Le nuove tecnologie offrono al Paese la possibilità di fare
uno straordinario balzo in avanti, analogo a quello compiuto
nel dopoguerra.
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Laffermazione è stata attribuita allavvocato
Agnelli: «Finora Azienda Italia è stata
una metafora, un luogo comune. Perché non proviamo a tradurla
in pratica? A fissare per il Paese quei parametri di raffronto con
i concorrenti che usiamo nelle imprese?». In realtà,
sappiamo bene che da un confronto del genere il Paese esce malconcio.
Siamo sotto la media europea per infrastrutture e per formazione
di nuove imprese. Siamo terzultimi per sistema finanziario, per
capitale umano e per tecnologia. Siamo penultimi per mercato del
lavoro. Siamo ultimi per il ruolo distorsivo dello Stato. In estrema
analisi: siamo ultimi nellindice generale dei Paesi delleuro,
in tempi in cui con la moneta unica non possiamo più contare
sulle furbesche svalutazioni che in passato sono state usate per
far calare la febbre, non per guarire la malattia.
Di qui, la necessità di rimedi urgenti, ma non effimeri,
strumentali, di breve durata. Le aree prioritarie di intervento
riguardano la flessibilità del lavoro, la struttura e il
livello del costo del lavoro, il fisco, la pubblica amministrazione,
le infrastrutture, i trasporti, la politica della concorrenza e
le liberalizzazioni, in particolare nellenergia e nei servizi
pubblici locali, gli investimenti in ricerca e innovazione, la formazione
del capitale umano. Il problema non è da quale parte cominciare,
è nel dover cominciare subito, mettendo mano a una rivoluzione
copernicana del Sistema Italia, perché cessi
di essere allarme Italia.
Quali sono le cause di fondo della situazione attuale? Ne prendiamo
in esame le più eclatanti.
Costo del lavoro. Su cento lire di stipendio, le nostre
imprese ne pagano 143 per gli operai e 138 per gli impiegati. Un
operaio ne riceve in busta paga 73 e un impiegato 69. Lincidenza
dei contributi per azienda e dipendenti è in Italia il 60
per cento della retribuzione netta; in Germania il 52; in Spagna
il 42; in Gran Bretagna il 22 per cento.
Fisco. Il prelievo fiscale-contributivo è in Italia
il 47 per cento del Prodotto interno lordo: tra i più alti
del mondo. Di soli adempimenti fiscali le imprese spendono l8
per cento delle imposte e contributi versati. E questa una
delle ragioni fondamentali che dissuadono dal fare impresa.
Pubblica amministrazione. I soli adempimenti amministrativi
costano alle imprese italiane 23 mila miliardi allanno, pari
all1,2 per cento del Prodotto interno lordo. I costi per retribuire
consulenti esterni in grado di interpretare le innumerevoli e complicatissime
norme costituiscono ben il 52 per cento. Secondo un recente Rapporto
dellUnione economica e monetaria, per registrare una società
in Italia sono necessarie sedici settimane; in Francia, la metà,
otto; in Irlanda quattro; in Gran Bretagna solo una.
Infrastrutture. LItalia spende in opere pubbliche
l1,4 per cento del Prodotto interno lordo: meno della metà
della media europea. Negli ultimi dieci anni gli investimenti sono
diminuiti del 45 per cento.
Trasporti. Il trasferimento delle merci avviene per il 65
per cento con lautotrasporto. Italia e Grecia sono gli ultimi
Paesi europei in cui sopravvivono tariffe regolamentate. In Francia,
dove le tariffe sono state liberalizzate dieci anni fa, i prezzi
sono diminuiti del 20 per cento. Un camionista dipendente tedesco
o olandese guadagna più del collega italiano, ma il costo
per limpresa è del 25 per cento inferiore. Le esportazioni
su strada, per esempio, da Milano alla Danimarca con aziende nazionali
costano il 33 per cento più di quanto, sulla rotta di ritorno,
Danimarca-Milano, costano con unazienda straniera. Le tariffe
dellautotrasporto nazionale sono superiori del 15 per cento
rispetto a tutti gli altri Paesi delleuro. Risultato: un costo
in più, per la distribuzione, dal 6 al 10 per cento.
