Di fronte a tutto questo, è rimorta
la speranza del Sud
di vedere scalfita
la distanza ormai
siderale che lo
separa dal resto
del Paese.
Speranza ancora una volta sinonimo
di illusione.
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Sviluppo Italia è nata il 9 gennaio 1999, come
somma di due società in una superholding che avrebbe dovuto
affrontare i problemi del Mezzogiorno dItalia con una moderna
ingegneria finanziaria in grado di incentivare lavoro e occupazione,
alla maniera di quanto si è verificato, ad esempio, in Spagna
e in Irlanda, aree europee che stanno registrando livelli di sviluppo
delle rispettive aree depresse da noi semplicemente impensabili.
Dopo un lungo periodo di impudico silenzio, durante il quale sembrava
essere perfino proibito pronunciare i nomi propri delle latitudini
meridionali, con Sviluppo Italia ci si proponeva di
realizzare il massimo di fantasia creativa e il massimo di strategia
operativa per disancorare il Sud e i meridionali dal loro fuso orario,
per portarli dapprima in Italia e subito dopo in Europa.
Meno di un anno dopo, il bilancio di fantasia e di strategia ha
confuso le idee di quanti si interessano ancora (sparsi e dispersi
superstiti) al problema meridionale. Questi, infatti, sono i dati
dellattività della società pubblica:
accordo con il Thtidc Torch High Technology Industry Development
Center per la realizzazione di parchi scientifici in Cina;
investimento nel parco marino Le navi, di Cattolica,
gestito dalla genovese famiglia Costa, per la promozione del turismo
sulla riviera adriatica;
stanziamento di 80 miliardi alla Granarolo Felsinea,
che ha sede a Bologna e produce latte in tutto il Nord;
finanziamento a favore dello stabilimento Aia
di San Martino Buonalbergo, in quel di Verona, 77 miliardi per potenziare
gli allevamenti di polli;
stanziamento di 476 miliardi per collaborazione col Centro
di biotecnologie avanzate di Genova, che fino a questo momento ha
dato in cambio una conferenza stampa che si terrà presumibilmente
nel prossimo mese di maggio;
finanziamento di unindagine intitolata Zenit
2000, che consisterà «nel chiedere che cosa cè
dietro langolo» a venti superesperti, fra i quali il
giudice Giancarlo Caselli e la regista Lina Wertmüller;
intervento nel capitale della Synthesis, ex Olivetti Synthesis,
settore arredamenti per uffici, radicata sostanzialmente nelle regioni
del Nord;
14 miliardi per un intervento di potenziamento
della Nuova Campari SpA, settore macellazione delle
carni, ubicata a San Martino in Rio, provincia di Reggio Emilia.
E stato dunque inventato il Mezzogiorno padano? Oppure, a
nostra insaputa, lItalia si è capovolta? Per il Sud
tradizionale, infatti, Sviluppo Italia ha messo in moto
una geniale macchina da guerra in grado di cancellare una volta
per tutte gli annosi problemi che assillano quella terra: 36 miliardi
(ma destinati alla Legacoop, che meridionale proprio non è)
perché si rilevi un impianto di carpenteria metallica in
Sardegna; da 60 a 70 miliardi perché la Sicilia diventi la
capitale del golf, con una quindicina di campi che migliaia di famiglie
potranno frequentare per darsi un tono e per dare un nome alla loro
fame; un miliardo e mezzo per la creazione di due (proprio così:
due!) posti di lavoro alla Cuni Oasis di Avellino, conigli
da seme per inseminazione artificiale; cinque miliardi per cinque
dipendenti della Dili Protection di Bovino, in provincia
di Foggia, produzione di speculum vaginale monouso. I meridionali
possono dormire sonni tranquilli: i problemi delloccupazione
sono risolutamente avviati a soluzione.
Di Sviluppo Italia facevano parte otto diversi enti:
Itainvest, Ribs, Ig, Insud, Spi, Finagra, Ipi ed Enisud. Poi cè
stata lindecifrabile defezione di Enisud, vagamente smentita
in questi ultimi tempi. Infine, si sono registrate varie latitanze,
sia pure intermittenti: quella di Confindustria prima delle altre,
forse perché un minimo, ma proprio minimo di pudore deve
conservarlo ancora.
