PUGLIA COLOR DEL SANGUE




Essebi



La descrizione è di quelle che non lasciano dubbi: "Lo spettacolo è terribile. Cadaveri da per tutto, nelle strade e nelle case, tutti o parte bruciati dal fuoco delle case che sono state molto danneggiate; dei quartieri non più esistono, le fabbriche cadono, il teatro bellissimo è incenerito [ ... ], la desolazione, il terrore vi dominano. Seguitano colà le uccisioni gli orrori circa le violenze alle donne sono inesprimibili. Si vuole che non ve ne sia salva alcuna, nemmeno le monache".
Lo spettacolo descritto risale al primo aprile di duecento anni fa, quando l'esercito francese impose col fuoco e col sangue la "Repubblica partenopea" a Trani. Esattamente come aveva fatto qualche giorno prima, nella Pasqua del '99, ad Andria, dove si contarono quattromila morti. A Trani erano stati duemila, come raccontò nel suo diario un magistrato, (Gian Carlo Berarducci, Cronache dei fatti del 1799): "I morti seppelliti finora, parte alla Madonna del Pozzo presso Bisceglie, parte verso Barletta, diconsi circa 2000. Altri ve ne sono". Milleduecento vennero bruciati a Trani, mentre centinaia di tranesi cercarono scampo nei sotterranei di Santa Maria la Neve, dove restarono per ventisei ore. Racconta il cronista: "Si diede l'orina da bere ai bambini. In altri luoghi si uccisero quelli che piangevano". Colpa di Trani e di Andria, aver rifiutato di alzare nelle piazze l'albero giacobino e aver lasciato garrire il vessillo borbonico, al quale avevano aggiunto la fiamma nera in segno di resistenza a oltranza, dopo che erano stati giustiziati i capi filofrancesi locali.
"Trani arde e il fumo giunge fin qui", annota Berarducci. Le altre città vicine, dopo gli eccidi di Andria, erano state costrette ad arrendersi: Bisceglie, Molfetta e Giovinazzo avevano aperto le porte ai francesi perché, scrive il magistrato, "la ragione consigliava a non cimentarsi con la certezza di essere massacrati". I francesi misero il campo oltre le mura biscegliesi, nell'area che prese il nome di Palazzuolo. E lì i transalpini esposero quanto avevano saccheggiato a Trani il 2 aprile: un funereo mercato con abiti di uomini e donne tranesi, e poi "tele, apparati, letti, robe di chiese, argenti, pianete, mitre, orologi, carrozze". Altre cose furono vendute a Barletta. In un caso o nell'altro, a prezzi stracciati.
Il mercato si teneva mentre echeggiavano le fucilazioni dei marinai tranesi che si erano messi a capo della reazione filoborbonica e che avevano tentato la fuga disperata in mare. Per parte francese, alcune centinaia di transalpini perdettero la vita ad Andria, meno ne morirono a Trani. Stragi si ebbero a Bari, a Carbonara e a Ceglie. Racconta Massimo Viglione (in Le rivolte dimenticate) che lo stesso comandante dei transalpini, il generale Brousser, rivelò: "I miei sol dati, entrando in Ceglie, uccisero tutti quelli che vi si trovarono e misero a fuoco il villaggio".
Oggi sappiamo che le insorgenze popolari nel Sud costarono la vita a centomila meridionali, mentre la reazione sanfedista e filoborbonica mieté alcune migliaia di meridionali filofrancesi, soprattutto borghesi e aristocratici, con una sola città messa a sacco, Altamura, e con i superstiti che poi avrebbero creato le "vendite carbonare" in epoca immediatamente successiva. La differenza tra le città che aderivano all'Albero, come allora si diceva, e quelle fedeli al Borbone, secondo Berarducci era la seguente: le prime erano "democratizzate con la forza dei patriotti con il popolo scontento", mentre le seconde erano "reali con la forza del popolo": perché da una parte c'erano la loro tradizione, la loro religione, i loro costumi, i loro pregiudizi e le loro abitudini, mentre dall'altra c'era un modello estraneo, imposto dall'alto di un'astratta Ragione e importato dall'estero.
E con l'aiuto estero ci fu la "riconquista" del Cardinal Ruffo. La Puglia fu ripresa mentre la flotta russo-ottomana vigilava al largo dell'Adriatico, e mentre le città salutavano il ritorno dei Borbone con feste popolari e religiose: "In Trani, Bisceglie, Corato, Ruvo, insomma in tutti i luoghi vicini si sta nell'allegria massima"; un'allegria alimentata anche dal proclama reale che concedeva "un perdono generale alle città ed individui, salvo alcune eccezioni": quelle che determinarono il tramonto del pensiero giacobino e libertario nel Meridione. Non era solo generosità, quella borbonica, ma soprattutto calcolo politico, tentativo di far tornare la stabilità e di ritrovare il consenso generale, dopo che la Puglia e il Sud erano naufragati in un mare color del sangue.


Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000