I floricoltori
pugliesi hanno uno scarso contatto
con i mercati esteri e la produzione
regionale si ferma prevalentemente
allinterno
della regione.
|
|
Leconomia pugliese si basa prevalentemente sul reddito prodotto
nellambito del settore terziario che rappresenta circa il
51% del valore aggiunto complessivo al costo dei fattori. A tale
valore se si aggiungono i servizi non vendibili, forniti
dallamministrazione pubblica e da altre istituzioni sociali,
si raggiunge il 70% del valore complessivo delle attività
economiche.
Il processo di terziarizzazione delleconomia pugliese, come
in quella nazionale e nella maggior parte dei Paesi industrializzati,
è avvenuto prevalentemente a discapito del settore agricolo,
che attualmente rappresenta circa l8,2% del valore aggiunto
complessivo (valore comunque superiore alla media nazionale), ma
anche del settore industriale che costituisce circa il 22% del valore
aggiunto.
Riguardo al settore agricolo, questo registra una posizione di tutto
rilievo a livello nazionale, rappresentando nel 1998 con circa 7.060
miliardi di lire l8,7% della produzione agricola italiana.
Limportanza dei diversi settori produttivi nella composizione
della produzione dellagricoltura pugliese varia negli anni
soprattutto in funzione dellandamento produttivo del comparto
olivicolo che segue, per motivi principalmente di ordine fisiologico,
unalternanza produttiva. Il settore di maggiore importanza
economica è rappresentato dalla produzione di patate ed ortaggi
che nel 1998 costituisce circa il 25,4% della Produzione agricola
regionale, seguito dalla olivicoltura con il 19,2% e la vitivinicoltura
con il 16,8% (Tab. 1).
Il settore florovivaistico in Puglia rappresenta circa il 5,7% del
valore della produzione agricola, entità inferiore rispetto
ai primi anni 90 quando il settore floricolo registrava forti
tassi di crescita produttiva.
Nel periodo compreso tra il 1986 e il 1993 la PLV floricola ha registrato
un incremento del 56% in Italia e del 104% in Puglia, mentre nel
periodo successivo tra il 1994 e il 1998 la dinamica si è
invertita registrando una crescita del settore floricolo in Italia
del 25% e in Puglia del 7%. Comunque, pur manifestando un rallentamento
nella crescita produttiva, la floricoltura pugliese detiene un ruolo
importante nelleconomia agricola pugliese e nellambito
della floricoltura nazionale. Infatti la Puglia con 400 miliardi
di lire rappresenta l11% della produzione nazionale florovivaistica,
quando il valore delle produzioni agricole pugliesi rispetto allintero
comparto nazionale rappresenta l8,7%.
Il peso del settore agricolo regionale, e in particolare di quello
florovivaistico, che richiede un forte impiego di manodopera, viene
evidenziato anche a livello occupazionale. Infatti gli attivi agricoli
in Puglia, nel 1997, rappresentano, con 145.000 unità, il
12% degli occupati totali delle diverse attività economiche,
mentre la percentuale nazionale si attesta intorno al 7%.
Limportanza della floricoltura nellambito delleconomia
agricola regionale è disomogenea sul territorio per via della
non uniforme distribuzione dellattività floricola sui
territori provinciali. Praticamente sono Bari e Lecce le province
a principale vocazione floricola rappresentando circa i 2/3 della
produzione regionale. Nella provincia di Lecce lagricoltura
rappresenta il 5,4% del valore aggiunto complessivo provinciale,
a sua volta il settore florovivaistico rappresenta ben il 12,4%
della produzione agricola, entità comunque inferiore a quella
degli anni 80. Nella provincia di Bari lagricoltura
rappresenta circa il 5% e il settore florovivaistico costituisce
il 5,8% del valore della produzione agricola (Tab. 3).
Dal punto di vista evolutivo allinterno delle singole province
va osservato che, negli ultimi 5 anni, mentre la provincia di Lecce
perde alcune posizioni come peso relativo nellambito della
produzione regionale, le altre province, in particolare Bari, accrescono
la loro importanza.
