§ Archeologia industriale salentina

I frantoi ipogei




Antonio Monte



Narra Giovanni Verga che La lupa in "ottobre rivide Nanni, al tempo che cavavano l'olio, perché egli lavorava accanto alla sua casa, e lo scricchiolìo del torchio non la faceva dormire tutta la notte [...]. Nanni spingeva con la pala le ulive sotto la macina, e gridava ohi! alla mula perché non si arrestasse [...]. Nanni era tutto unto e sudicio dell'olio e delle ulive messe a fermentare, [...]". Il tempo era scandito dai giri della "mula" e dallo "scricchiolìo del torchio" in un luogo chiamato frantoio. Se Nanni avesse abitato nel Salento piuttosto che nella mitica Sicilia del Verga, il frantoio sarebbe stato ipogeo. Un tempo luogo di lavoro, oggi luogo un po' speciale, ad alto indice di gradimento turistico.
Cosimo Moschettini, medico e studioso di "rustica olearia economia", nel suo trattato Osservazioni intorno agli ostacoli de' trappeti feudali edito a Napoli nel 1792, così descriveva le strutture ipogee dove avveniva la trasformazione delle olive in olio: "I trappeti sono generalmente tra noi tante grotte sotterranee scavate nel Tufo, o in una specie di pietra calcarea più o meno dura detta volgarmente Leccese".
Il paesaggio salentino è costellato di oliveti secolari che fanno da cornice a numerosi e altrettanto secolari frantoi o trappeti ipogei, "oggetti" di notevole interesse nel panorama architettonico-culturale di Terra d'Otranto ormai annoverati tra i più peculiari esempi di manufatti archeo-industriali presenti sul territorio salentino.
I numeri. I frantoi presenti sul territorio del Salento, realizzati nei secoli XV-XIX, sono prevalentemente ipogei, ricavati nel banco roccioso; pochi sono i semi-ipogei.
La Terra d'Otranto (l'antica Terra d'Otranto era divisa in quattro circondari e comprendeva Lecce, Gallipoli, Brindisi e Taranto) nel 1880-1890 aveva oltre 1.800 frantoi ipogei e semi-ipogei. I trappeti sono sottostanti al piano stradale e raggiungono una quota di calpestìo che varia da metri 3.00 a metri 4.50 circa: la loro altezza media all'interno varia da metri 1.70 a metri 3.00 circa.
La struttura. Il fatto che fossero ipogei, scavati sottoterra, era studiato appositamente al fine di ottimizzare la conservazione del prodotto: la struttura, infatti, doveva avere una temperatura calda e costante (oscillante tra i 18 e i 20 gradi centigradi), tale da favorire il deflusso dell'olio quando la pasta delle olive macinate era sottoposta alla torchiatura e alla separazione dell'olio dalla sentina che si depositava nei pozzetti di decantazione.
Dalla comparazione delle diverse tipologie (pianta longitudinale, mistilinea e articolata) di frantoi indagati sul territorio salentino (oltre 70) si è potuto individuare uno schema costruttivo comune a tutte e tre le tipologie: l'accesso agli ambienti per mezzo di una scala, prevalentemente a rampa rettilinea, ricavata in parte nel banco roccioso e in parte coperta con una volta "a botte"; ai lati della scala sono ubicati alcuni ambienti (sciave) in cui erano depositate le olive in attesa della molitura.
Gli ambienti. La scala immetteva in un grande vano, luogo centrale della lavorazione (qui avvenivano le operazioni di macinazione delle olive e spremitura della pasta) dove, ancora oggi, vi è la vasca per la molitura costituita da una piattaforma circolare (circa metri 3.00 di diametro) su cui è ubicata la grossa pietra molare (circa metri 1.60 di diametro e dello spessore di circa metri 0.60), o le pietre molari, di calcare duro idoneo a schiacciare, frangere e impastare le olive. Adiacente al grande vano della molitura vi è un altro ambiente dove erano posti i torchi alla "calabrese" e i torchi alla "genovese". Gli altri ambienti presenti erano destinati al riposo dei "trappetari", a stalla per il mulo, a deposito dove vi erano le pile per conservare l'olio e a deposito per la sansa, inoltre si scorgono altri piccoli vani dove vi era il camino oppure dove i trappetari consumavano i pasti quotidiani.
