Marzo 2000

RADIOGRAFIE

Indietro
Il florovivaismo
nell’economia pugliese
Giulio Malorgio
 
 

I floricoltori
pugliesi hanno uno scarso contatto
con i mercati esteri e la produzione
regionale si ferma prevalentemente
all’interno
della regione.

 

L’economia pugliese si basa prevalentemente sul reddito prodotto nell’ambito del settore terziario che rappresenta circa il 51% del valore aggiunto complessivo al costo dei fattori. A tale valore se si aggiungono i “servizi non vendibili”, forniti dall’amministrazione pubblica e da altre istituzioni sociali, si raggiunge il 70% del valore complessivo delle attività economiche.
Il processo di terziarizzazione dell’economia pugliese, come in quella nazionale e nella maggior parte dei Paesi industrializzati, è avvenuto prevalentemente a discapito del settore agricolo, che attualmente rappresenta circa l’8,2% del valore aggiunto complessivo (valore comunque superiore alla media nazionale), ma anche del settore industriale che costituisce circa il 22% del valore aggiunto.
Riguardo al settore agricolo, questo registra una posizione di tutto rilievo a livello nazionale, rappresentando nel 1998 con circa 7.060 miliardi di lire l’8,7% della produzione agricola italiana.
L’importanza dei diversi settori produttivi nella composizione della produzione dell’agricoltura pugliese varia negli anni soprattutto in funzione dell’andamento produttivo del comparto olivicolo che segue, per motivi principalmente di ordine fisiologico, un’alternanza produttiva. Il settore di maggiore importanza economica è rappresentato dalla produzione di patate ed ortaggi che nel 1998 costituisce circa il 25,4% della Produzione agricola regionale, seguito dalla olivicoltura con il 19,2% e la vitivinicoltura con il 16,8% (Tab. 1).
Il settore florovivaistico in Puglia rappresenta circa il 5,7% del valore della produzione agricola, entità inferiore rispetto ai primi anni ‘90 quando il settore floricolo registrava forti tassi di crescita produttiva.
Nel periodo compreso tra il 1986 e il 1993 la PLV floricola ha registrato un incremento del 56% in Italia e del 104% in Puglia, mentre nel periodo successivo tra il 1994 e il 1998 la dinamica si è invertita registrando una crescita del settore floricolo in Italia del 25% e in Puglia del 7%. Comunque, pur manifestando un rallentamento nella crescita produttiva, la floricoltura pugliese detiene un ruolo importante nell’economia agricola pugliese e nell’ambito della floricoltura nazionale. Infatti la Puglia con 400 miliardi di lire rappresenta l’11% della produzione nazionale florovivaistica, quando il valore delle produzioni agricole pugliesi rispetto all’intero comparto nazionale rappresenta l’8,7%.
Il peso del settore agricolo regionale, e in particolare di quello florovivaistico, che richiede un forte impiego di manodopera, viene evidenziato anche a livello occupazionale. Infatti gli attivi agricoli in Puglia, nel 1997, rappresentano, con 145.000 unità, il 12% degli occupati totali delle diverse attività economiche, mentre la percentuale nazionale si attesta intorno al 7%.
L’importanza della floricoltura nell’ambito dell’economia agricola regionale è disomogenea sul territorio per via della non uniforme distribuzione dell’attività floricola sui territori provinciali. Praticamente sono Bari e Lecce le province a principale vocazione floricola rappresentando circa i 2/3 della produzione regionale. Nella provincia di Lecce l’agricoltura rappresenta il 5,4% del valore aggiunto complessivo provinciale, a sua volta il settore florovivaistico rappresenta ben il 12,4% della produzione agricola, entità comunque inferiore a quella degli anni ‘80. Nella provincia di Bari l’agricoltura rappresenta circa il 5% e il settore florovivaistico costituisce il 5,8% del valore della produzione agricola (Tab. 3).
Dal punto di vista evolutivo all’interno delle singole province va osservato che, negli ultimi 5 anni, mentre la provincia di Lecce perde alcune posizioni come peso relativo nell’ambito della produzione regionale, le altre province, in particolare Bari, accrescono la loro importanza.