2. Gli aspetti produttivi e strutturali della floricoltura pugliese
2.1. Le strutture produttive
Nel censimento del 1990 (ultimo dato disponibile) sono state registrate
in Puglia 1.608 aziende florovivaistiche, di cui 853, pari al 53%,
più propriamente floricole che producono fiori recisi e piante
ornamentali in vaso, la rimanente parte si riferisce alle aziende
vivaistiche che operano nellambito delle produzioni frutticole
(Tab. 4). Nella realtà, le aziende floricole attualmente
superano le 1.000 unità. La superficie investita, sempre
in base allultimo censimento, è stata di 542 ettari,
di cui 295 in piena aria e 247 in serra; la superficie media aziendale
si è attestata intorno ai 6.350 m2 con evidente concentrazione
delle aziende verso le piccole dimensioni. Effettivamente si riscontra
come la superficie media delle aziende pugliesi è superiore
alla media italiana di circa 1.000 m2 ed in taluni casi nettamente
superiore alla superficie media aziendale riscontrabile in regioni
storicamente vocate alle produzioni floricole (Liguria
0,4 ettari).
Interessante appare levoluzione strutturale della floricoltura
italiana e pugliese nel periodo tra i due censimenti. La Puglia
tra il 1982 e il 1990 ha visto aumentare sia il numero delle aziende
floricole da 563 a 853 (+51,5%) che la superficie da 275 a 542 ettari
(+97%) raggiungendo, nel 1990, la quota del 3,9% della superficie
nazionale destinata alla produzione di fronde e fiori da recidere:
nel 1982 tale quota era di appena il 2,8%. Anche la superficie media
aziendale ha registrato un sostanziale aumento, passando da 0,48
ettari del 1982 a 0,63 ettari del 1990.
In realtà, confrontando la distribuzione delle aziende per
classi di superficie, si denota che, in termini di dotazione in
fattore terra, le aziende pugliesi sono mediamente più
grandi della media nazionale. Delle 853 aziende floricole il 65%
si colloca tra 1 e 5 ha mentre a livello nazionale la stragrande
maggioranza delle aziende (58,2%) ha una superficie inferiore ad
1 ha.
Nonostante questa nota positiva, lo scenario aziendale in Puglia
rimane pur sempre quello di una miriade di aziende medio-piccole
spesso caratterizzate da un ordinamento produttivo non specializzato
alle produzioni florovivaistiche con un orientamento verso produzioni
stagionali non sempre di qualità soddisfacente. Anzi, va
aggiunto che un orientamento abbastanza diffuso, specie per quelle
strutture produttive poco dotate, è quello di convertire
lordinamento floricolo in orticolo a seconda della situazione
di mercato e dellorganizzazione aziendale.
Pertanto la modesta specializzazione e la facile riconversione dellordinamento
produttivo non consentono lutilizzo di dotazioni e attrezzature
particolari come serre e altre tecnologie di controllo dellambiente
(temperatura, fotoperiodo, umidità) tali da raggiungere quella
omogeneità della qualità e continuità della
quantità delle produzioni floricole indispensabili per far
fronte alle esigenze di mercato. Va sottolineato, però, che
un miglioramento nelle dotazioni e nellinnovazione tecnologica
si è riscontrato nelle aziende pugliesi. Se fino ad una ventina
di anni fa erano diffuse produzioni floricole da pieno campo o produzioni
che si avvalevano di semplici reti ombreggianti o serre in legno
e plastica, oggi i floricoltori pugliesi adottano sempre più
soluzioni più costose ma anche più funzionali e più
adattabili alla maggiore gamma delle specie floricole.
Dal 1982 al 1990 la superficie floricola pugliese sotto serra è
passata dai 126 ha ai 247 ha (Tab. 4). Se nel 1982 la superficie
serricola pugliese rappresentava il 4,3% della superficie totale
floricola italiana, nel 1990 tale valore è aumentato al 5%.
