IL MIRACOLO IRLANDESE




Beatrice Rangoni Machiavelli



Fino a qualche anno fa, l'Irlanda era considerata una delle "regioni svantaggiate" d'Europa, con un reddito pro capite di parecchio inferiore a quello del Mezzogiorno italiano. Ma dal 1992 al 1996 la crescita media del suo Pil è stata di oltre il 5%, mentre tutti gli altri Stati membri dell'Ue sono sotto il 2%, con l'eccezione della Gran Bretagna, che lo supera di poco.
Cosa ha determinato una così rapida e favorevole inversione di tendenza? Prescindendo dal fatto che l'Irlanda dispone di una delle migliori burocrazie esistenti e di una lingua universale come l'inglese, un'intelligente politica governativa ha messo in opera iniziative e programmi in grado di offrire una serie di vantaggi a chi vuole intraprendere in Irlanda:
- massima flessibilità di una forza lavoro giovane e qualificata;
- tasse leggere (massimo 10% fino al 2010);
- buone infrastrutture industriali ed eccellenti telecomunicazioni;
- facilità di reperimento dei capitali e prestiti agevolati per la ricerca e la formazione;
- accesso rapido e senza dogana ai 370 milioni di consumatori del mercato europeo;
- costo del denaro contenuto (Prime rate, 6,125%);
- moneta stabile;
- basso tasso d'inflazione (2,4%).
Questa "ricetta" per lo sviluppo di un Paese povero ed eminentemente agricolo è stata presentata e discussa con 30 Presidenti delle maggiori banche europee e statunitensi, invitati dal Primo ministro irlandese in quanto depositari di capitali da investire e tramite con gli operatori economici. La ricetta ha funzionato e oggi oltre mille industrie, imprese e società di servizi si sono stabilite in quella che viene chiamata "tigre celtica" d'Europa, dove chi investe ottiene un rendimento ottimale. Gli Stati Uniti hanno concentrato in Irlanda il 25% dei loro investimenti manifatturieri, con 430 società. La Germania ha 180 imprese, 165 ne ha l'Inghilterra e 330 provengono da altri Paesi.
Tutto ciò si deve alla politica governativa orientata a favorire lo sviluppo economico assicurando servizi della più alta qualità, da quelli bancari a quelli logistici, dai trasporti alle più sofisticate telecomunicazioni. Inoltre, l'Irlanda ha un sistema educativo considerato il migliore d'Europa per un'economia competitiva. Interessante notare che, nell'ordine, seguono il Benelux, la Germania e la Francia, e che purtroppo l'Italia non compare nemmeno nella classifica.
E' dal 1990 che il Centro Internazionale di Servizi Finanziari (Ifsc) di Dublino viene considerato come una delle migliori strutture del settore. Le società e le industrie che desiderano avvalersene per il loro commercio internazionale trovano tasse ragionevoli, un ambiente efficiente per gli affari e molte proposte interessanti e remunerative. Le imprese che si sono stabilite in Irlanda operano in una vasta gamma di settori. Tra i principali:
- elettronica: semiconduttori, personal computer, telecomunicazioni;
- meccanica: componenti per l'automazione, aerospazio, ingegneria industriale;
- sanità: servizi medicali, prodotti ospedalieri e farmaceutici;
- industria moda e tempo libero;
- servizi finanziari: banche, assicurazioni, crediti agevolati;
- servizi internazionali: telex, software, multimedia, contabilità e amministrazione.
Alcune sono piccole e medie imprese che, per la prima volta, si stabiliscono al di fuori del loro mercato nazionale, altre sono grandi multinazionali che desiderano espandere la loro attività in Europa.
L'Ida (Industrial Development Agency) è l'agenzia istituita dal governo per promuovere lo sviluppo industriale dell'Irlanda. Essa assicura la massima assistenza a chi vuole stabilirvisi, offrendo una serie di supporti molto competitiva. L'Ida eroga i suoi servizi avvalendosi di qualificati specialisti del settore industriale e produttivo che operano nelle sue 15 sedi, dislocate in tutto il mondo. Sei sono negli Usa; quattro in Europa (Amsterdam, Düsseldorf, Londra e Stoccarda); una a Tokio, Hong Kong, Seul, Formosa e Sydney.
Un altro settore trainante dell'economia irlandese è costituito dal turismo, che rappresenta la quarta fonte, in ordine di importanza, di valuta estera. Il turismo fornisce il 6,4% del Pil e un posto di lavoro su dodici. Nel '95 si sono avuti oltre quattro milioni di visitatori provenienti per la maggior parte dall'Europa continentale, per un volume d'affari doppio rispetto al 1988. Il governo ha approvato il programma per il turismo 1994-99, con un investimento senza precedenti, proveniente sia dal settore pubblico che da quello privato e, soprattutto, dall'Ue.
Il "miracolo" irlandese ha potuto realizzarsi anche per il più sostanzioso contributo dei finanziamenti dell'Ue, che hanno potuto essere utilizzati al massimo per la validità e l'efficacia dei progetti e dei programmi proposti. Non c'è quindi da meravigliarsi se oggi l'Irlanda figura tra i primi Paesi che soddisfano i parametri di Maastricht e che l'ingresso nell'Uem sia la priorità del programma di governo. La classe dirigente politica, economica e sindacale italiana dovrebbe riflettere a lungo su quel che ha reso possibile la trasformazione dell'Irlanda da isola depressa a "tigre celtica" dell'Europa.
Anche le piccole e medie imprese del Nord-Est italiano sono riuscite a compiere un miracolo analogo in una regione agricola che all'inizio del secolo era tra le più povere e le più devastate dall'emigrazione, mentre oggi è divenuta una delle cosiddette "Coree" d'Europa. E tutto ciò senza poter contare su una burocrazia efficiente, su infrastrutture adeguate, su finanziamenti agevolati, su una manodopera flessibile e a basso costo e su una contenuta pressione fiscale.
Molti dei problemi che l'Irlanda sta cercando di risolvere sono paragonabili a quelli che continuano ad affliggere il Mezzogiorno italiano. E' vero che i nostri sono aggravati dalla mancanza di una burocrazia efficiente, e soprattutto dalla presenza opprimente della criminalità organizzata. Ma è altrettanto vero che l'ottimo clima, la ricchezza ineguagliabile del patrimonio artistico, culturale e ambientale, le potenzialità non sfruttate a pieno di un artigianato che è tra i migliori del mondo e, soprattutto, l'intelligenza creativa di cui gli italiani sono dotati in misura maggiore degli altri popoli, potrebbero costituire la base per un rilancio delle nostre regioni più depresse.


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