2. Gli aspetti produttivi e strutturali della floricoltura pugliese

2.1. Le strutture produttive

Nel censimento del 1990 (ultimo dato disponibile) sono state registrate in Puglia 1.608 aziende florovivaistiche, di cui 853, pari al 53%, più propriamente floricole che producono fiori recisi e piante ornamentali in vaso, la rimanente parte si riferisce alle aziende vivaistiche che operano nell’ambito delle produzioni frutticole (Tab. 4). Nella realtà, le aziende floricole attualmente superano le 1.000 unità. La superficie investita, sempre in base all’ultimo censimento, è stata di 542 ettari, di cui 295 in piena aria e 247 in serra; la superficie media aziendale si è attestata intorno ai 6.350 m2 con evidente concentrazione delle aziende verso le piccole dimensioni. Effettivamente si riscontra come la superficie media delle aziende pugliesi è superiore alla media italiana di circa 1.000 m2 ed in taluni casi nettamente superiore alla superficie media aziendale riscontrabile in regioni storicamente “vocate” alle produzioni floricole (Liguria 0,4 ettari).
Interessante appare l’evoluzione strutturale della floricoltura italiana e pugliese nel periodo tra i due censimenti. La Puglia tra il 1982 e il 1990 ha visto aumentare sia il numero delle aziende floricole da 563 a 853 (+51,5%) che la superficie da 275 a 542 ettari (+97%) raggiungendo, nel 1990, la quota del 3,9% della superficie nazionale destinata alla produzione di fronde e fiori da recidere: nel 1982 tale quota era di appena il 2,8%. Anche la superficie media aziendale ha registrato un sostanziale aumento, passando da 0,48 ettari del 1982 a 0,63 ettari del 1990.
In realtà, confrontando la distribuzione delle aziende per classi di superficie, si denota che, in termini di dotazione in fattore “terra”, le aziende pugliesi sono mediamente più grandi della media nazionale. Delle 853 aziende floricole il 65% si colloca tra 1 e 5 ha mentre a livello nazionale la stragrande maggioranza delle aziende (58,2%) ha una superficie inferiore ad 1 ha.
Nonostante questa nota positiva, lo scenario aziendale in Puglia rimane pur sempre quello di una miriade di aziende medio-piccole spesso caratterizzate da un ordinamento produttivo non specializzato alle produzioni florovivaistiche con un orientamento verso produzioni stagionali non sempre di qualità soddisfacente. Anzi, va aggiunto che un orientamento abbastanza diffuso, specie per quelle strutture produttive poco dotate, è quello di convertire l’ordinamento floricolo in orticolo a seconda della situazione di mercato e dell’organizzazione aziendale.
Pertanto la modesta specializzazione e la facile riconversione dell’ordinamento produttivo non consentono l’utilizzo di dotazioni e attrezzature particolari come serre e altre tecnologie di controllo dell’ambiente (temperatura, fotoperiodo, umidità) tali da raggiungere quella omogeneità della qualità e continuità della quantità delle produzioni floricole indispensabili per far fronte alle esigenze di mercato. Va sottolineato, però, che un miglioramento nelle dotazioni e nell’innovazione tecnologica si è riscontrato nelle aziende pugliesi. Se fino ad una ventina di anni fa erano diffuse produzioni floricole da pieno campo o produzioni che si avvalevano di semplici reti ombreggianti o serre in legno e plastica, oggi i floricoltori pugliesi adottano sempre più soluzioni più costose ma anche più funzionali e più adattabili alla maggiore gamma delle specie floricole.
Dal 1982 al 1990 la superficie floricola pugliese sotto serra è passata dai 126 ha ai 247 ha (Tab. 4). Se nel 1982 la superficie serricola pugliese rappresentava il 4,3% della superficie totale floricola italiana, nel 1990 tale valore è aumentato al 5%.
In definitiva, si può asserire che le aziende florovivaistiche pugliesi, riguardo alle dotazioni strutturali (terra e tecnologie) hanno saputo mantenere il passo delle altre regioni al fine di assicurare un adeguato livello di competitività. Probabilmente in Puglia la solidità strutturale del settore, se comparato alle altre regioni italiane, è dovuta in parte alle sue origini recenti, per cui le aziende neoformate hanno privilegiato le scelte tecniche e produttive più avanzate e più razionali. In realtà, le produzioni florovivaistiche pugliesi, le maggiori difficoltà le trovano nell’inserimento nei circuiti di mercato nazionali e internazionali: tali difficoltà quasi mai hanno radici a livello del settore strettamente produttivo ma più probabilmente trovano motivo di esistenza nella organizzazione dell’offerta e nella commercializzazione del prodotto.