In definitiva, si può asserire che le aziende florovivaistiche
pugliesi, riguardo alle dotazioni strutturali (terra e tecnologie)
hanno saputo mantenere il passo delle altre regioni al fine di assicurare
un adeguato livello di competitività. Probabilmente in Puglia
la solidità strutturale del settore, se comparato alle altre
regioni italiane, è dovuta in parte alle sue origini recenti,
per cui le aziende neoformate hanno privilegiato le scelte tecniche
e produttive più avanzate e più razionali. In realtà,
le produzioni florovivaistiche pugliesi, le maggiori difficoltà
le trovano nellinserimento nei circuiti di mercato nazionali
e internazionali: tali difficoltà quasi mai hanno radici
a livello del settore strettamente produttivo ma più probabilmente
trovano motivo di esistenza nella organizzazione dellofferta
e nella commercializzazione del prodotto.
2.2 Le produzioni di fiori e piante
Nel 1997 la produzione pugliese di fiori e fronde da recidere è
stata di circa 1 miliardo di pezzi contribuendo allofferta
nazionale per il 19% (Tab. 5). Percentuale ben inferiore a quella
raggiunta nei primi anni 90 quando con il 24% della produzione
nazionale la Puglia deteneva la leadership nazionale nelle produzioni
di fiori e fronde da recidere. Il trend positivo delle produzioni
di alcune regioni come Campania, Liguria e Toscana e landamento
stazionario registrato da quelle pugliesi hanno determinato la perdita
di quote produttive posizionandosi dopo la Liguria e la Campania.
In Puglia sono oggetto di coltivazione oltre 60 specie di fiori
e fronde e un numero variabile di varietà per ogni specie.
Tali varietà sono in continua evoluzione indotta dalla necessità
di meglio adattare le produzioni da un punto di vista qualitativo
e quantitativo alle esigenze del mercato e quindi di differenziare
le produzioni e le caratteristiche (colore, grandezza del fiore,
serbevolezza, ecc.) relativamente ad una data specie. Negli ultimi
anni, molti floricoltori pugliesi, che hanno maturato una certa
esperienza nel campo, si sono orientati verso la produzione di bulbose,
essendo più agevole la programmazione della produzione in
periodi in cui più concentrata è la domanda.
La Puglia detiene il primato nella produzione di garofani (mediterranei
e americani) con il 34% dellofferta nazionale e concorre in
maniera preponderante nellofferta di importanti specie come
crisantemi (9,1%), rose (23%), gerbere (13,1%), gladioli (6,4%)
e fresie (16,5%). Risulta inoltre essere leader nazionale nelle
produzioni di specie floricole minori come anemoni (28,3%), statici
(30,6%) e dalie (38%).
Lofferta pugliese presenta una discreta diversificazione della
produzione seppur i garofani sono in prevalenza rispetto alle altre
specie con circa il 58% della produzione regionale. Produzioni altrettanto
importanti a livello regionale sono quelle delle rose (18%), anemoni
(6,6), gerbere (6%), crisantemi (4%) e gladioli (1,1%).
Dal punto di vista della produzione di piante ornamentali in vaso
sia da foglia che da fiore che grasse, la regione Puglia non ha
un peso analogo a quello riscontrato per il settore dei fiori recisi,
ma registra un andamento in forte e continua crescita. Infatti negli
ultimi 5 anni la produzione pugliese di piante ornamentali è
raddoppiata raggiungendo circa i 12 milioni di pezzi e concorrendo
a poco più del 4% dellofferta nazionale.
Le specie coltivate sono più di un centinaio. Fra quelle
fiorite le principali piante prodotte in Puglia sono le petunie,
che costituiscono il 6% dellintera produzione di piante fiorite,
le azalee (10%), le rose con il 21%, le ortensie con il 7%, le begonie
(4%), le poinsettie e le viole (5%).
Fra le piante ornamentali da foglia la più importante è
la dieffenbachia con il 18% della produzione regionale delle piante
da foglia; segue il croton (13%), il ficus (12,4%), il philodendro
(11%) e il pothos (9,3%).
