L'ONORATA PREVIDENZA




a. b.



E' stato un serial killer, accusato di diciassette omicidi. E fino a quando non è stato catturato, ha vissuto davvero alla grande, per sua stessa ammissione, tra gioco d'azzardo, scommesse clandestine, fiumi di denaro, belle donne e fiammanti Mercedes. Eppure, tra un assassinio e l'altro, trovava sempre il tempo per ritirare il suo assegno di invalidità di 800 mila lire al mese, una rendita che ancora oggi lo Stato continua a erogargli, sebbene sia in un penitenziario di massima sicurezza. Un paradosso, un'ingiustizia, un disguido? Niente di tutto questo. Domenico Bilancia, uomo d'onore, omicida a tempo pieno, reo confesso e pensionato che riscuote in carcere, non rappresenta nulla di tutto questo. Il suo è soltanto uno dei numerosi casi di "Onorata previdenza" che riguarda mafiosi e criminali d'ogni risma che addirittura da latitanti hanno goduto e continuano a godere di vitalizi, di pensioni e di indennità a carico dell'Inps o di altri enti del sistema-welfare del nostro ineffabile Paese. Quanti sono costoro? Sembrerà strano, ma è quasi impossibile, e anzi rischioso indagare sui benefici assistenziali concessi a boss e a delinquenti, anche se la procura palermitana ha aperto in merito un dossier.
Ci aveva provato persino Totò Riina: voleva ottenere la pensione sociale, lui che a titolo personale, familiare e di prestanomi, ha ricchezze multimiliardarie. Solo che avanzò la richiesta quando era sotto i riflettori, già in galera. Così l'Inps ebbe buon gioco a dirgli di no. Molto più fortunato, invece, Vincenzo Virga, trapanese, gran cassiere dei capitali sporchi e cospicui dei corleonesi. Fin da quando aveva 39 anni, e nonostante i fiumi di denaro che passavano per le sue mani, ha chiesto e ottenuto una rendita di invalidità di 700 mila lire al mese. E il fatto che fosse latitante non gli ha impedito di riscuoterla: aveva delegato una persona di fiducia, Vincenzo Coppola, che puntualmente andava a ritirare l'assegno mensile.
Analogo il sistema utilizzato da Salvatore Di Gangi, considerato dagli inquirenti capomafia dell'Agrigentino: avendo lavorato in banca, è andato in pensione a 45 anni, con un trattamento da due milioni al mese. E così anche Francesco Messina Denaro, settantenne capomafia del Trapanese, pensionato di vecchiaia a un milione e 200 mila lire mensili.
Bilancia a parte, un altro invalido e presunto killer con tanto di rendita vitalizia Inail per un infortunio sul lavoro è risultato essere Vito Vitale, considerato il numero due di Cosa Nostra Siciliana, finito in manette nell'aprile '98. Non solo. Come bracciante agricolo, ha ottenuto in passato persino l'indennità di disoccupazione. La stessa su cui ha potuto contare anche Matteo Messina Denaro, figlio di Francesco. E la lista degli invalidi in odore di mafia comprende anche Emanuele Di Natale e Antonio Messana, accusati di aver partecipato alla strage degli Uffizi, a Firenze.
Ci sono, poi, i poveri ricchi. I loro patrimoni miliardari (o quelli che sono stati accertati) sono stati confiscati, ma l'assegno di invalidità o la pensione sociale non è stato possibile toccarli. E' molto lungo l'elenco dei boss e dei gregari che continuano a percepire rendite e vitalizi, sebbene siano stati scoperti beni di loro proprietà per centinaia di miliardi. E' così per Giuseppe Farinella, considerato boss di San Mauro Castelverde; per Antonio Manzone, anche lui di San Mauro; per Giuseppe Rancadore, ritenuto capo della famiglia mafiosa di Trabia: per tutti costoro, rendita Inail o pensione sociale. E la pensione sociale, molto spesso, è appannaggio anche delle mogli, come si verifica per Giuseppa Rinella, consorte del Rancadore; o per Teresa Vitale, moglie di "Zu' Tanu", il superboss Gaetano Badalamenti; o ancora per Maria Gaetana Picone, moglie di Gaetano Filippone, anche lui in odore di Cosa Nostra.
Il problema è che in tutti o quasi tutti i casi si tratta di persone che risultano nullatenenti e che, per questa ragione, non solo sfuggono ai controlli fiscali, ma possono anche conquistare di diritto i benefici del Welfare legati al reddito.
Detto fuori dai denti, le "Onorate pensioni" sono certamente scandalose, ma in larga misura non sono irregolari, perché in base alle regole attuali se si possiedono i requisiti contributivi e di età previsti per le rendite di vecchiaia o di anzianità, non c'è nessuna norma che vieti l'erogazione dell'indennità. Anche se si è detenuti e condannati per reati gravissimi. E lo stesso discorso vale per gli altri tipi di trattamenti assistenziali, come le pensioni sociali e quelle di invalidità. Ma con una differenza fondamentale: in questo caso, infatti, per la concessione dei benefici contano anche (o soltanto) la presenza di situazioni invalidanti e il reddito (basso). Un elemento, quest'ultimo, che diventa facilmente aggirabile nel momento in cui ci si basa esclusivamente sulla dichiarazione ai fini dell'Irpef. Accade così che Vincenzo Maranto, arrestato per estorsione, percepisca una pensione di invalidità (500 mila al mese), e non una pensione sociale, visto che possiede dieci auto, tra cui una Ferrari: non può essere, dunque, nullatenente per legge.
Accade, nel nostro Malpaese, che un cittadino onesto possa essere perseguitato dalla ferocia di un fisco per un errore di poche migliaia o decine di migliaia di lire, che, recuperate a colpi di burocratici rituali, costano all'erario il doppio. Non si è verificato, fino a questo momento, il caso di accertamenti a carico di chi, in certe aree, pur non lavorando, dispone di redditi altissimi, esibiti e in progress. Come non è accaduto, che si sappia, che si sia verificato un caso di reale invalidità per amici degli amici che restano a carico dei cittadini. Né che siano stati sospesi i benefici elargiti ai latitanti, fino a quando costoro non siano assicurati alla giustizia. L'Inps è tenuto ad applicare la legge, senza dubbio. Ma proprio qui è il problema: si dovrebbero assumere iniziative politiche forti, che dovrebbero investire l'intero esecutivo. Il Sud è oppresso dalle mafie e dalla microcriminalità, che condizionano lo sviluppo economico e il dispiegamento civile della società. Se, oltre a non riuscire ad eradicare le piovre e a continuare a lasciare in giro un numero insostenibile di latitanti (sequestratori di persona compresi), inseriamo tutti indiscriminatamente nel circuito del Welfare, che ci costerà tra non molto altre lacrime e altro sangue, rischiamo di cadere - in nome del diritto! - in risibili contraddizioni: paghiamo tutti per poveri ricchi, estorsori, uomini di onorati malaffari, sfruttatori, biscazzieri, stragisti e affini. A chi giova tutto questo?


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