Per prevenire le crisi




Greenspan
Presidente Federal Reserve



I sensazionali progressi tecnologici nel campo dell'informatica e delle telecomunicazioni avvenuti nell'ultimo decennio hanno promosso un marcato incremento del grado di sofisticazione dei prodotti finanziari. Una nuova e vasta schiera di debiti, azioni ordinarie e strumenti ibridi, nonché prodotti secondari di recente fattura hanno creato una suddivisione dei rischi, che per contro ha consentito agli investitori di ottimizzare (così pensano costoro) il proprio portafoglio di beni finanziari.
Ciò ha procreato una serie di prezzi di mercato e di tassi di interesse che hanno portato le organizzazioni commerciali sempre più verso la produzione di questi investimenti di capitale che offrono i tassi di remunerazione a lungo termine più elevati, vale a dire quegli interventi che più strettamente si schierano con le potenziali preferenze di valuta dei consumatori. Questo processo in effetti ha indirizzato scarsi risparmi verso i nostri capitali fissi più virtualmente preziosi. Il risultato, specie negli Usa, dove le novità finanziarie sono più all'avanguardia, è stata una netta accelerazione della produttività e del tenore di vita e, causa l'aumentato contributo del settore finanziario al processo, una maggiore quota di reddito interno da esso ricavato nel decennio scorso.
Le ultime novità finanziarie che si sono diffuse a un ritmo accelerato hanno facilitato una rapida espansione di investimenti e scambi oltre confine e quasi certamente, come conseguenza, un significativo incremento del tenore di vita per quei Paesi che hanno scelto di prender parte a ciò che propriamente si può definire il nostro nuovo sistema finanziario internazionale. Il sistema è nuovo nel senso che la rispettiva dinamica risulta in un certo senso più accelerata rispetto alla struttura finanziaria, diciamo, di quindici o vent'anni fa.
A causa delle ultime tecnologie, i prezzi di mercato sono caratterizzati da una più sensibile sintonia nei confronti di cambiamenti impercettibili delle preferenze e quindi reagiscono a tali cambiamenti molto più velocemente rispetto alle precedenti generazioni. Il sistema produce tenori di vita più elevati e più sensibili all'abuso di capitali. Si tratta di un sistema più calibrato rispetto al passato non solo nel ripagare l'innovazione, ma anche nel disciplinare gli errori nel settore degli investimenti privati o della politica pubblica.
Quindi, le crisi emerse da questa nuova struttura finanziaria, mentre condividono la maggior parte delle caratteristiche dei passati avvenimenti, appaiono ciononostante diverse in modi importanti. Non è ancora chiaro se le recenti crisi siano più profonde che in passato, o solo se vengano innestate più prontamente.
All'inizio del 1995 definii la crisi messicana come la prima di questo nuovo sistema finanziario internazionale. La crisi iniziata in Oriente due anni fa è la seconda.
A partire dalla crisi messicana, i politici sono stati assorbiti da un processo di apprendimento accelerato sul funzionamento di questo nuovo sistema. Ci sono alcuni elementi che stanno diventando ovvii.
La sensibilità delle reazioni di mercato sotto il nuovo regime è stata sottolineata dall'impressionante calo dei tassi di cambio del 50% od oltre nei confronti del dollaro e della maggior parte delle altre principali valute da parte di economie emergenti di mercato, in risposta a ciò che a prima vista sembravano essere difficoltà finanziarie relativamente modeste. La disciplina di mercato si dimostra molto più draconiana rispetto a venti o trent'anni fa.
Il capitale che in un precedente periodo avrebbe potuto affluire in un ambiente di profitti "interamente adeguato", ora, a causa di mancanza di informazioni o di opportunità, si muove principalmente verso quelle speculazioni o economie che dimostrano di eccellere. Questo capitale, in periodi di tensione, fugge più prontamente verso titoli e mercati di qualità e liquidità indiscusse.
Ai partecipanti di lunga data della comunità finanziaria internazionale ci sono voluti diversi decenni per realizzare sofisticate infrastrutture finanziarie e legali che proteggano dagli shock.
Quelle infrastrutture scoraggiano attacchi speculativi contro una valuta ben consolidata, in quanto i sistemi finanziari sono robusti e in grado di reggere reazioni politiche energiche nei confronti di tali attacchi. Per i partecipanti ultimi arrivati nel mondo della finanza globale i rischi restano ancora.
La situazione in molte economie emergenti di mercato è chiarificatrice. In condizioni di tensione i regimi a tasso di cambio fisso sono di volta in volta falliti. Di conseguenza, i tassi interni d'interesse valutario che riflettono gli aggi sui rischi di svalutazione sono quasi sempre più elevati nelle economie di mercato emergenti caratterizzate da tassi fissi di cambio che non nell'economia delle principali valute cui l'economia emergente ha scelto di fissarsi. Tale valuta è spesso il dollaro.