3. Aspetti di mercato
I poli produttivi floricoli della regione Puglia sono principalmente
tre. Il primo a nord-ovest di Bari, che ha il suo centro a Terlizzi
ma che comprende anche altri comuni limitrofi quali Molfetta, Ruvo,
Giovinazzo e Bisceglie. Gli altri due sono situati a sud di Lecce
e fanno capo ai comuni di Taviano e Leverano comprendendo anche
gli agri di Alliste, Racale, Melissano, Ugento, Tricase, Maglie,
Nardò, S. Cesarea ed altri.
In accordo con la distribuzione geografica delle produzioni sul
territorio pugliese esistono tre mercati alla produzione due localizzati
nei poli di Leverano e Taviano, in provincia di Lecce, e laltro
a Terlizzi in provincia di Bari. Tali mercati consentono di svolgere
la prima fase di commercializzazione attraverso lincontro
diretto tra produttori e operatori commerciali. Essi svolgono un
ruolo importante nello smaltimento del prodotto soprattutto a livello
locale, mentre presentano una scarsa incidenza sulla distribuzione
a livello nazionale. Ciò è dovuto prevalentemente
alle carenze strutturali e organizzative dei mercati stessi, che
non offrono adeguati servizi tali da incoraggiare gli operatori
locali e nazionali ad utilizzare direttamente il mercato per le
relative attività commerciali. Le attività principali
dei mercati si sono spesso limitate ad organizzare i posteggi, aprire
e chiudere i mercati secondo determinati orari rigidamente prestabiliti,
far pagare le quote agli operatori e al massimo (non tutti) registrare
e pubblicare i prezzi e trarne alcune statistiche. Meno importanza
si è data, invece, a organizzare le modalità di esecuzione
delle transazioni per garantirne una maggiore razionalità
e trasparenza associata ad una maggiore valorizzazione delle produzioni
floricole. Si tratta di mercati poco attrezzati alla fornitura di
servizi relativi alla lavorazione, conservazione e commercializzazione
del prodotto utili per la costituzione di un mercato efficiente
e capace di accogliere gli operatori commerciali in maniera tale
da sviluppare scambi commerciali diretti senza ulteriori passaggi
in altre strutture per raggiungere i mercati del nord e quelli esteri.
Va evidenziato che sia il mercato di Taviano sia quello di Terlizzi
recentemente si sono dotati di una nuova struttura più ampia
e funzionale con annessi servizi capaci di agevolare le transazioni
e di nuove forme gestionali che dovrebbero favorire lo sviluppo
di nuove azioni di governo e rilancio dei mercati allingrosso,
al fine di recuperare competitività nei confronti dei circuiti
paralleli e favorire lo sviluppo della filiera floricola pugliese.
Come nella totalità dei mercati allingrosso italiani,
non tutta la produzione floricola regionale passa attraverso i mercati.
Taluni fiori di qualità pregiata o altri che si ottengono
solo in certe aziende ben conosciute dai commercianti passano direttamente
dal produttore al grossista, che li destina in gran parte ad altri
commercianti e grossisti di altre regioni. Ciò è possibile
anche perché un certo numero di commercianti sono, a loro
volta, produttori, per cui non portano le loro produzioni al mercato
e inoltre taluni produttori sono soliti recarvi solo un campione
dei fiori di cui dispongono che serve come base per la contrattazione,
mentre poi la merce viene ritirata direttamente in azienda.
Dunque, una valutazione precisa della quantità dei fiori
commercializzata allinterno dei suddetti mercati è
alquanto difficoltosa; attraverso delle stime realizzate con operatori
locali e verifiche effettuate sulla produzione si può valutare
che dellintera produzione regionale, relativamente alle principali
specie quali garofani, gladioli, fresie, iris, lilium, rose e miniatura,
circa il 65-70% non passa dalla libera contrattazione allinterno
del mercato.
Lofferta si presenta sul mercato alquanto frammentata, senza
alcuna forma di coordinamento e di programmazione della produzione.
