§ Che mondo fa

Preavvisi per il futuro




Mikhail Gorbaciov



Ho avuto modo di incontrare il generale Schwarzkopf e abbiamo naturalmente anche affrontato l'argomento del dramma jugoslavo. Con la schiettezza tipica dei militari, il generale ha detto: "Solo quando tutta la polvere si sarà posata potremo vedere bene dove siamo finiti". La polvere incomincia appena a posarsi e cresce il bisogno di capire che cosa è accaduto.
Non condivido l'opinione diffusa che la Nato abbia vinto, che la giustizia sia trionfata e che il mondo sia diventato più sicuro. Non ci vorrà molto tempo perché anche molti tra quelli che oggi sono euforici per "la piccola guerra vittoriosa" si rendano conto che è stata una vittoria di Pirro. Con conseguenze disastrose.
Chi può, oggi, realisticamente, credere che in Kosovo sia tornata la pace? Che i serbi si rassegnino alla perdita dei loro luoghi sacri e che gli albanesi potranno vivere in tranquillità e nel benessere? Piuttosto, molti pensano che ci vorranno altre iniziative "di pace" da qualche altra parte. Per il semplice motivo che discordie di questo tipo non si risolvono con la forza.
Ma la cosa più importante è un'altra. L'evento di cui parliamo non può essere paragonato alle guerre mondiali del XX secolo. Esso voleva essere ed è stato un simbolo, un avvertimento a tutta la comunità internazionale, un preavviso del futuro. E' il segno di una profondissima crisi della politica mondiale. E dal momento che nessuno sa dove "questa politica" porterà il mondo è urgente affrontare subito un'analisi critica della situazione.
Che cos'è accaduto? Credo che le radici stiano nell'interpretazione che la leadership americana ha dato della fine della guerra fredda. Lo smantellamento dell'Urss, provocato da complessi processi interni, è stato visto dagli Stati Uniti come una propria vittoria. Rimasta senza un partner di peso, l'America ha ritenuto di poter agire autonomamente. L'Onu è un impaccio per l'America. Si è colto il pretesto della lotta contro la pulizia etnica in Kosovo, trascinando una parte dei Paesi occidentali, si è collaudata una nuova dottrina, in violazione palese delle norme del diritto internazionale, che crea un precedente: ingerenza senza autorizzazioni di sorta, dovunque.
La "nuova strategia" è stata ufficializzata ad aprile, nel vertice di Washington per il cinquantesimo anniversario dell'Alleanza Atlantica. Oggi, dopo il Kosovo, è chiaro come Washington e alcune altre capitali europee vedono il nuovo ordine mondiale. Al mondo viene imposto - né più né meno - di sostituire al diritto internazionale l'interferenza forzata degli Stati Uniti (nel migliore dei casi, di un gruppo di Paesi) in qualsiasi conflitto interno. Invece delle tribune dell'Onu, dell'Osce, del Consiglio d'Europa, invece di sedi negoziali e di principii comunemente riconosciuti, ci sarà la Nato a stabilire soluzioni e metodi. I leaders della Nato hanno deciso che "i diritti non si danno, si prendono". Essi hanno deciso che, in tal modo, si regoleranno le sorti del mondo futuro.
E' brutale sentirlo dire con tanta crudezza, ma è così. Tuttavia, comunque questa cosa venga esaltata in Occidente, Stati Uniti d'America e Nato hanno subìto un terribile fiasco politico e morale. La tragedia jugoslava dimostra che un tale "nuovo ordine mondiale" non è realizzabile. Esso è respinto dai popoli di altri Paesi e persino da un significativo numero di cittadini dei Paesi della Nato.
Molti, che prima non se ne erano accorti, incominciano adesso a vedere che c'è bisogno di un profondo restauro delle relazioni internazionali. Tanto più urgente, se si tiene conto che la globalizzazione in corso impone relazioni simultanee, ravvicinate, tra tutte le civiltà e le culture.
Ma non basta. Io credo che occorra convocare nel 2000 una sessione speciale dell'Assemblea Generale dell'Onu, per tracciare le somme del secolo e per guardare al futuro. Oggi non esiste un foro più autorevole e universale di quello. E' là che bisogna discutere. E' l'unica sede per risolvere i problemi della sicurezza globale. Scorciatoie non esistono, o sono pericolose.
Il punto di partenza è però chiaro: dobbiamo capire perché non siamo stati capaci di usare le grandi possibilità offerte dalla fine della guerra fredda. Come mai gli accordi, presi alla fine degli anni Ottanta e volti a creare un nuovo ordine mondiale, sono stati ignorati e alcuni politici viventi fanno finta che quelle decisioni non sono mai esistite?
Mi sembra che la risposta a questa domanda sia interamente connessa al destino dell'Onu e dei principii del suo statuto, dove - oltre al rispetto dei diritti e delle libertà dell'uomo - veniva sottolineata l'importanza di strumenti pacifici per la regolazione di qualsiasi disputa internazionale.
L'operazione della Nato in Jugoslavia è stata condotta in aperta contraddizione con lo Statuto dell'Onu. Tutto questo va discusso alla sessione speciale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite, senza evitare problemi spinosi. Inclusi quelli della riforma delle Nazioni Unite. E' evidente che l'Organizzazione - creata oltre mezzo secolo fa, in un diverso contesto internazionale - richiede modifiche profonde, nuovi strumenti per affrontare sfide divenute cruciali, come la sicurezza economica ed ecologica, la lotta al terrorismo, eccetera.
Saranno necessarie anche revisioni di quelle norme internazionali che si rivelano superate, e l'introduzione di nuove norme, insieme alla sottolineatura di quelle decisive, come il ruolo dell'Onu nella regolazione dei conflitti interetnici e nella difesa della sovranità delle nazioni e degli Stati in condizioni di globalizzazione crescente.
La sessione speciale dell'Onu dovrebbe inoltre rivolgere la sua attenzione alla questione degli armamenti. Temo che stiamo cedendo il campo alle pressioni dei complessi militari-industriali. Non è forse questo il motivo vero dell'estensione della Nato e della sua sfera d'azione? Il mondo viene di nuovo spinto sulla strada della corsa al riarmo, proprio mentre emergono gravissimi problemi di arretratezza, di povertà, di ambiente, d'istruzione.
Una sessione straordinaria dell'Assemblea Generale dell'Onu, con questo ordine del giorno, è impresa grande e difficile, richiede volontà politiche e la consapevolezza della gravità della situazione. Ma è possibile. Dipende, sotto molti aspetti, anche dalla volontà delle grandi potenze. Non tutto è chiaro neanche per loro. Non tutto è stato già deciso. Un confronto di questo genere può essere utile non soltanto ai deboli, che hanno bisogno di difendersi, ma anche ai forti. Purché siano saggi.


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