Marzo 2000

PROSPETTIVE

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Che fare
Mario Deaglio
 
 

 

 

 

 

 

Nell’era della
globalizzazione sono semplicemente inaccettabili
le attese di mesi o di anni per il recupero di un credito o per una procedura
fallimentare.

 

Per poter divenire realtà, il recupero di competitività dell’Azienda Italia deve basarsi su un consenso diffuso. E come per l’ingresso all’Europa di Maastricht, alla base di un tale consenso ci deve essere la convinzione dell’opinione pubblica che dal recupero di competitività deriveranno grandi vantaggi agli italiani e all’Italia.
Prima ancora che con misure controverse, peraltro talora da perseguirsi in altri àmbiti, occorrono quindi, finché possibile, misure che consentano un recupero di competitività senza danneggiare nessuno, o quasi.
Un tale obiettivo è, almeno in parte, raggiungibile mediante una politica delle procedure, delle regole, dell’organizzazione pubblica mirante specificamente alla riduzione dei costi delle imprese. Tale politica risulterebbe in qualche modo sostitutiva della politica economica, per la quale, con la fine dell’autonomia monetaria, sono venuti largamente meno gli strumenti e della politica industriale per la quale le risorse sono comunque poche.
Il recupero della competitività, insomma, dovrebbe passare prima di tutto attraverso una “legge Bassanini dell’economia”, un complesso ordinato di misure che realizzi rapidamente per le imprese quello che l’attuale legge Bassanini sta lentamente realizzando per il normale cittadino.
Le aree di possibile intervento di questa nuova Bassanini sono molto numerose. La più ovvia è quella degli adempimenti fiscali, il cui costo per le imprese, ben superiore in Italia che all’estero, viene stimato attorno all’1,5-2 per cento del fatturato. Un suo dimezzamento sarebbe già un passo consistente sulla via del recupero.
Una seconda area di intervento è quella della giustizia amministrativa, trascurata dall’opinione pubblica e fortemente disastrata. Nell’era della globalizzazione sono semplicemente inaccettabili le attese di mesi o di anni per il recupero di un credito o per una procedura fallimentare, che si traducono in costi assai gravosi per l’intero “sistema Paese”.
Semplificazioni e riforme non devono fermarsi agli uffici fiscali e giudiziari, ma riguardare i processi di decisione pubblica. Una riduzione sensibile nei tempi di pagamento delle amministrazioni centrali e periferiche, e soprattutto la certezza di tali tempi, si tradurrebbero in una sicura riduzione di costi, rapidamente realizzabili.
Complessivamente, si può stimare che un’azione sufficientemente incisiva in queste tre aree consentirebbe da sola di recuperare da un terzo alla metà della perdita di competitività. Per la parte restante, occorre affrontare nodi strutturali, come quelli del trasporto merci, oggi di fatto razionato, con conseguente aggravio di costi, dell’energia, più cara che all’estero, dell’istruzione e di altri servizi pubblici.
L’Italia, insomma, presenta aree nascoste di inefficienza, sulla cui eliminazione è ragionevole pensare a un consenso nazionale. Anche perché, senza tale eliminazione, l’Italia non manterrà a lungo una posizione di qualche rilievo nel nuovo quadro europeo.

   
   
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