Basti pensare che le cooperative floricole esistenti non raggiungono
il 10% della produzione e le associazioni dei produttori floricoli
non esercitano alcuna significativa forma di concentrazione dellofferta.
Tale aspetto risulta di fondamentale importanza non solo per fornire
un maggiore potere contrattuale ai produttori di fronte agli operatori
commerciali, ma soprattutto per consentire una continuità
dellofferta, una standardizzazione della produzione, una eventuale
preselezione della stessa in modo da presentare partite sufficientemente
ampie e uniformi e infine un risparmio di tempo con concreti vantaggi
per i produttori e per gli acquirenti. In definitiva, la presenza
di tre strutture mercantili operanti sul territorio regionale e
la mancanza di un sistema di imprese, in forma singola o associata,
rappresentativo della gran parte della produzione tale che possa
consentire un effettivo controllo nella organizzazione e gestione
dellofferta, determinano una situazione caotica a livello
commerciale a discapito dellimmagine e incisività di
penetrazione sul mercato nazionale e con conseguente dispersione
del valore aggiunto.
In generale, la distribuzione della produzione florovivaistica presenta
allinterno dellintera filiera un articolato mosaico
di situazioni a partire dai passaggi dei prodotti tra gli operatori
del settore a finire alle modalità e ai canali attraverso
cui si raggiunge il consumatore finale. Il dato precedentemente
accennato che il 65-70% della produzione non passa attraverso i
mercati alla produzione regionali e che la restante parte veicolata
attraverso i mercati interessa prevalentemente gli ambulanti, i
dettaglianti locali e i mandatari lascia presagire la complessità
e la lunghezza della catena commerciale che caratterizza il prodotto
pugliese.
I floricoltori pugliesi hanno uno scarso contatto con i mercati
esteri e la produzione regionale si ferma prevalentemente allinterno
della regione e in minima misura nelle regioni limitrofe: si stima
che il 70% della produzione regionale viene commercializzato localmente,
mentre il 30%, che riguarda essenzialmente rose, garofani e gladioli,
arriva sui mercati settentrionali.
I grossisti locali svolgono un ruolo importante nella commercializzazione
fuori regione della produzione: in definitiva, dipende da loro lo
sbocco verso nuovi mercati in quanto nel periodo in cui il grossista
garantisce la sua attività, prevalentemente nel periodo autunno-primaverile,
il prodotto viene acquistato direttamente in loco e commercializzato
sui mercati settentrionali (Lombardia, Piemonte, Lazio, Toscana
e le regioni lungo la fascia adriatica). La destinazione extra-regionale
è concentrata nel periodo ottobre-maggio sia per lorganizzazione
commerciale dei grossisti locali, ma anche perché i mercati
del Nord Italia hanno minore disponibilità di prodotto per
via delle condizioni climatiche.
Alcune considerazioni conclusive
Da quanto sinteticamente esposto si può desumere come il
settore floricolo costituisce una realtà importante per leconomia
pugliese non solo per lentità della produzione e il
riscontro sociale ed economico raggiunto, ma per le potenzialità
e le ulteriori possibilità di sviluppo che si possono intravedere
e che non sono state ancora del tutto espresse. Infatti landamento
di crescita manifestato negli anni Ottanta e primi anni Novanta,
che faceva intravedere la creazione di un polo con un ruolo primario
nellattività produttiva e commerciale nazionale, si
è attenuato negli anni recenti, specie in alcune aree della
regione. Ciò ha determinato un calo dellimportanza
relativa del settore florovivaistico pugliese rispetto alle altre
regioni che, invece, hanno registrato crescite produttive e commerciali
molto superiori (come Toscana, Campania e Liguria).
Gli elementi di maggiore difficoltà riguardano sia laspetto
produttivo che commerciale.
Per quanto riguarda il settore floricolo, in Puglia possiamo distinguere,
semplificando, due tipologie di strutture produttive. Quella più
numerosa, costituita da aziende di piccole dimensioni con utilizzo
di tecniche elementari, con produzione scarsamente standardizzate
e di modeste qualità, poco inclini a qualsiasi forma di innovazione.