Questo fenomeno e il relativo rischioso sfruttamento rappresentano un elemento importante nell'attuale crisi e un sintomo di ciò che non ha funzionato in generale. Quello che in Oriente e altrove per un certo periodo sembrava essere un investimento di successo di valute nei confronti del dollaro condusse, forse inevitabilmente, a cospicue assunzioni di prestiti in dollari a minor prezzo da mutuare a elevati tassi d'interesse interni con l'intermediario che intascava l'aggio sul rischio di svalutazione. Quando infine l'importo delle assunzioni di prestiti in dollari non protette finanziariamente divenne eccessivo, come del resto era fatale, il tasso di cambio crollò. Per inciso, crollò anche in Svezia nel 1992, quando assunzioni di prestiti su larga scala in marchi tedeschi da mutuare in corone a tassi d'interesse maggiori trovarono identico destino. Tali episodi non sono rari e lasciano intendere che gli investitori, anche quelli che la sanno lunga, sono portati a questo genere di speculazione.
Tale accresciuta sensibilità dei tassi di cambio delle economie emergenti sottoposte a sollecitazioni sarebbe meno preoccupante se le banche e gli altri istituti finanziari di quei sistemi economici fossero solidi e ben finanziati. Le banche dei Paesi industrializzati godono di un'elevata autorità, ma sono soggette a una sorveglianza sufficientemente valida, per cui nella maggior parte dei Paesi i problemi riguardanti le attività bancarie non si trasformano in crisi finanziarie internazionali. La maggior parte delle banche dei Paesi emergenti godono di altrettanta autorità, ma spesso la loro supervisione non si è dimostrata adeguata a prevenire fallimenti e una crisi finanziaria generale. Il fallimento di alcune banche è altamente contagioso per altre banche e aziende che vi intrattengono rapporti.
Questa debolezza a livello di supervisione all'attività bancaria nelle economie di mercato emergenti non era, per il resto del mondo, un problema rilevante prima della crescente partecipazione di tali economie al sistema finanziario internazionale manifestatasi nel corso dell'ultimo decennio. L'esposizione di un'economia ad afflussi di capitale a breve termine prima che il proprio sistema finanziario sia sufficientemente solido per gestire un cospicuo prelevamento inaspettato è una speculazione altamente rischiosa.
Quindi, risulta evidente che il disporre di determinati modelli di riferimento per partecipare al nuovo sistema finanziario internazionale, che è estremamente sensibile, è essenziale perché lo stesso possa operare in maniera efficiente. Molti sono i modi per promulgare questi modelli di riferimento, senza creare un circolo ristretto e impropriamente esclusivo. Uno di questi modelli è ai fini di una maggiore trasparenza del sistema di funzionamento e sorveglianza della finanza interna. E' essenziale se si vuole che gli investitori assumano degli impegni di più larghe vedute e che i supervisori possano valutare la solidità di tali impegni da parte degli istituti finanziari. Una migliore conoscenza dei regimi finanziari tuttora inopportuna nelle vicissitudini del nostro sistema finanziario internazionale consentirà anche alle controparti di valutare più adeguatamente la situazione creditizia degli istituti che investono in tali sistemi finanziari.
Non esiste comunque alcun meccanismo che salvaguardi gli investitori dal prendere decisioni insensate, tuttavia alcuni degli investimenti mal consigliati degli ultimi anni potranno in futuro essere evitati, se gli investitori, i loro supervisori e le controparti risultano preavvisati in maniera più opportuna.
Dal momento che i politici non sono in grado di anticipare o valutare i tipi di rischi complessi che le ultime tecnologie finanziarie stanno creando, la risposta - come del resto è sempre stata - è minor leverage, cioè minor debito, più azioni, e di conseguenza una maggiore protezione contro le avversità e il contagio.
Debbo sottolineare anche l'ovvia necessità di solide politiche monetarie e fiscali, la cui mancanza è stata così spesso causa delle passate crisi finanziarie internazionali. Con la maggiore enfasi posta sui flussi internazionali di capitale, specialmente flussi interbancari, gli errori personali di valutazione nell'ambito di strutture economiche incrinate rappresentano i contributi maggiori ai recenti problemi. Tuttavia, per alcune economie emergenti di mercato un fattore dell'attuale crisi è dato anche da macropolitiche inadeguate.
Perfezionamento della trasparenza, strutture commerciali e legali nonché sorveglianza che io e i miei colleghi abbiamo sostenuto negli ultimi mesi non possono essere attuati rapidamente. Tali migliorie e la transizione per giungere a un sistema finanziario internazionale più efficiente e stabile richiedono tempo. Di conseguenza, all'attuale crisi dovranno essere rivolti dei rimedi ad hoc. E' comunque essenziale che tali rimedi non risultino in conflitto con una visione più ampia sul funzionamento del nostro nuovo sistema finanziario internazionale all'ingresso del prossimo secolo.


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