ALLA RICERCA DELL'ARPA PERDUTA




Sergio Bello



Viggiano, in provincia di Potenza, oggi conta circa duemila abitanti. Un giorno ne ha avuti settemila. Un paese come tanti altri del Sud, col suo carico di memorie storiche, delle quali sarebbero rimaste scarne tracce, se non vi fosse emersa una vicenda più unica che rara: una quarantina di anni fa, un boy-scout, girando per le campagne, trovò in un casolare diroccato un pacco di carte ingiallite. Tornato a casa, cominciò a ricopiare diligentemente quanto vi era scritto: erano note musicali, notazioni in margine, poesie. Anni dopo, si diplomò in musica e divenne insegnante. Aldo Bellipanni questo il suo nome - sarà docente al Conservatorio di Benevento di Didattica della Musica.
Da docente, riprese quei quaderni, corresse gli errori di copiatura, aggiunse le note che mancavano e scoprì una musica sconosciuta. Assemblò un gruppo musicale e la propose come realizzata da un "Anonimo del '700", ovviamente viggianese, dal momento che i riferimenti dei titoli di molte composizioni indicavano luoghi precisi del centro lucano. Nacque così, per caso, uno dei più interessanti capitoli della storia musicale del Sud. Alla fine del XVIIII secolo a Viggiano esisteva già un fiorente artigianato di costruttori di strumenti musicali: violini, ciaramelle, flauti, ma soprattutto arpe, realizzati da valenti maestri nell'arte del legno. I viggianesi erano già famosi, all'epoca, per i loro canti. Si trattava di gruppi di suonatori vagabondi, formati da sei o sette elementi che andavano suonando per il mondo. Poi tornavano in paese, con i guadagni che assicuravano loro una serena vecchiaia. Ma si trattava anche di valenti liutai: le arpe di Viggiano erano famose in gran parte d'Europa, anche perché avevano la particolarità di essere trasportabili a spalla e suonate mentre si camminava.
All'inizio erano piccoli strumenti, portatili, appunto; col tempo, sempre mantenendo la caratteristica di una cinghia per il trasporto a spalla, divennero più grandi, comunque tendendo 37 corde. Arpe di questo tipo sono state localizzate in tutto il mondo: sulle Ande, negli Stati Uniti, in Russia, in Cina, in Australia, al Cairo, a Città del Capo. Da Viggiano si muovevano un centinaio di formazioni, che si pagavano il biglietto delle navi cantando e suonando. Erano una sorta di zingari della musica. Ciascuna formazione si componeva in genere di una chitarra, un'arpa, un violino, una ciaramella, un tamburello e un ragazzo che cantava, fornito di triangolo. Si portavano così in giro per il mondo le canzoni napoletane, ma anche un repertorio di arie celebri di Verdi, Mercadante, Cimarosa, di altri noti compositori, oltre ovviamente alle canzoni popolari viggianesi. Era tale la notorietà di questi gruppi che in pieno '800 e nei primi anni del nostro secolo ci fu una vera e propria tratta dei bambini viggianesi, che venivano ceduti per cantare e suonare l'arpa nel saloni dei barbieri inglesi e tedeschi.
Niccolò Ramagli, nel suo libro Nel cuore del Sud, ricorda di aver conosciuto tre virtuosi del violino: Nicola De Lorenzo e Antonio Gerardi, che suonavano alla Boston Sinphonie, e Saverio Messina, che lavorava nell'orchestra filarmonica di New York diretta da Arturo Toscanini. Parla inoltre del maestro Candela, docente presso il Conservatorio di Parigi. Tra gli arpisti c'erano Prospero Miraglia, della Washington Sinphonie e membro dell'Orchestra di Chicago; Giuseppe Pizzo, dell'Orchestra Sinfonica di Baltimora; e cento altri nomi, tutti collocati alla fine del secolo e agli inizi del '900 nelle maggiori orchestre del mondo come flautisti, violinisti, arpisti, cantanti. Molti di costoro, diventati celeberrimi, si stabilirono all'estero e si dedicarono all'insegnamento. I maestri liutai erano particolarmente apprezzati dai Borbone: molti vennero decorati con medaglie d'oro dell'Istituto di Incoraggiamento per la perfezione degli strumenti realizzati. Poi vennero il terremoto del 1857, l'Unità d'Italia e le emigrazioni, o meglio la diaspora nel mondo. Comunità viggianesi sono ora un po' dovunque: duemila persone sono a Sidney, altre migliaia a New York, in Canada, in Sudamerica, in Russia, in Africa e persino in Estremo Oriente. Dappertutto hanno portato le arpe e la loro splendida musica, dolce o amara, comunque musica nata nell'avara terra del Sud. Una silloge, raccolta dal maestro Bellipanni, si può ascoltare nelle sale discoregistrografiche istituzionali: segno di un miracolo che risale alla scoperta che fece il boy-scout nel casolare abbandonato di Viggiano. Un viaggio musicale a ritroso nel tempo e, nello stesso tempo, una riscoperta dell'anima profonda della musicalità meridionale, andata per il mondo con voci soliste o con voci corali, a raccontare la storia grande e drammatica di una terra leggendaria, eccentrica, e dimenticata, fino al giorno in cui, per caso, un pacco di carte ingiallite...


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