Parole
per una storia
«Meridionale, io sentivo che i
miei conterranei, sempre delusi per la mancata attuazione
delle promesse che erano state loro fatte, avrebbero particolarmente
apprezzato la novità che si presentava con un nome,
Cassa, il quale attestava da solo che questa volta
cerano i denari. De Gasperi, che si rendeva
conto dello sforzo che nelle condizioni di allora lo Stato
si apprestava a compiere, ebbe la preoccupazione che il nome
attirasse troppe cupidigie, e incaricò
Vanoni, perché aveva studiato con me il progetto, di
trovare uno meno sonante. Gli disubbidimmo».
(Donato Menichella, Concretezza, 16 agosto 1964)
«E presto ora dire in quale
forma ed in quale misura i lavoratori porteranno questo contributo.
Io non lo so ancora.
Sarà un contributo sotto forma di una modesta percentuale
sui salari, sotto forma di un lavoro supplementare che si
farà per aiutare lo sviluppo economico della Nazione?
Nelluno o nellaltro modo i lavoratori sono pronti
ad accollarsi questo sacrificio».
(Giuseppe Di Vittorio, Conferenza CGIL, 18-20 febbraio 1950)
«Limmagine del Mezzogiorno che più porto
dentro di me è quella di una maestra elementare di
Nuoro, Margherita Sanna, che incontrai in una delle nostre
ricorrenti peregrinazioni nellisola. Ricordo il fervore
con cui descriveva, quasi come una novella Grazia Deledda,
le donne sarde vestite di nero che facevano a piedi tre o
quattro chilometri al giorno per andare a raccogliere lacqua
sui greti dei fiumi. La Cassa ha portato lacqua nelle
case dei sardi e, forse, questo ha rappresentato uno strumento
di consenso per la classe politica dominante. Che dovevamo
fare, lasciare il Mezzogiorno a secco?».
(Gabriele Pescatore, Corriere della Sera, 11 settembre 1995)
«A una sfida coronata da successo
il recupero della stabilità monetaria, il riequilibrio
dei conti pubblici, la riconquista della credibilità
internazionale, la partecipazione alla creazione della moneta
unica europea segue ora una sfida, ancor più
ambiziosa, ancor più vitale, ancor più difficile:
tradurre pienamente in atto le potenzialità di sviluppo
che il Paese possiede...».
(Carlo Azeglio Ciampi, Camera dei Deputati, 1° ottobre
1998)
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Chi invece sembra averlo perso quasi del tutto è il presidente
di Sviluppo Italia, il quale, dopo essersi detto «orgoglioso
e sereno per il lavoro svolto», altrettanto orgogliosamente
e serenamente ha sostenuto: «Abbiamo fatto quello che ci veniva
chiesto». Chiesto da chi? Mistero della fede! Intanto, mentre
lineffabile superburocrate rinunciava al proprio pensiero,
facendo soltanto quel che gli veniva chiesto (o imposto?), il Sud
perdeva 62 mila posti di lavoro. Quando finalmente se ne è
accorto, il ministro del Tesoro deve aver suggerito di non chiedere
più nulla al megapresidente, pena la tabula rasa del lavoro
nel Mezzogiorno. E tanto per discolparsi, lo ha ridimensionato,
ferma restando la struttura pesante di Sviluppo Italia:
700 dipendenti, fra cui 160 dirigenti (primato mondiale: uno ogni
quattro impiegati, con stipendi da 200 milioni lanno).
E un tema, quello delletica in economia e in politica,
che non sfiora più, se non marginalmente, lintelligenza
pubblica, se quel che accade si incentra su attività come
quelle svolte finora da questo carrozzone, e se è vero, comè
vero, che sta invece a cuore ai vescovi (come si è visto
a Napoli, alla 43ª Settimana Sociale dei Cattolici Italiani)
e al Papa, che ha lanciato un appello ai politici perché
si occupino seriamente dei problemi del Sud; e, soprattutto, al
Governatore della Banca dItalia, Fazio, il quale è
tornato sullargomento, illustrando la sua soluzione per leconomia
italiana: rilanciare la crescita economica e combattere lesclusione
dei giovani dalla società, per riunire le due Italie;
attrezzare il Paese alle sfide della globalizzazione, per attrarre
nuovi investimenti e creare lavoro attraverso regole più
adeguate; tagliare la spesa pubblica in un arco di cinque-dieci
anni, per consentire un abbassamento della pressione del fisco sulle
imprese e sulle famiglie; contrastare la corruzione, perché
«anche letica degli affari è unesigenza
del mercato»; investire sulla scuola e sulla ricerca, per
potenziare appieno le potenzialità del Paese.
