Marzo 2000

TEMPI DI INTERNET

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... il mondo del 2010
nella sfera di cristallo
James Ohberon
 
 

 

 

 

 

 

Lo scopo è quello
di individuare
i nodi del futuro,
i punti sensibili,
le zone di tensione,
i crocevia
dai quali si dipartono molte strade.

 

La tecnica di base è collaudata. Si parte da alcuni dati pressoché certi o con poche varianti (proiezioni demografiche, ecc.); si aggiungono le previsioni estreme considerate ragionevolmente plausibili (ipotesi “alta” e “bassa”) per le principali variabili economiche, legate tra loro da un modellino matematico che ne garantisca la coerenza; a queste si uniscono più sfumate previsioni per elementi sociali e politici (cultura, arte, ideologie) ed ecologici. Si mescola, e da questo magma emergono diversi scenari, ovvero mondi possibili, logicamente plausibili e coerenti. Lo scopo non è quello di “indovinare” quel che succederà, ma piuttosto di “individuare i nodi del futuro”, ossia i punti sensibili, le zone di tensione, i “crocevia” dai quali si dipartono molte strade.
Intendiamo muoverci in questa direzione e, di fronte agli incidenti del Millennium Round di Seattle, non abbiamo resistito alla tentazione di un esercizio preliminare, sommario e provvisorio, sul decennio che abbiamo di fronte. Esaminiamo, quindi, questi scenari abbozzati.


Pax americana

Il Millennium Round, iniziato turbinosamente a Seattle a fine novembre 1999, si chiuse nel 2002 con un allargamento della liberalizzazione degli scambi, secondo le linee dell’amministrazione Clinton e della successiva amministrazione Gore. L’assen-za di dazi sui prodotti venduti via Internet ha rivoluzionato la distribuzione e ormai il 20-30 per cento degli acquisti avviene su questo canale. Nel mondo di telecomunicazioni - elettronica - informazione - spettacolo si è verificata una concentrazione senza precedenti: ci sono tre gestori planetari di telefonia mobile (uno europeo, uno nordamericano e uno cinese) e cinque di telefonia fissa, quattro agenzie di stampa, cinque case editrici che diffondono i loro prodotti simultaneamente nel pianeta. La concentrazione è avanzata anche in altri settori: i produttori di autoveicoli sono sei o sette, le case farmaceutiche che svolgono ricerche innovative sono ridotte a cinque o sei, e i grandi gruppi bancari non sono più di dieci. La struttura di queste imprese è federale, con ampie autonomie territoriali alle società consociate; la proprietà è controllata soprattutto da fondi di investimento e da fondi pensione. L’Antitrust sorveglia che tale elevatissimo livello di concentrazione non venga superato. Al di sotto, ci sono imprese piccole e medie che fanno profitti sostanzialmente minori e più instabili.
Con pochi rallentamenti congiunturali, gli Stati Uniti mantengono un tasso medio di crescita del 3-4 per cento, sull’onda dei vantaggi di produttività creati dalla rivoluzione elettronica; l’Europa si colloca sul 2-3 per cento. Il primato della crescita è dell’Africa (8-10 per cento, ad eccezione di alcune zone di guerra endemica), che però partiva da livelli infimi. Tutto il mondo emergente presenta tassi del 5-7 per cento. L’inflazione è bassa, l’occupazione sostanzialmente piena ma con forte variabilità; la distribuzione del reddito riserva largo spazio ai profitti. La lingua inglese consolida la sua posizione di lingua universale; le università anglosassoni sono i veri motori della ricerca; l’Europa è un po’ defilata e molto invecchiata.
L’invecchiamento è uno dei problemi principali. Un altro è la gestione delle risorse naturali, in un mondo in cui si verifica un moderato effetto serra. La precarietà dell’ambiente e del lavoro, la maggiore divaricazione dei redditi, danno largo spazio a una cultura dell’effimero e ad una religiosità esoterica. Una fascia di popolazione rifiuta il sistema: sette e gruppi terroristici compiono clamorosi e sanguinosi atti di sfida.