Tali aziende, trainate da una crescita della domanda, dipendenti
prevalentemente dalla figura del grossista-raccoglitore senza alcuna
programmazione di vendita, basano la propria attività solo
su vantaggi di costo derivato dalla semplicità delle strutture
e dallimpiego del lavoro familiare in cui il fattore prezzo
è lunico elemento di competitività. Tale tipologia
organizzativa, nella maggior parte dei casi, non consente unaccumulazione
di risorse sufficiente ad alimentare gli investimenti produttivi
e organizzativi necessari per ristrutturare e far crescere in maniera
adeguata le aziende e lintero settore.
La seconda tipologia strutturale, di dimensioni più ampie,
con un discreto livello tecnologico ed elevati standards qualitativi,
presenta una più marcata attitudine allinnovazione
e alla creazione di forme di integrazione. Una certa attenzione
viene rivolta, anche, agli aspetti commerciali e di controllo gestionale
cercando di utilizzare le moderne leve competitive che oltre al
prezzo prendono in considerazione il contenuto in servizi, la differenziazione
e lampliamento della rete distributiva.
La tecnologia di coltivazione sta alla base della attività
produttiva ed è soggetta ad unevoluzione continua che
attraverso le innovazioni di prodotto e di processo tende ad aumentarne
lefficienza quantitativa (aumento della produzione per unità
di tempo e di spazio), qualitativa (produrre prodotti con standards
predefiniti e ripetibili) e ambientale. Le modeste dimensioni della
maggior parte delle aziende floricole, però, determinano
un certo rallentamento nellintroduzione dei derivati tecnologici
e nella utilizzazione di nuove pratiche colturali.
Tuttavia va riconosciuto che il comparto floricolo in Puglia ha
registrato una notevole crescita determinata da alcune condizioni
favorevoli quali, da un lato, lattitudine e la capacità
professionale dei produttori locali che hanno saputo creare una
tradizione consolidata e che, almeno per alcuni prodotti, hanno
consentito di mantenere una discreta posizione sui mercati, e dallaltro,
le condizioni climatiche favorevoli che consentono unottimizzazione
delle coltivazioni e costi di esercizio comparabili con quelli di
altre zone nazionali.
Naturalmente, tali condizioni, in un sistema economico sempre più
integrato e globalizzato, non sono più sufficienti per mantenere
una posizione competitiva sul mercato e per consentire una maggiore
penetrazione sui mercati nazionali ed europei.
La sfida per gli operatori di questo comparto sta divenendo sempre
più difficile e se nel passato molti agricoltori hanno scelto
il florovivaismo attratti anche da buoni livelli di remunerazione,
ora si trovano ad affrontare senza alcuna preparazione un mercato
molto più competitivo e strutturato dove i costi e la logistica
rappresentano gli elementi chiave per operare con successo. Riguardo
al settore commerciale, le carenze e le difficoltà manifestate
risultano di gran lunga più consistenti. Le inefficienti
strutture di mercato presenti, la mancanza di infrastrutture e di
servizi allinterno e allesterno dei mercati stessi,
linadeguatezza delle dimensioni dei mercati rispetto alle
esigenze concrete della produzione, specie in certi periodi di particolare
elevata domanda e di forte affluenza di fiori e lo scarso coordinamento
tra le parti interessate costituiscono un forte handicap per lorganizzazione
e la realizzazione di una moderna commercializzazione della produzione
floricola pugliese.
Le carenze strutturali e di servizi dei mercati allingrosso
determinano uno spostamento delle contrattazioni e dellallocazione
del prodotto verso canali commerciali alternativi. La crescita della
domanda dimpulso, la segmentazione della domanda del consumatore
e il suo orientamento verso qualità specifiche e novità
hanno fatto sì che si stringessero sempre più stretti
rapporti di coordinamento verticale tra i produttori floricoli e
gli acquirenti intemedi della catena distributiva, per regolamentare
meglio le relazioni qualità-prezzo, i servizi logistici e
le condizioni di compravendita, senza passare per le strutture del
mercato allingrossso.