2.2 Le produzioni di fiori e piante

Nel 1997 la produzione pugliese di fiori e fronde da recidere è stata di circa 1 miliardo di pezzi contribuendo all’offerta nazionale per il 19% (Tab. 5). Percentuale ben inferiore a quella raggiunta nei primi anni ‘90 quando con il 24% della produzione nazionale la Puglia deteneva la leadership nazionale nelle produzioni di fiori e fronde da recidere. Il trend positivo delle produzioni di alcune regioni come Campania, Liguria e Toscana e l’andamento stazionario registrato da quelle pugliesi hanno determinato la perdita di quote produttive posizionandosi dopo la Liguria e la Campania.
In Puglia sono oggetto di coltivazione oltre 60 specie di fiori e fronde e un numero variabile di varietà per ogni specie. Tali varietà sono in continua evoluzione indotta dalla necessità di meglio adattare le produzioni da un punto di vista qualitativo e quantitativo alle esigenze del mercato e quindi di differenziare le produzioni e le caratteristiche (colore, grandezza del fiore, serbevolezza, ecc.) relativamente ad una data specie. Negli ultimi anni, molti floricoltori pugliesi, che hanno maturato una certa esperienza nel campo, si sono orientati verso la produzione di bulbose, essendo più agevole la programmazione della produzione in periodi in cui più concentrata è la domanda.
La Puglia detiene il primato nella produzione di garofani (mediterranei e americani) con il 34% dell’offerta nazionale e concorre in maniera preponderante nell’offerta di importanti specie come crisantemi (9,1%), rose (23%), gerbere (13,1%), gladioli (6,4%) e fresie (16,5%). Risulta inoltre essere leader nazionale nelle produzioni di specie floricole minori come anemoni (28,3%), statici (30,6%) e dalie (38%).
L’offerta pugliese presenta una discreta diversificazione della produzione seppur i garofani sono in prevalenza rispetto alle altre specie con circa il 58% della produzione regionale. Produzioni altrettanto importanti a livello regionale sono quelle delle rose (18%), anemoni (6,6), gerbere (6%), crisantemi (4%) e gladioli (1,1%).
Dal punto di vista della produzione di piante ornamentali in vaso sia da foglia che da fiore che grasse, la regione Puglia non ha un peso analogo a quello riscontrato per il settore dei fiori recisi, ma registra un andamento in forte e continua crescita. Infatti negli ultimi 5 anni la produzione pugliese di piante ornamentali è raddoppiata raggiungendo circa i 12 milioni di pezzi e concorrendo a poco più del 4% dell’offerta nazionale.
Le specie coltivate sono più di un centinaio. Fra quelle fiorite le principali piante prodotte in Puglia sono le petunie, che costituiscono il 6% dell’intera produzione di piante fiorite, le azalee (10%), le rose con il 21%, le ortensie con il 7%, le begonie (4%), le poinsettie e le viole (5%).
Fra le piante ornamentali da foglia la più importante è la dieffenbachia con il 18% della produzione regionale delle piante da foglia; segue il croton (13%), il ficus (12,4%), il philodendro (11%) e il pothos (9,3%).

