Marzo 2000

SPECCHIO DEL TEMPO

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Il malessere del Nord
a. b.
 
 

 

 

 

 

 

Al di là dei problemi economici,
ciò che può pesare
è la minaccia,
avvertita da intere
categorie sociali
o anagrafiche,
al senso
di appartenenza,
di classe, di lingua,
di geografia.

 

Per almeno sei mesi non ne ha parlato quasi nessuno. Poi, improvvisamente, la Lega è tornata nelle pagine politiche dei quotidiani, grazie alla “marcia su Roma”, ma, soprattutto, in virtù di accordi più o meno palesi con almeno una parte del Polo. Di fatto, nonostante espulsioni, scissioni, anatemi e altri “strappi” di varia natura e origine, non tutti i segnali vanno nella direzione della prossima scomparsa della minaccia rappresentata da Bossi. In tutta Europa, negli ultimi due anni, si sono affacciati con successo leader tribunizi e anti-partiti, che hanno raccolto consenso facendo leva sulle inquietudini suscitate dall’impennata dei flussi migratori e dal relativo sentimento di insicurezza.
E’ una reazione che distingue l’Europa opulenta arroccata attorno alle vette alpine, come dimostra il successo di Haider in Austria e di Blocher in Svizzera. Qualcosa di simile, però, si è verificato anche più a nord, grazie all’avanzata di Glistrup in Danimarca e di Hagen in Norvegia.
Neppure il cuore dell’Unione europea è estraneo al fenomeno: lo dimostrano i casi del Front Populaire di Jean Marie Le Pen (oggi, così come la Lega, indebolito da scissioni e divisioni) in Francia, di Dillen in Belgio, di Schinhuber in Germania, fino a Janmaat in Olanda. Ovunque, le difficoltà dell’Europa monetaria a far ripartire il volano dell’occupazione hanno favorito l’insorgere di rancori cupi, di reazioni pre-politiche che hanno spiazzato sia la sinistra sia la destra tradizionali.
«Non fatevi impressionare dai dati delle elezioni europee», ha dichiarato al proposito Bossi. «Anche Haider aveva dimezzato i suoi voti. Poi, pochi mesi dopo, li ha raddoppiati». In attesa della riscossa, il leader della Lega si è mosso e continua a muoversi sul terreno a lui più congeniale: l’arroccamento nelle aree tradizionali del movimento, la Pedemontana lombarda, con le sue propaggini piemontesi e venete, con alcuni nuclei duri di militanti più obbedienti che pensanti, pronti a punire i “dissidenti” anche più noti, come l’ex numero due, Formentini. Negli ultimi anni, del resto, è tramontata la vague federalista (con gravi responsabilità del Carroccio); il secessionismo con la sua simbologia misterico-buffa, o ritual-strapaesana, appartiene al passato; ma il malessere della questione settentrionale è ancora vivo. Anzi, ha ormai assunto tinte più congeniali alla filosofia da Strapaese delle “camicie verdi”.

Nei primi anni Novanta, la “rabbia del Nord” combinava il fastidio della piccola e media borghesia contro Roma alla richiesta del tessuto imprenditoriale di un governo in grado di agganciare l’Europa di Maastricht. All’improvviso, il leader leghista si trovò a rappresentare la spinta di un “popolo dei produttori”, orfano della formidabile capacità di rappresentanza dei cattolici (soprattutto nel Veneto e nella Lombardia del Nord, oltre che nel Piemonte meridionale e nel Biellese) assieme alla curiosità e alla benevolenza di parte della borghesia delle metropoli, sconcertata da Mani Pulite.
A metà anni Novanta, lo stesso leader dovette scegliere tra chi puntava sull’integrazione europea e chi invece rifiutava la moneta unica. Con un’opzione infelice ma forse inevitabile, puntò sull’isolazionismo, come del resto imponeva la tradizione localistica dei nuclei duri del suo movimento. L’ingresso dell’Italia nell’euro fu un colpo duro per la Lega, al punto di spezzare l’unità fittizia tra il “popolo dei produttori” padani e quella borghesia che guardava all’integrazione nell’Unione europea come ad un obiettivo fondamentale. Di qui, un lungo travaglio, accompagnato da una progressiva perdita di peso elettorale e politico del movimento. Ora Bossi ne prepara una nuova edizione, puntando sull’incapacità della classe politica di aggredire i nodi strutturali dell’arretratezza italiana e preparandosi a giocare in chiave distruttiva carte vecchie e carte nuove. La xenofobia più becera, sicuramente. Ma non solo.
La Lega tende a riunire attorno a sé le vittime, vere o presunte, della globalizzazione e del passaggio ad una società post-industriale. Il Carroccio sa di poter contare sulla paura di classi e ceti sociali sfibrati dalla lunga rincorsa all’Europa: pensionati, ma anche agricoltori minacciati dall’apertura dei mercati ai Paesi extra-Unione europea; colletti bianchi impegnati nei servizi finanziari, bancari e assicurativi, che pagano a caro prezzo la riorganizzazione del settore. Al di là dei problemi economici, ciò che può pesare è la minaccia, avvertita da intere categorie sociali o anagrafiche, al senso di appartenenza, di classe, di lingua, di geografia. Il senso di identità, insomma, che sarebbe intaccato da macroprocessi che la politica stenta a governare.

