§ Strutture rupestri a Giurdignano

Gioiello San Salvatore




Fernando Bonocore, Salvatore Negro



A poca distanza dalla piazza centrale di Giurdignano, all'incrocio tra via S. Vincenzo e via Circo, è ubicata la cripta di San Salvatore, considerata la più interessante tra le strutture rupestri del gruppo idruntino.
Un progetto, oltre a prevedere il restauro dell'importante cripta, tende a recuperare lo spazio circostante e sovrastante, attualmente in stato di degrado urbanistico-edilizio. Alla fine degli anni '80, durante un intervento di restauro, vi fu l'imprevisto rinvenimento di numerose sepolture, tutte ormai violate e prive di resti mortali e/o corredi funerari di qualsiasi tipo, costituente una vera e propria necropoli, scavata nel banco tufaceo. Tale rinvenimento e l'assenza di sufficienti risorse economiche imposero la scelta di provvedere ad una copertura provvisoria per proteggere dagli agenti atmosferici il banco tufaceo della cripta e della necropoli.
Tale struttura precaria, tuttora esistente, costituita da tubi in ferro e copertura in lamiera zincata, contribuisce ad un'immagine di forte degrado dell'area e pregiudica totalmente la vista dell'ex Cappella di San Vincenzo Ferreri, oggi utilizzata, con modifiche ed aggiunte murarie, come locale deposito. Inoltre, negli ultimi anni, un'antica costruzione a tetto spiovente che chiudeva un lato dell'area di copertura della cripta è stata sostituita con un intervento edilizio che mal si coniuga con le descritte emergenze storico-architettoniche. Pertanto il progetto, oltre al restauro della Cripta di San Salvatore, prevede il recupero della chiesetta di San Vincenzo Ferreri, la conservazione delle sepolture e la realizzazione di una quinta muraria in pietra di Cursi tesa ad "occultare" le edificazioni più recenti ed a valorizzare, anche visivamente, la chiesetta.
Per ciò che riguarda la necropoli, è stata prevista la colmatura delle tombe con argilla espansa previa realizzazione di una idonea documentazione videofotografica e successiva sovrastante copertura con pavimentazione in pietra di Trani. E' stata prevista, tuttavia, una zona, al di fuori del perimetro della sottostante Cripta, da coprire con policarbonato compatto su struttura portante in alluminio onde permettere la visione di alcune tombe.
Questa soluzione progettuale consente l'integrale conservazione della necropoli, la non alterazione del bioclima della cripta sottostante e permette una visione integrale della chiesetta di San Vincenzo.
La pianta è a tre navate, scandite da quattro pilastri in nove campate quadrate e terminanti in tre absidi a profilo curvo. I pilastri, di cui due sono inseriti in un'iconostasi con tre accessi, hanno pianta cruciforme e sottendono archi con piccole riseghe, hanno una rozza base che doveva fungere anche da gradino-sedile e le arcate si impostano su capitelli formati da tre "tori" sovrapposti; gli stessi motivi decorativi si trovano anche nei semi pilastri addossati alle pareti.
Questa chiesa, già notevole per architettura, si distingue tra le altre per la concezione del soffitto scolpito nella roccia che sviluppa due differenti discorsi nel Naos e nel Bema. La navata centrale presenta una prima campata realizzata a due spioventi ed una seconda composta da una trave di colmo da cui partono delle fasce laterali ad imitazione di un tetto a due falde; la navata destra presenta nella prima campata la stessa decorazione della precedente con la trave di colmo posta, però, in senso normale alla direttrice di ingresso, mentre la successiva è divisa in quattro crociere a vela; la navata sinistra contiene, nella prima campata, un'imitazione di tetto a due falde cassettonate con direzione normale all'ingresso, mentre la campata successiva è simile alla corrispondente della navata destra.
Le tre campate del Bema sono occupate da tre cerchi concentrici con al centro una croce greca, motivo che rinvia alle tipiche cupolette bizantine.
Da un'accurata lettura ci sembra che l'ignoto magister avesse un disegno ben preciso nella realizzazione di questa decorazione; notiamo infatti che mentre le falde delle campate della navata centrale hanno una direzione che rispetta l'asse liturgico della chiesa, nelle prime campate delle navate laterali l'asse è ortogonale rispetto al precedente; nelle seconde si ritorna all'asse liturgico e ciò ci fa ipotizzare che egli abbia voluto tracciare un percorso simbolico che partendo dalla prima campata della navata centrale, che non a caso è senza decorazioni, si dirama nelle tre direzioni delle navate e conduce alle tre campate del bema ed alle sue cupole fittizie. Nella ricerca di un modello di chiesa "subdivo" a cui ricondurre certi schemi planimetrici delle chiese rupestri, "Santa Maria" a Poggiardo, "San Salvatore" a Giurdignano, "San Domenico" a Ginosa, è stato ipotizzato quale modello quello del S. Pietro d'Otranto.
Comunque tale accostamento con il "San Salvatore" di Giurdignano non è del tutto accettabile, in quanto il San Pietro d'Otranto è una tipica basilica a croce greca inscritta e segue uno schema architettonico e simbolico ben preciso, legato all'architettura della seconda età d'oro bizantina, presente nelle chiese calabresi di Rossano Calabro e di Stilo; al contrario il "San Salvatore" oltre al tipo di pilastro "cruciforme", al tipo di arcate che "sembrano decisamente ispirarsi - seppure in forma rudimentale ed in dimensioni modeste, quali erano rese possibili dallo scavo nella roccia - alla produzione regionale romanica", anche nella sua concezione simbolica - in particolare il soffitto col suo cammino verso le absidi - non risponde alla concezione della chiesa a croce greca inscritta, ma ad una vera e propria basilica romanica, legata però all'esercizio del rito greco.
Nei catini absidali sono ancora presenti tre altari non addossati alle pareti, decorati con profonde scanalature sul fronte.
Ai lati dell'abside centrale vi sono due piccoli contenitori la cui funzione non è più comprensibile; un altro, simile, è sul lato sinistro dell'abside destra.
Gli affreschi, che occupano le nicchie laterali della cripta e l'abside centrale, sono in pessimo stato di conservazione; essi occupavano solo la parte superiore delle nicchie, (il loro stato doveva essere migliore al tempo del Maggiulli, se la commissione preposta alla Mostra dell'arte antica pugliese nel padiglione eretto in Roma, in occasione della grande esposizione nazionale del 1912, "espose una copia di un dipinto della basilichetta di Giurdignano...").