3. Aspetti di mercato

I poli produttivi floricoli della regione Puglia sono principalmente tre. Il primo a nord-ovest di Bari, che ha il suo centro a Terlizzi ma che comprende anche altri comuni limitrofi quali Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Bisceglie. Gli altri due sono situati a sud di Lecce e fanno capo ai comuni di Taviano e Leverano comprendendo anche gli agri di Alliste, Racale, Melissano, Ugento, Tricase, Maglie, Nardò, S. Cesarea ed altri.
In accordo con la distribuzione geografica delle produzioni sul territorio pugliese esistono tre mercati alla produzione due localizzati nei poli di Leverano e Taviano, in provincia di Lecce, e l’altro a Terlizzi in provincia di Bari. Tali mercati consentono di svolgere la prima fase di commercializzazione attraverso l’incontro diretto tra produttori e operatori commerciali. Essi svolgono un ruolo importante nello smaltimento del prodotto soprattutto a livello locale, mentre presentano una scarsa incidenza sulla distribuzione a livello nazionale. Ciò è dovuto prevalentemente alle carenze strutturali e organizzative dei mercati stessi, che non offrono adeguati servizi tali da incoraggiare gli operatori locali e nazionali ad utilizzare direttamente il mercato per le relative attività commerciali. Le attività principali dei mercati si sono spesso limitate ad organizzare i posteggi, aprire e chiudere i mercati secondo determinati orari rigidamente prestabiliti, far pagare le quote agli operatori e al massimo (non tutti) registrare e pubblicare i prezzi e trarne alcune statistiche. Meno importanza si è data, invece, a organizzare le modalità di esecuzione delle transazioni per garantirne una maggiore razionalità e trasparenza associata ad una maggiore valorizzazione delle produzioni floricole. Si tratta di mercati poco attrezzati alla fornitura di servizi relativi alla lavorazione, conservazione e commercializzazione del prodotto utili per la costituzione di un mercato efficiente e capace di accogliere gli operatori commerciali in maniera tale da sviluppare scambi commerciali diretti senza ulteriori passaggi in altre strutture per raggiungere i mercati del nord e quelli esteri.
Va evidenziato che sia il mercato di Taviano sia quello di Terlizzi recentemente si sono dotati di una nuova struttura più ampia e funzionale con annessi servizi capaci di agevolare le transazioni e di nuove forme gestionali che dovrebbero favorire lo sviluppo di nuove azioni di governo e rilancio dei mercati all’ingrosso, al fine di recuperare competitività nei confronti dei circuiti paralleli e favorire lo sviluppo della filiera floricola pugliese.
Come nella totalità dei mercati all’ingrosso italiani, non tutta la produzione floricola regionale passa attraverso i mercati. Taluni fiori di qualità pregiata o altri che si ottengono solo in certe aziende ben conosciute dai commercianti passano direttamente dal produttore al grossista, che li destina in gran parte ad altri commercianti e grossisti di altre regioni. Ciò è possibile anche perché un certo numero di commercianti sono, a loro volta, produttori, per cui non portano le loro produzioni al mercato e inoltre taluni produttori sono soliti recarvi solo un campione dei fiori di cui dispongono che serve come base per la contrattazione, mentre poi la merce viene ritirata direttamente in azienda.