In una cornice del genere, persino società ricche e fino a ieri avvolte in un guscio di forte serenità e sicurezza (si pensi a Bologna) rischiano di mandare messaggi di emergenza e di cambiamento. Soprattutto se la domanda di identità è alimentata da leader capaci di trasformare l’angoscia da spaesamento in una risposta politica che punti sull’ostilità verso lo straniero e l’establishment. Non a caso, i temi forti dell’ondata populistica sono la sicurezza e l’immigrazione. L’economia, per ora, resta sullo sfondo, anche se è viva la paura dell’esproprio da parte delle multinazionali; Internet è vissuta come un nemico, al pari delle biotecnologie e di tutto ciò che può sradicare le care, vecchie, sane abitudini.
Troppo facile, e sbagliato, tacciare questo fenomeno di fascismo, anche perché il rifiuto verso il nuovo si ritrova in molte posizioni “di sinistra”. Solo questo può spiegare l’assurda lotta delle Rappresentanze sindacali che si richiamano a Rifondazione contro l’accordo che prevede per i lavoratori extra-Unione europea la possibilità di accorpare le ferie per limitare le lunghe trasferte: o l’intesa vale per tutti, sia per chi abita a Belluno sia per chi risiede a Ouagadougou, o per nessuno, ha dichiarato tra gli applausi il delegato di Bertinotti. Difficile negare che si tratti di un qualunquismo di sinistra, dietro cui si nascondono paure assai vicine all’anima “popolare” della Lega.
Il fenomeno non ha nulla a che vedere con la richiesta di autoritarismo e con la nostalgia dell’uomo forte (sentimenti comunque vivi nell’Italia padana, più ricca e meno afflitta dalla disoccupazione).
Risponde, in realtà, a disagi nuovi, tipici di una società post-industriale. Alla prima difficoltà, un mondo fino a ieri povero (il Veneto, ma anche la Baviera e buona parte delle vallate austriache e svizzere) riattiva le sue insicurezze, avverte il richiamo del “suolo”. Ed è questa “missione” che Bossi sta riempendo con le sue innegabili capacità di affabulatore: al tema classico della lotta contro Roma padrona (e ladrona) si accompagna l’evocazione dell’imperialismo franco-tedesco e si innesta l’odio contro l’America madre di tutti i vizi moderni. Alla crociata per i popoli liberi, che ha portato il leader leghista a fraternizzare con Zhirinovskji e con Milosevic, si associa, infine, un alone mistico e religioso.
Il localismo, in questa visione, si richiama al Medioevo, con le sue fortezze e castelli turriti, con le sue mura, con le orde vaganti, ma anche con i suoi malumori fiscali verso il principe, con l’orgoglio di appartenere a una tribù, a un branco che si autodefinisce in virtù di lingua, razza e riti. Una sindrome curiosa che colpisce gente ricca ma incapace di dominare il proprio destino e che si “scarica”, si sfoga con nuove manifestazioni di protesta.
Quali spazi può avere nel Nord la Lega rivista e corretta? Molto dipende dall’abilità dei suoi concorrenti politici, dall’efficacia delle loro proposte per smontare la questione sicurezza. Ma non sarà facile flirtare, magari sottobanco, con i resti del movimento, sperando di raccogliere una cospicua eredità elettorale, come si propongono in molti, e di tutte le parti. Il rischio è di scherzare davvero col fuoco.

   
   
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