinbidel, I, Malta, Il-Hajja, 1974, p. 195.
14) Cfr. A. CINI, La libera scelta ossia la questione della lingua in Malta secondo il Decreto Legge del 26 settembre 1901, Siracusa, Tip. del Tamburo, 1901; La grande mistificazione del Sig. Chamberlain ossia il valore delle concessioni fatte dall'Inghilterra a Malta ed all'Italia nella questione della lingua, Malta, 1902; La riconciliazione sulla questione della lingua ossia un disegno di riforma degli studi ginnasiali, Malta, Tip. del Malta, 1903: Origine e progresso della lingua italiana in Malta ossia la lingua nazionale dei maltesi, Catania, G. Russo, 1903 (2ª ed. 1931); B. CELLINI, Malta e la politica stricklandiana, Livorno, R. Giusti, 1931; P. FEDELE-R. VALENTINI, Per la storia dell'italianità di Malta nel Medio Evo, Roma, Sede dell'Istituto Palazzo dei Filippini, 1940; E. M. GRAY, Le terrenostre ritornano - Malta-Corsica-Nizza, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1940; A. SCICLUNA, SORGE, Malta: visione storica, sintesi politica, Livorno, R. Giusti, 1932; T. ANDREUCCI, La lingua italiana e la cultura a Malta, Napoli, Hermes, 1935; C. MALLIA, L'ultima fase della questione linguistica in Malta, Malta, Chretien & Co., s.d.; E. ZAMMIT, La questione della lingua a Malta a cospetto degli italiani, Siracusa, 1900.
15) Mazzini fondò il suo gruppo rivoluzionario dopo la prigionia del 1830, con l'ideale di unire le forze nella costruzione di una repubblica italiana.
16) H. GANADO, op. cit., p. 205.
17) Il Mercieca (1878-1969), co-fondatore della "Giovine Malta", collaborava a diverse riviste letterarie e culturali e fu attivissimo nel campo politico. Assiduo sostenitore della cultura italiana a Malta, ha lasciato varie opere, le più importanti delle quali sono Canti dell'esilio (1946) e Le mie vicende (1947).
18) Howard diventò più tardi primo ministro dell'isola (1921-1923).
19) La Giovine Malta, in "La Gazzetta di Malta", 20 dicembre 1901, pp. 2-3. Cfr. anche S.L., La Giovine Malta, "Malta", serie romana, 15 settembre 1942, p. 3.
20) E. ROSSI, op. cit., pp. 80-81; O. F. TENCAJOLI, Poeti maltesi d'oggi, Roma, Angelo Signorelli, 1932, pp. 122 e 211-212.
21) H. GANADO. op. cit., p. 196.
22) Ibid., p. 198.
23) G. GAUCI, Per la libertà, "Malta", 20 febbraio 1919, p. 1.
24) Il Comitato Patriottico, Appello patriottico alla vigilia della riunione dell'Assemblea Nazionale, "Malta", 21 febbraio 1919, p. 1.
25) G. MIZZI, L'ora solenne, "Malta", 26 febbraio 1919, p. 1. Giuseppe Mizzi fu tenace giornalista e direttore del "Malta" (1910-1927), ma è più noto come poeta patriottico in lingua italiana.
26) A.V. LAFERLA, British Malta, II, Malta, A.C. Aquilina & Co., 1947, pp. 220-22 1.
27) H. GANADO, op. cit., pp. 208-213.
28) X'naghmlu Maltin?, "Jl-Bandiera tal-Maltin", 10 giugno 1899, p. 1.
29) Sulla vita, il pensiero e l'attività politica del Dimech cfr. H. FRENDO, Lejn tnissil ta' nazzjon, Malta, Klabb Kotba Maltin, 1971 e Birth pangs of a nation - Manwel Dimech's Malta, Malta, Mediterranean Publications, 1972, e G. AZZOPARDI, X'garrab Manwel Dimech, Malta, Union Press, 1975.
30) H. FRENDO, Ir-rivoluzzjoni Maltija ta' l-1919, Malta, Empire Press, 1970, pp. 17-28.
31) A. V. LAFERLA, op. cit., pp. 226-238.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000