Dunque, una valutazione precisa della quantità dei fiori commercializzata all’interno dei suddetti mercati è alquanto difficoltosa; attraverso delle stime realizzate con operatori locali e verifiche effettuate sulla produzione si può valutare che dell’intera produzione regionale, relativamente alle principali specie quali garofani, gladioli, fresie, iris, lilium, rose e miniatura, circa il 65-70% non passa dalla libera contrattazione all’interno del mercato.
L’offerta si presenta sul mercato alquanto frammentata, senza alcuna forma di coordinamento e di programmazione della produzione. Basti pensare che le cooperative floricole esistenti non raggiungono il 10% della produzione e le associazioni dei produttori floricoli non esercitano alcuna significativa forma di concentrazione dell’offerta.
Tale aspetto risulta di fondamentale importanza non solo per fornire un maggiore potere contrattuale ai produttori di fronte agli operatori commerciali, ma soprattutto per consentire una continuità dell’offerta, una standardizzazione della produzione, una eventuale preselezione della stessa in modo da presentare partite sufficientemente ampie e uniformi e infine un risparmio di tempo con concreti vantaggi per i produttori e per gli acquirenti. In definitiva, la presenza di tre strutture mercantili operanti sul territorio regionale e la mancanza di un sistema di imprese, in forma singola o associata, rappresentativo della gran parte della produzione tale che possa consentire un effettivo controllo nella organizzazione e gestione dell’offerta, determinano una situazione caotica a livello commerciale a discapito dell’immagine e incisività di penetrazione sul mercato nazionale e con conseguente dispersione del valore aggiunto.
In generale, la distribuzione della produzione florovivaistica presenta all’interno dell’intera filiera un articolato mosaico di situazioni a partire dai passaggi dei prodotti tra gli operatori del settore a finire alle modalità e ai canali attraverso cui si raggiunge il consumatore finale. Il dato precedentemente accennato che il 65-70% della produzione non passa attraverso i mercati alla produzione regionali e che la restante parte veicolata attraverso i mercati interessa prevalentemente gli ambulanti, i dettaglianti locali e i mandatari lascia presagire la complessità e la lunghezza della catena commerciale che caratterizza il prodotto pugliese.
I floricoltori pugliesi hanno uno scarso contatto con i mercati esteri e la produzione regionale si ferma prevalentemente all’interno della regione e in minima misura nelle regioni limitrofe: si stima che il 70% della produzione regionale viene commercializzato localmente, mentre il 30%, che riguarda essenzialmente rose, garofani e gladioli, arriva sui mercati settentrionali.
I grossisti locali svolgono un ruolo importante nella commercializzazione fuori regione della produzione: in definitiva, dipende da loro lo sbocco verso nuovi mercati in quanto nel periodo in cui il grossista garantisce la sua attività, prevalentemente nel periodo autunno-primaverile, il prodotto viene acquistato direttamente in loco e commercializzato sui mercati settentrionali (Lombardia, Piemonte, Lazio, Toscana e le regioni lungo la fascia adriatica). La destinazione extra-regionale è concentrata nel periodo ottobre-maggio sia per l’organizzazione commerciale dei grossisti locali, ma anche perché i mercati del Nord Italia hanno minore disponibilità di prodotto per via delle condizioni climatiche.