Lo sviluppo di facili e snelli modelli di vendita, impostati sul
libero servizio adottati sempre più anche per
i prodotti floricoli (in stand di supermercati e negozi specializzati),
ha ampliato limportanza dellofferta da parte del floricoltore,
nei confronti del grossista, dei servizi accessori al prodotto floricolo,
quali adeguati dispositivi di trasporto e di imballo. Inoltre, la
grande distribuzione organizzata il cui sviluppo, se ancora in ritardo
in Italia (circa il 10% della produzione viene commercializzata
dalla GDO) rispetto ai Paesi più evoluti, riteniamo si accrescerà
nel futuro, accentuerà ulteriormente gli aspetti logistici,
qualitativi e organizzativi.
Pertanto diventa molto importante incentivare unazione di
raccordo tra produzione e commercializzazione. Le informazioni relative
allevoluzione della domanda, la programmazione del calendario
di produzione più consono allandamento dei prezzi e
della quantità domandata, e lo sviluppo di forme dintegrazione
tra produttori o categorie di produttori e commercianti andrebbero
sostenuti al fine di creare un sistema di collegamento tra fase
produttiva e commerciale. Ciò andrebbe realizzato attraverso
la formazione di gruppi associativi in forma cooperativa o consorziale
che attraverso unadeguata concentrazione dellofferta
possano mettere a punto una serie di azioni, quali controlli di
qualità, piani di produzioni, standardizzazione e differenziazione
della produzione tali da consentire un più efficace dialogo
con le forze di mercato e linserimento diretto delle produzioni
locali sui principali mercati di sbocco.
La costituzione di forme dintegrazione orizzontali (cooperative,
consorzi e qualunque altra forma) atte a favorire un certo livello
di concentrazione, standardizzazione e qualificazione dellofferta
diventa elemento indispensabile per avviare un ulteriore processo
dintegrazione verticale tra le diverse figure che compongono
la filiera floricola. Tali forme dintegrazione consentono,
attraverso accordi di varia natura con i canali della moderna distribuzione
o grossisti nazionali ed esportatori, di garantire ai produttori
una migliore programmazione delle produzioni e una riduzione dei
rischi così come di avvalersi di migliori livelli organizzativi
in maniera da utilizzare le leve del marketing e non ultimo di incrementare
il ruolo e la competitività dei mercati floricoli regionali.
La spinta per un miglioramento delle condizioni produttive e commerciali
coinvolge sia il settore pubblico che quello privato e attraverso
un efficiente e attivo coordinamento delle parti si potrebbero individuare
le possibili soluzioni dintervento per esprimere in pieno
le proprie potenzialità produttive e commerciali.
Iniziative del genere sono già operative in Campania, in
cui è stato creato un Consorzio tra produttori ed enti locali
per la valorizzazione e commercializzazione delle produzioni floricole.
Così come in Campania hanno sede due delle tre Macro Organizzazioni
Commerciali (MOC) approvate dal Ministero delle Politiche Agricole
e Forestali. Si tratta di nuove forme di impresa che inglobano più
figure economiche (aziende produttrici, associazioni dei produttori,
strutture di trasformazione e commercializzazione) lungo la filiera
per la valorizzazione qualitativa delle produzioni floricole del
Mezzogiorno e la razionalizzazione dei canali di commercializzazione
finanziata nellambito dei fondi strutturali comunitari.
Un ulteriore contributo al coordinamento e incentivazione potrebbe
essere ottenuto dalla messa in atto delle azioni che rientrano nel
patto territoriale sullagricoltura approvato recentemente
nellarea salentina la cui concreta e funzionale attuazione,
attraverso la concertazione delle forze sociali ed economiche del
territorio, potrebbe costituire un elemento di crescita e di razionale
sviluppo del settore floricolo.
|