"Passando
da Lecce a Roma, ho dovuto valicare la stasi dei luoghi comuni per
giungere alla dinamica della creatività pura dell'antiaccademia,
perché con l'Aeropittura ci fu una nuova visualizzazione. Nel
senso che la visione dall'alto è ancora oggi un fatto vitale,
dovuto all'invenzione del motore a scoppio che ci ha portati ad una
costante progressione. Il mio passaggio è stato automatico,
naturale, senza sofferenze o traumi, perché quel mondo era
speculare a ciò che evidentemente avevo in me e che ho realizzato
vivendo in pieno, fin da giovane, il movimento futurista [...].

Il Futurismo è
lo spirito dirompente del nostro secolo, è uno dei principii
essenziali di cui si compone la vita, un'idea che si rinnova quotidianamente
nelle persone e nelle opere. Per questo non è stato cancellato
dal tempo. Il Futurismo ha seminato una carica originale vitalissima,
di rottura con una tradizione statica, per esprimere la nuova realtà
non solo come ispirazione ideologica, ma anche come visualizzazione.
Creò la quarta dimensione, che è ancora adesso, e non
può non essere in seguito, l'espressione visiva del tempo e
dello spazio, vale a dire il dinamismo plastico. E' stata una scoperta
fondamentale, che ha prodotto una schiera di artisti di ogni tipo
e di ogni tendenza, tant'è che tutti i "neo" e tutti
gli "ismi" successivi sono partiti dal Cubismo e dal Futurismo".
Tutto questo Mino Delle Site volle scrivermelo, nella primavera del
'90, sotto forma di intervista. Ma un'intervista vera, sul tamburo,
c'era stata, qualche mese prima, fra i tavoli del Rosati, complice
il sole romano di Piazza del Popolo. Inizialmente, si lasciò
andare ai ricordi: parlò di Geremia Re, "maestro aperto
al dialogo, che esemplificava la parola attraverso la forma grafica
e cromatica. Col suo viatico, con la carica della giovinezza, con
l'entusiasmo di chi credeva nel futuro, partii per Roma"; descrisse
l'incontro con Marinetti, mediato da Prampolini, e con tutti i maggiori
futuristi; rammentò le notti bianche davanti al cavalletto,
quando, preso da un sacro furore creativo, altro non faceva che "dipingere
aeroplani".
Aveva un'incantevole capacità di rievocare narrando. Raccontava
che a quel tempo c'era l'esaltazione della macchina come simbolo della
conquista dello spazio: "E noi eravamo gli spazialisti per eccellenza.
Siamo stati precursori e profeti. Le nostre non erano fantasie, pure
astrazioni, ma visioni futuribili, futuristiche, che col tempo l'uomo
ha tradotto in realtà, con mia intensa soddisfazione intellettuale
e morale. Sento un poco di me in ogni uomo che vola, in ogni satellite
che naviga nello spazio, in ogni frontiera celeste conquistata".

La macchina non condiziona l'uomo. Dunque, nessun senso di colpa.
Lo sviluppo della tecnologia è un fenomeno naturale, "la
nostra era una visione futurista di ciò che vivevamo ed è
solo una parte di quel che sarà la nostra vita, non nei suoi
aspetti deteriori, ma in quelli della liberazione degli uomini dalla
schiavitù della forza muscolare e dell'esemplificazione della
vita quotidiana". Sotto il profilo estetico, nella macchina "è
inclusa ogni forma, è rappresentato ogni oggetto, sono persino
emblematizzati ogni sogno, ogni immaginazione".
La scoperta dello "spirito della macchina" fu una scelta
indubbiamente eversiva per chi veniva dai paesaggi di biacche del
Salento e restava sgomento di fronte all'algido esercizio figurativo
dell'Accademia.

Certo, la radice
futurista aveva immesso la speculazione sull'estetica della macchina,
aveva esaltato la bellezza geometrica della velocità, pur accusando
il limite rispetto alla velocità del pensiero, e aveva "documentato
la bellezza planetaria dell'arte". Ma non si era disimpegnata
neanche di fronte al figurativo: "La figura, però, intesa
come trasfigurazione simbolica della psicologia del soggetto".
Anche se questo non era sufficiente: "La tratto raramente, come
elemento di composizione esistente nella natura, come idea, come prodotto
dell'intelligenza e dell'indagine scientifica. Il Futurismo, quando
ha ripudiato la documentazione ritrattistica, lo ha fatto perché
convinto che la macchina sa rendere le "fisionomie", i paesaggi
e ogni altro soggetto, senza il bisogno di ricorrere alla "copia",
come si era fatto nel passato. Ecco perché il dinamismo plastico,
la simultaneità, la compenetrazione e, in ultima analisi, la
simbologia sono gli elementi nuovi, e fondamentali, creati dall'estetica
futurista, gli elementi che sconvolgono la cultura italiana, che fanno
irrompere una vera e propria mutazione nella nostra antropologia culturale".