Alcune considerazioni conclusive

Da quanto sinteticamente esposto si può desumere come il settore floricolo costituisce una realtà importante per l’economia pugliese non solo per l’entità della produzione e il riscontro sociale ed economico raggiunto, ma per le potenzialità e le ulteriori possibilità di sviluppo che si possono intravedere e che non sono state ancora del tutto espresse. Infatti l’andamento di crescita manifestato negli anni Ottanta e primi anni Novanta, che faceva intravedere la creazione di un polo con un ruolo primario nell’attività produttiva e commerciale nazionale, si è attenuato negli anni recenti, specie in alcune aree della regione. Ciò ha determinato un calo dell’importanza relativa del settore florovivaistico pugliese rispetto alle altre regioni che, invece, hanno registrato crescite produttive e commerciali molto superiori (come Toscana, Campania e Liguria).
Gli elementi di maggiore difficoltà riguardano sia l’aspetto produttivo che commerciale.
Per quanto riguarda il settore floricolo, in Puglia possiamo distinguere, semplificando, due tipologie di strutture produttive. Quella più numerosa, costituita da aziende di piccole dimensioni con utilizzo di tecniche elementari, con produzione scarsamente standardizzate e di modeste qualità, poco inclini a qualsiasi forma di innovazione. Tali aziende, trainate da una crescita della domanda, dipendenti prevalentemente dalla figura del grossista-raccoglitore senza alcuna programmazione di vendita, basano la propria attività solo su vantaggi di costo derivato dalla semplicità delle strutture e dall’impiego del lavoro familiare in cui il fattore prezzo è l’unico elemento di competitività. Tale tipologia organizzativa, nella maggior parte dei casi, non consente un’accumulazione di risorse sufficiente ad alimentare gli investimenti produttivi e organizzativi necessari per ristrutturare e far crescere in maniera adeguata le aziende e l’intero settore.
La seconda tipologia strutturale, di dimensioni più ampie, con un discreto livello tecnologico ed elevati standards qualitativi, presenta una più marcata attitudine all’innovazione e alla creazione di forme di integrazione. Una certa attenzione viene rivolta, anche, agli aspetti commerciali e di controllo gestionale cercando di utilizzare le moderne leve competitive che oltre al prezzo prendono in considerazione il contenuto in servizi, la differenziazione e l’ampliamento della rete distributiva.
La tecnologia di coltivazione sta alla base della attività produttiva ed è soggetta ad un’evoluzione continua che attraverso le innovazioni di prodotto e di processo tende ad aumentarne l’efficienza quantitativa (aumento della produzione per unità di tempo e di spazio), qualitativa (produrre prodotti con standards predefiniti e ripetibili) e ambientale. Le modeste dimensioni della maggior parte delle aziende floricole, però, determinano un certo rallentamento nell’introduzione dei derivati tecnologici e nella utilizzazione di nuove pratiche colturali.
Tuttavia va riconosciuto che il comparto floricolo in Puglia ha registrato una notevole crescita determinata da alcune condizioni favorevoli quali, da un lato, l’attitudine e la capacità professionale dei produttori locali che hanno saputo creare una tradizione consolidata e che, almeno per alcuni prodotti, hanno consentito di mantenere una discreta posizione sui mercati, e dall’altro, le condizioni climatiche favorevoli che consentono un’ottimizzazione delle coltivazioni e costi di esercizio comparabili con quelli di altre zone nazionali.
Naturalmente, tali condizioni, in un sistema economico sempre più integrato e globalizzato, non sono più sufficienti per mantenere una posizione competitiva sul mercato e per consentire una maggiore penetrazione sui mercati nazionali ed europei.
La sfida per gli operatori di questo comparto sta divenendo sempre più difficile e se nel passato molti agricoltori hanno scelto il florovivaismo attratti anche da buoni livelli di remunerazione, ora si trovano ad affrontare senza alcuna preparazione un mercato molto più competitivo e strutturato dove i costi e la logistica rappresentano gli elementi chiave per operare con successo. Riguardo al settore commerciale, le carenze e le difficoltà manifestate risultano di gran lunga più consistenti. Le inefficienti strutture di mercato presenti, la mancanza di infrastrutture e di servizi all’interno e all’esterno dei mercati stessi, l’inadeguatezza delle dimensioni dei mercati rispetto alle esigenze concrete della produzione, specie in certi periodi di particolare elevata domanda e di forte affluenza di fiori e lo scarso coordinamento tra le parti interessate costituiscono un forte handicap per l’organizzazione e la realizzazione di una moderna commercializzazione della produzione floricola pugliese.