L’Atlantico più largo

Il Millennium Round, iniziato turbinosamente a Seattle a fine novembre 1999, si chiuse nel 2002 con un mezzo fallimento. Clinton non riuscì a superare le resistenze di europei e giapponesi, i prodotti venduti su Internet vennero sottoposti a dazi. Venne introdotta un’imposta sulle transazioni finanziarie a breve (“Tobin tax”) che serve tuttora a finanziare le tante attività delle Nazioni Unite. Si è arrivati così ad una globalizzazione a metà, con movimenti di capitale semiliberi e la regolazione dei cambi tra dollaro, euro e yen.
Il successivo presidente americano, un repubblicano, accentuò la polemica nei confronti dell’Europa, soprattutto dopo che i governi tedesco, francese e italiano intervennero ripetutamente a salvare con denaro pubblico imprese private in difficoltà. L’Europa, dal canto suo, rifiutò di smantellare lo stato sociale, limitandosi a lievi riduzioni pensionistiche, e impose dazi protettivi contro le importazioni asiatiche. L’euro ha un’area di influenza più ampia, in particolare dopo l’adozione come moneta di riserva della Federazione Russa.
L’Unione europea, che ora comprende ventidue Paesi, ha concluso un patto ventennale con la Federazione Russa, la quale fornisce petrolio e altre materie prime, vendute a un prezzo fissato in euro. L’Europa ha sviluppato sofisticate tecnologie ferroviarie di alta velocità, l’organizzazione pubblica fa largo uso di tecnologie elettroniche centralizzate (con “carte intelligenti”, “cervelloni”, ecc.); Internet è diffusa essenzialmente via telefono. Il tasso di crescita europeo è del 2-3 per cento; la disoccupazione è attorno al 7-8 per cento; il sistema di welfare è forte, con sanità e istruzione pubbliche e gratuite. L’Europa orientale, Russia compresa, si sta sviluppando al 6-7 per cento; e così anche l’Africa e i Paesi arabi.
Gli Stati Uniti si sono rivolti in particolare alla Cina. Tra le cento maggiori imprese del mondo, oggi dieci sono sino-americane, tre latino-americane, quattro indiane, cinque russe; delle altre 78, cinquanta sono nordamericane e ventotto europee.
L’intreccio Cina (sviluppo al 6-7 per cento)-Stati Uniti (sviluppo al 3-4 per cento) è basato su sistemi Internet diffusi soprattutto via satellite e tv; gli altri Paesi asiatici sono stati in qualche modo “schiacciati” e hanno tassi di crescita più bassi.
Il Giappone, col suo invecchiamento precoce e una crescita all’1-2 per cento, è diventato un’area problematica. Accanto all’inglese, lo spagnolo acquista uno status come lingua molto diffusa; pur con rilevanti contatti scientifici, si rileva una certa separazione culturale fra Università europee e americano-asiatiche; un’analoga divisione si manifesta nella musica e nella letteratura. Europei e sino-americani collaborano però in maniera efficace e concreta sulle grandi questioni del governo del pianeta.

Il mondo in pezzi

Il Millennium Round, iniziato turbinosamente a Seattle a fine novembre 1999, si chiuse nel 2002 con un totale fallimento e ampie recriminazioni tra europei e americani. L’amministrazione Clinton registrò qui il suo maggiore insuccesso. Wall Street crollò nel 2001, e la successiva amministrazione repubblicana introdusse pesanti dazi doganali. Negli Stati Uniti il tasso di crescita si è ridotto all’1 per cento; l’Europa ha evitato un crollo altrettanto brusco, ma i suoi tassi oscillano sull’1-2 per cento. La disoccupazione, sia in Europa sia negli Stati Uniti, è sul 7-10 per cento.
L’influenza politica americana rimane forte nel Sud-Est asiatico e in Sudamerica, quella Europea in Africa e, meno, in Medio Oriente. Con la Russia c’è un accordo traballante, che garantisce lo status quo e il sostegno europeo ai russi nell’Asia ex sovietica, in opposizione alla presenza cinese. La Cina, a sua volta, ha esteso la sua influenza a gran parte dell’Asia, scontrandosi con l’India. Si è verificato nel 2007 uno scambio nucleare sino-indiano (l’uno e l’altro Paese hanno sganciato piccoli ordigni nelle zone desertiche avversarie). L’influenza dell’Onu si è affievolita, i traffici internazionali si sono ridotti, Internet è soggetta a pesanti controlli di polizia. Le libertà e i diritti civili hanno ovunque subìto riduzioni più o meno vistose.

Ecco: riteniamo di aver dato sufficiente “food for thought”, cibo per i vostri pensieri, secondo la nota espressione inglese. A titolo di cronaca, diamo il 60-65 per cento di probabilità al primo scenario, 25-30 al secondo, 5-10 al terzo.

   
   
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