Aveva detto a Lucio Giannone, nell'80: (la mia poetica) "non
è il racconto del mondo esteriore, ma l'espressione della realtà
interiore delle forme-colori dei nostri pensieri. L'astrazione si
riferisce alla magica e sconvolgente struttura delle nostre emozioni,
che valgono come intimi processi personali e come proiezioni del sentire
universale. Le eterne sensazioni dell'Essere divengono un fatto visivo
nuovo, un salto verso nuove dimensioni dell'uomo-mistero-futuro".
Qui è la chiave di volta della sua avventura artistica, perché
Delle Site vi sintetizza il significato aurorale delle sue invenzioni,
tutte emerse dentro una logica di straordinaria, e per tanti versi
aristocratica dimensione lirica. Una logica, cioè, al di fuori
di ogni altra logica soltanto razionale: talché nelle sue opere
la realtà terrestre svanisce, si stempera e fonde in illimiti
paesaggi cosmici, nelle geometriche dissolvenze delle aliluce dello
spirito. Semiologia pittorica e atteggiamento immaginativo si equilibrano
così in un vibrante, raffinato cromatismo, che sarà
tratto distintivo del suo itinerario artistico, compresi - come ha
rilevato Enrico Crispolti - i "successivi attraversamenti non
futuristi", dal sintetismo narrativo post-cubista negli anni
'50 alle esperienze strutturali non figurative (ma pur costantemente
"dinamiche") nella seconda metà di quegli anni e
in buona parte del decennio successivo.

E pertanto Delle Site fu pittore mai assente dal suo tempo, vale a
dire dalla contemporaneità, sicuramente ancorato alla sua radice
futurista ma sensibile ai nuovi valori espressivi della dimensione
pittorica. E sempre intimamente legato alla visione coloristica, fantastica,
totalmente lirica della sua arte. Non a caso volle concludere la narrazione-intervista
(quasi ad occhi chiusi, sopraffatto forse dalle memorie delle sue
terre lontane) parlando del colore. Come l'immaginazione, disse, "il
colore appartiene alla sensibilità personale. Io prediligo
l'azzurro. Lo spazio, e quindi l'impostazione cromatica dell'Aeropittura,
sono azzurri. Io mi sono portato dietro i colori di Terra d'Otranto
e dei miei cieli. E li ho ritrovati nell'Aeropittura".
Presentazione
di Enrico Prampolini alla prima mostra personale futurista del pittore
Mino Delle Site nel 1932 presso la Galleria Bragaglia Fuori Commercio,
Rampa Mignanelli (Roma).
Mino Delle Site
è tra i più giovani e fantasiosi aeropittori dell'avanguardia
artistica italiana. La vivacità intellettuale e l'ansia di
essere un testimone artistico del nostro tempo lo hanno portato nella
corrente delle problematiche più vive e la logica scelta, per
il suo temperamento, è stata quella di valicare la stasi dei
luoghi comuni, per sfociare così nella dinamica della creatività
pura dell'antiaccademia: il DINAMISMO PLASTICO.
La vibrante purezza dei suoi colori e la sintesi concettuale delle
forme rendono vigorosamente la liricità delle sue composizioni.
La CIVILTA' delle MACCHINE, palpitante e magnetica è l'ispiratrice,
e come tale, una delle componenti più sentite della personalità
artistica del nostro aeropittore. Tutti i temi che esaltano la velocità
nel cielo, sull'acqua e sulla terra, trovano in Delle Site un attento
interprete della simultanea compenetrazione dell'uomo + macchina +
ambiente, ossia: l'insieme emotivo della reciprocità dei momenti-forma-spazio.
Il colore è il suo naturale mezzo d'espressione ed egli lo
usa per realizzare la QUARTA DIMENSIONE, scoperta entusiasmante e
vitale del Futurismo. Nella VELOCITA', le metamorfosi delle forme-colore
nel tempo-spazio immettono l'artista in un nuovo mondo visivo e dimostrano
come la scienza non può dissociarsi dall'arte, poiché
l'arte è la poesia della conoscenza e conoscenza è proiezione
nel divenire, cioè: FUTURISMO.
ENRICO PRAMPOLINI