L'ipogeo in località "Trappitello". La struttura ipogea in esame è parte integrante di una più vasta realtà esistente nel territorio del Comune di Giurdignano, dove vi erano altri trappeti ipogei. Infatti nel 1870 circa erano attivi quattro frantoi.
L'ipogeo ubicato in via Borgo - già "Trappitello" - è stato interamente scavato nel banco roccioso e lo si può ascrivere al secolo XVI. L'organismo architettonico è composto da diversi ambienti; infatti presenta una pianta a schema mistilineo.
Si accede al trappeto da una scala a rampa retta.
Varcata la scala si scorge un ambiente di forma quasi circolare dove è ubicata la vasca per la molitura (attualmente diruta); attigui a questo vano sono le "sciave" (depositi per le olive), dei depositi e la prima zona di spremitura. Percorrendo la struttura si notano numerose "sciave" (25), alcuni ambienti di deposito, la seconda zona della torchiatura (sono ubicati tre alloggiamenti di torchi alla "calabrese") e la zona di riposo dei "trappetari" dove consumavano i pasti e si riposavano. Gli ambienti hanno un'altezza che varia da m. 1.90 a m. 2.60 circa. Il trappeto ha una superficie di 350.00 metri quadrati.
Per oltre tre secoli il trappeto è stato attivo svolgendo il processo produttivo di trasformazione delle olive in olio. L'opificio ha smesso il suo ciclo produttivo tra la fine del secolo XIX e i primi anni del secolo XX.
Il recupero. L'obiettivo principale dell'intervento di recupero dell'ipogeo è quello di restituire, dopo circa un secolo di totale oblìo, alla cittadinanza e ai viaggiatori un peculiare bene culturale della civiltà contadina di Terra d'Otranto che appartiene a tutti.
Recuperare questi contenitori archeo-industriali significa contribuire alla scoperta di valori che hanno rappresentato valenze di natura economica, ma oggi più che mai esprimono, con una tradizione umile e fattiva, la sacertà del lavoro e con essa la valorizzazione di un prodotto di biblica memoria.
L'importanza del trappeto oltre ad essere di natura storico-architettonica è da ricercarsi anche nella sua vocazione turistica.
La posizione geografica di Giurdignano, piccolo centro urbano ubicato a sud-est del Salento, è strategica. Infatti, la vicinanza al centro antico di Otranto, e, anche la vicinanza ad altri importanti nuclei storici quali Muro Leccese, Giuggianello, Minervino, Poggiardo, Vaste, ecc., che conservano interessanti valenze del nostro patrimonio culturale, ci permette di delineare all'interno del territorio di Giurdignano - anch'esso ricco di risorse archeologiche, artistiche, architettoniche e naturalistiche - e nei paesi viciniori degli itinerari storico-culturali tematici nei quali il nostro trappeto verrà inserito.
Un percorso privilegiato, dopo l'intervento di recupero e conservazione, sarà quello delle "vie dell'olio" (la Regione Puglia sta istituendo "Le strade dell'olio") che ormai è diventato una realtà nazionale. Basti pensare all'iniziativa che organizza ogni anno l'Associazione Nazionale Città dell'Olio (a questa Associazione già aderiscono da alcuni anni le nostre Città di Martano e Vernole) con sede a Trevi chiamata Andar per frantoi e mercatini che permette di visitare frantoi attivi (con degustazione dell'olio e dei prodotti tipici locali), vecchi trappeti (come è noto il Salento è ricco di strutture ipogee e semi-ipogee dove si potrebbero creare dei veri e propri itinerari tematici su tutto il territorio), musei dell'olio, eloioteche e distese di oliveti secolari (nel territorio vi sono ampie e belle distese di oliveti degne di essere fruite) e tutto il patrimonio culturale (artigianato, folklore, gastronomia, ecc.).