Naos
Sulla parete laterale destra, adiacente all'ingresso vi sono delle tracce, inscritte in una banda rossa, di una figura di cui si intravede una mano che regge un libro aperto con alcune lettere greche.
Sulla parete laterale destra, sulla prima nicchia si intravede a malapena una figura nimbata; sulla seconda l'affresco è diviso in due parti: la zona superiore contiene una decorazione con volute e fiori, sull'inferiore è affrescata una probabile Annunciazione con l'Arcangelo proveniente da sinistra, che indossa il loros decorato con motivi stellari, e la Vergine a destra assisa in trono. Purtroppo l'affresco è molto rovinato anche per il cattivo stato dell'intonaco.
Nella nicchia corrispondente, sulla parete sinistra, l'affresco, anch'esso molto rovinato, mostra i resti di un Arcangelo, che impugna la lancia e le cui ali spiegate occupano tutta la nicchia; sulle altre due nicchie, lungo questa parete, non vi sono che minime tracce di colore.

Bema
Nella nicchia sul lato sinistro si distingue il volto di un Santo, centrale rispetto ad altre due probabili figure che dovevano essere ai suoi lati, ma che oggi sono completamente scomparse.
Sulla nicchia corrispondente sul lato destro, vi è un affresco diviso in due parti; una superiore, in cui vi sono tracce di racemi ed una inferiore in cui si distinguono i resti di tre figure tra le quali vi è certamente un Vescovo di cui si nota l'omophorion ed il Vangelo.
La chiesa rupestre non risulta più officiata ed all'interno sono evidenti i segni di un abbandono e di una mancanza di manutenzione che dura da alcuni decenni.
Evidenti sono anche le infiltrazioni delle acque piovane ed il tutto viene a sommarsi ai guasti di una umidità per altri fenomeni (capillarità e condensa) endemica nel monumento. La chiesa rupestre, fatta eccezione per la modesta edicola (che sovrasta l'unico accesso) di epoca recente e, peraltro, poco connotata, risulta completamente scavata nel banco di roccia tufacea; vi si accede mediante una ripida scala.
All'esterno non è sopravvissuto alcun segno distintivo della sua funzione culturale, in quanto la costruzione della strada Giurdignano-Casamassella ne alterò profondamente la precedente configurazione esterna (e le eventuali preesistenze) interrandone quasi l'ingresso e trasformandone gli spazi interni in accidentale recapito finale per le acque piovane che vi confluivano liberamente per le mutate pendenze.
Successivamente, ma sicuramente dopo la breve monografia del Maggiulli (del 1921), primo contributo per la salvaguardia e la valorizzazione della chiesa rupestre, a diverse riprese e con approssimativi interventi (più di manutenzione straordinaria che di restauro vero e proprio) si provvide a:
1. Nuova pavimentazione, nel naos, in massetto cementizio, presumibilmente sovrapposta alla precedente pavimentazione, come sembra suggerire la mutata altezza dei sedili perimetrali nella chiesa; forse contemporaneamente fu eseguita la pavimentazione del bema con basole di pietra dura locale, ma con effetti meno negativi.
2. Nuova scala in basole di pietra dura locale (a sostituzione della piccola scala originaria) in relazione ed in conseguenza della mutata configurazione esterna; tale scala, presumibilmente, dovendo superare un maggiore dislivello in uno spazio esiguo, malgrado la ripidità, occupò anche parte della navata centrale, alterando, di conseguenza, le dimensioni originarie del vano di ingresso.
3. Nuova sistemazione all'esterno dell'area sotto la quale insiste la chiesa rupestre mediante opere di recinzione in muratura di conci di tufo, pavimentazione in mattoni di conci di tufo, pavimentazione in mattoni di cemento e sostituzione o ristrutturazione della precedente edicola che copriva il vano scala e che costituiva (e costituisce) l'unico debole segno distintivo della funzione culturale.
La chiesa rupestre di San Salvatore ha conservato pressoché integro l'originario impianto costruttivo e distributivo mutuato da uno schema tipologico di rito occidentale, ma adatto alle esigenze funzionali del rito greco allora generalmente diffuso nel Salento.
Di grande interesse risultano la decorazione architettonica del soffitto, la serrata articolazione strutturale degli spazi interni in campate ed i brani superstiti della decorazione pittorica parietale.
La chiesa presenta un unico accesso, quello originario, che costituisce l'unica fonte di luce naturale e di ricambio d'aria nel vano ipogeo.
Per le sue caratteristiche architettoniche e decorative costituisce una delle testimonianze più suggestive dell'architettura rupestre nel Salento.


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