Per il Governatore, lItalia «si trova in una delicatissima
fase di transizione», e dunque «in un momento storico»:
la globalizzazione delleconomia e linvecchiamento della
popolazione accentuano i problemi dei nuovi «esclusi»,
che sono soprattutto «giovani e meridionali». E se il
Pontefice parla di «sussidiarietà», Fazio ricorre
al concetto di «solidarietà strategica» tra proprietà
e lavoratori. Anche alla disoccupazione, che ha raggiunto un primato
europeo, serve una «terza via». Sostiene Fazio: la flessibilità
non va ricercata soltanto nella temporalità del rapporto
di impiego. Perché se è vero che il posto fisso non
esiste più, è altrettanto vero che servono soluzioni
intermedie che rendano più flessibili i costi e nello stesso
tempo meno instabili le forme di occupazione. Come? «Nella
solidarietà strategica si genera di fatto una compartecipazione
dei lavoratori sia al capitale che alle sorti dellimpresa».
E il risvolto laico del principio cristiano espresso da Giovanni
Paolo II, il quale, sottolineato che nel Mezzogiorno vive il 36
per cento della popolazione italiana, ma con un reddito pro capite
del 45 per cento più basso rispetto al resto del Paese, ha
sostenuto la necessità di «appoggiare ed incoraggiare
quei progetti di finanza etica, di micro-credito e di commercio
equo e solidale che sono alla portata di tutti e possiedono una
positiva valenza anche pedagogica nella direzione della responsabilità
globale». Unica soluzione, questa, perché i più
deboli non continuino a pagare per primi.
E chi sono, oggi, i più deboli in Italia? I poveri, coloro
che emblematizzano la nuova povertà, vivendo una condizione
di inumanità che attende la guarigione da unintelligente
e tenace azione di giustizia. Vediamo le cifre (dati Istat, gli
ultimi disponibili, 1988) di questa antica piaga:
in Italia le famiglie povere sono due
milioni 558 mila, pari all11,8 per cento del totale; ovvero,
sette milioni 423 mila persone, pari al 13 per cento della popolazione;
le più povere sono le famiglie con oltre cinque componenti:
lincidenza a livello nazionale è del 22,7 per cento,
ma al Sud sale al 34 per cento. Nelle famiglie con un figlio lincidenza
di povertà è del 13,9 per cento. Nelle famiglie con
tre o più figli minori è del 27,2 per cento, ma al
Sud diventa del 37,8 per cento;
su cento famiglie povere, circa 65 risiedono nel Sud continentale
e nelle Isole. Al Sud è povero il 23,2 per cento dei nuclei
familiari: cinque milioni e 32 mila persone. Rispetto allanno
precedente, la situazione è peggiorata anche al Centro, dove
si contano circa 314 mila famiglie povere;
i più poveri sono i componenti delle 950 mila famiglie
(4,4 per cento del totale) che vivono sulla linea di povertà
assoluta fissata, per una famiglia di due persone, in circa
994 mila lire mensili, così ripartite; al Nord 1,6 per cento;
al Centro 2,2 per cento; al Sud 9,7 per cento.
E di fronte a tutto questo, è rimorta la speranza del Sud
di vedere scalfita la distanza ormai siderale che lo separa dal
resto del Paese. Speranza ancora una volta sinonimo di illusione.
E per dirla con Dahrendorf, «le illusioni» altro non
sono che «le speranze che non si colorano di realtà».
Una citazione suggestiva, che vale la pena di richiamare, perché
crediamo riassuma con molta efficacia lo stato danimo del
Mezzogiorno del Duemila.
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