Quindi la finalità del recupero sarà quella di trasformare - nel rispetto più assoluto della struttura, conservando tutte le proprie peculiarità - il trappeto in un piccolo Museo dell'olivo e dell'olio dove verrà illustrato, con pannelli esplicativi il processo produttivo e di trasformazione dall'olivo all'olio.
Attuale stato di "salute" del trappeto. Da quando ha smesso il ciclo produttivo, il trappeto è stato lasciato nel più totale abbandono.
Il trappeto vive ancora nella memoria di qualche anziano che con nostalgia e lucidità ricorda i "luoghi del lavoro" dove qualche suo caro trascorreva giorni, mesi, anni diventando così il motore di quel processo produttivo.
Dal rilievo mensorio e dall'analisi esperita in situ risulta che la struttura ipogea versa in uno stato di estremo degrado. Varcata la scala di accesso, si accede nell'organismo architettonico indagato.
Il primo elemento negativo che si evidenzia è la totale mancanza (per l'Analisi dello Stato di Conservazione è stata usata la terminologia del Lessico 1/88 della NorMaL - Alterazioni macroscopiche dei materiali lapidei) della copertura a botte del vano scala e la fratturazione e sconnessione dei conci e delle pietre del muretto perimetrale sia esterno che interno al vano scala.
Il secondo elemento negativo, purtroppo, è la vasca per la molitura che risulta in parte diruta con la pietra molare poggiata su un lato del banco roccioso. Infatti è visibile tutta la zona mancante del piano di molitura. Da un'attenta osservazione risulta che su tutto il piano di calpestìo dell'ipogeo vi sono dei depositi superficiali costituiti da accumulo di materiali estranei di varia natura (terra, detriti, ecc.). Inoltre, sono presenti depositi superficiali anche nelle "sciave", nei pozzetti di decantazione, nei depositi, nella stalla e in altri ambienti. Mentre sulle superfici lapidee (verticali e orizzontali), sui plinti di appoggio dei torchi, sulla vasca per la molitura e sulla pietra molare sono presenti sia croste sia incrostazioni.
Sono andati, naturalmente, distrutti tutti gli "ordigni oleari" in legno: asse orizzontale, albero verticale e stanga della vasca per la molitura e i quattro torchi alla "calabrese".
Interventi di conservazione previsti. A seguito dell'analisi dello stato di conservazione fatta sul trappeto per il suo recupero dovranno essere effettuati i seguenti interventi conservativi:
- smontaggio dei conci e delle pietre informi ubicate sui lati del vano scala e riposizionamento dello stesso materiale lapideo e, se necessario, integrazione di pezzi di pietra informe o conci concordati con la D.L.. Stilatura finale dei giunti;
- rimozione e pulizia a mano del piano di calpestìo del trappeto da depositi superficiali sino a raggiungere il piano di roccia originario;
- rimozione e pulizia delle "sciave", dei pozzetti di decantazione, dei depositi, ecc., dal materiale estraneo di varia natura;
- pulizia da eseguirsi a mano con spazzole di saggina, per eliminare le eventuali croste o le incrostazioni, sulle superfici lapidee (verticali e orizzontali), sui plinti di appoggio dei torchi, sulla vasca e sulla pietra molare;
- posizionamento della pietra molare nella vasca per la molitura;
- fornitura, reintegrazione e posa in opera di pietra da taglio per la formazione di elementi comunque scorniciati o scolpiti da inserire nelle parti fessurate o mancanti degli appoggi dei fiscoli o dei pozzetti di decantazione;
- realizzazione, in legno di olivo o di quercia, e posizionamento, nel rispettivo alloggiamento, di un torchio alla "calabrese";
- realizzazione della trave orizzontale, albero verticale e stanga della vasca per la molitura da eseguirsi in legno di olivo o di quercia;
- riapertura dei fori per l'areazione e di altri fori delle "sciave";
- copertura dei pozzetti di decantazione con lastre di cristallo di sicurezza stratificato;
- impianto elettrico;
- realizzazione di una porta di ingresso al frantoio;
- realizzazione di pannelli illustrativi composti da tavole iconografiche, foto a colori e testo esplicativo sul processo produttivo "dall'oliva all'olio".


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