Energia elettrica. I costi giungono a superare del 45 per
cento la media europea. In alcuni settori, come quelli della chimica
e della siderurgia, il costo dellenergia supera del 60 per
cento quello del lavoro. La situazione è aggravata da tasse
e sovrattasse di vario tipo. Ma anche senza imposte e balzelli il
costo dellelettricità in Italia supera del 25 per cento
quello europeo. In Spagna e in Gran Bretagna, con la completa liberalizzazione
del mercato, lelettricità costa rispettivamente il
21 e il 15 per cento meno che nel nostro Paese. In Germania, a liberalizzazione
avviata, costa già il 10 per cento in meno.
Computer e Internet. Il 3 per cento degli italiani possiede
un personal computer, contro il 30 per cento degli americani. Alla
fine del 99 i siti Internet da noi erano circa 600 mila; negli
Stati Uniti 25,2 milioni; in Canada 2,6; in Gran Bretagna 2,2; in
Germania 2,1; in Giappone 1,8; in Francia oltre un milione.
Scuola. Nel nostro Paese, il 62 per cento della popolazione
ha soltanto il diploma di scuola media inferiore; in Francia il
40 per cento; in Germania il 19 per cento. I fondi per listruzione
primaria e secondaria sono in Italia superiori alla media europea,
ma vengono spesi soprattutto per gli stipendi degli insegnanti.
Situazione opposta per lUniversità, dove i fondi sono
inferiori alla media europea. Il tasso di abbandono degli studi
nellUniversità in Italia è altissimo: il 36
per cento
Di fronte a un paesaggio che diventa sempre più pericolosamente
desolante, si è alzata la voce di Fazio. Che si tratti di
una terza o di una quarta via, come si è
detto e scritto, ha poca importanza. Chiunque abbia consuetudine
con Bankitalia e con lo stesso Governatore sa benissimo che si tratta
di idee, interpretazioni, ricette che non sono nate nello spazio
di un mattino, ma sono andate via via maturando negli anni, finendo
col diventare progetto unitario da collocare in un disegno generale,
diverso da tutti quelli presentati dalle diverse forze politiche
e incentrato su alcuni fondamentali punti-cardine.
Il primo aspetto è teorico, ma di indispensabile spessore,
e riguarda il mercato. Fazio ritiene che senza unetica forte
leconomia di mercato non sia efficiente dal punto di vista
tecnico. Il secondo riguarda la globalizzazione: laccelerazione
è venuta dalla spinta di pochi gruppi mondiali. Il terzo
riguarda lItalia: le nuove tecnologie offrono al Paese la
possibilità di fare uno straordinario balzo in avanti, analogo
a quello compiuto nel dopoguerra. Ma, per farlo in concreto, occorre
eliminare una serie di ostacoli.
Il ragionamento del Governatore parte dalloccupazione. Anzi,
per la precisione, parte dal lavoro nero. Al Nord è causato
dalleccesso di pressione fiscale, al Sud dalla povertà.
Distorsioni micidiali. Come porvi rimedio? Con tre mosse. La prima:
rendere flessibile il salario, checché ne dica la Cgil, collegandolo
allo stato di salute dellazienda. Obiettivo: aiutare le imprese,
senza mettere in discussione il posto del lavoro, come invece pensano
i fautori della licenziabilità. La seconda: contenere le
spese statali, e in particolare riformare il sistema pensionistico
per garantire la sostenibilità, ma anche per creare lo spazio
per la terza mossa: una forte ma graduale riduzione della pressione
fiscale, necessaria per far decollare gli investimenti, ma anche
per eliminare il lavoro nero e levasione al Nord. Come dire:
efficienza e bene comune messi insieme, gradualità e fermezza,
senso di responsabilità e lungimiranza, se si vuole superare
lorizzonte apocalittico che, in caso contrario, ci attende.
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