Le carenze strutturali e di servizi dei mercati all’ingrosso determinano uno spostamento delle contrattazioni e dell’allocazione del prodotto verso canali commerciali alternativi. La crescita della domanda d’impulso, la segmentazione della domanda del consumatore e il suo orientamento verso qualità specifiche e novità hanno fatto sì che si stringessero sempre più stretti rapporti di coordinamento verticale tra i produttori floricoli e gli acquirenti intemedi della catena distributiva, per regolamentare meglio le relazioni qualità-prezzo, i servizi logistici e le condizioni di compravendita, senza passare per le strutture del mercato all’ingrossso.
Lo sviluppo di facili e snelli modelli di vendita, impostati sul “libero servizio” adottati sempre più anche per i prodotti floricoli (in stand di supermercati e negozi specializzati), ha ampliato l’importanza dell’offerta da parte del floricoltore, nei confronti del grossista, dei servizi accessori al prodotto floricolo, quali adeguati dispositivi di trasporto e di imballo. Inoltre, la grande distribuzione organizzata il cui sviluppo, se ancora in ritardo in Italia (circa il 10% della produzione viene commercializzata dalla GDO) rispetto ai Paesi più evoluti, riteniamo si accrescerà nel futuro, accentuerà ulteriormente gli aspetti logistici, qualitativi e organizzativi.
Pertanto diventa molto importante incentivare un’azione di raccordo tra produzione e commercializzazione. Le informazioni relative all’evoluzione della domanda, la programmazione del calendario di produzione più consono all’andamento dei prezzi e della quantità domandata, e lo sviluppo di forme d’integrazione tra produttori o categorie di produttori e commercianti andrebbero sostenuti al fine di creare un sistema di collegamento tra fase produttiva e commerciale. Ciò andrebbe realizzato attraverso la formazione di gruppi associativi in forma cooperativa o consorziale che attraverso un’adeguata concentrazione dell’offerta possano mettere a punto una serie di azioni, quali controlli di qualità, piani di produzioni, standardizzazione e differenziazione della produzione tali da consentire un più efficace dialogo con le forze di mercato e l’inserimento diretto delle produzioni locali sui principali mercati di sbocco.
La costituzione di forme d’integrazione orizzontali (cooperative, consorzi e qualunque altra forma) atte a favorire un certo livello di concentrazione, standardizzazione e qualificazione dell’offerta diventa elemento indispensabile per avviare un ulteriore processo d’integrazione verticale tra le diverse figure che compongono la filiera floricola. Tali forme d’integrazione consentono, attraverso accordi di varia natura con i canali della moderna distribuzione o grossisti nazionali ed esportatori, di garantire ai produttori una migliore programmazione delle produzioni e una riduzione dei rischi così come di avvalersi di migliori livelli organizzativi in maniera da utilizzare le leve del marketing e non ultimo di incrementare il ruolo e la competitività dei mercati floricoli regionali.
La spinta per un miglioramento delle condizioni produttive e commerciali coinvolge sia il settore pubblico che quello privato e attraverso un efficiente e attivo coordinamento delle parti si potrebbero individuare le possibili soluzioni d’intervento per esprimere in pieno le proprie potenzialità produttive e commerciali.

Iniziative del genere sono già operative in Campania, in cui è stato creato un Consorzio tra produttori ed enti locali per la valorizzazione e commercializzazione delle produzioni floricole. Così come in Campania hanno sede due delle tre Macro Organizzazioni Commerciali (MOC) approvate dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Si tratta di nuove forme di impresa che inglobano più figure economiche (aziende produttrici, associazioni dei produttori, strutture di trasformazione e commercializzazione) lungo la filiera per la valorizzazione qualitativa delle produzioni floricole del Mezzogiorno e la razionalizzazione dei canali di commercializzazione finanziata nell’ambito dei fondi strutturali comunitari.
Un ulteriore contributo al coordinamento e incentivazione potrebbe essere ottenuto dalla messa in atto delle azioni che rientrano nel patto territoriale sull’agricoltura approvato recentemente nell’area salentina la cui concreta e funzionale attuazione, attraverso la concertazione delle forze sociali ed economiche del territorio, potrebbe costituire un elemento di crescita e di razionale sviluppo del settore floricolo.

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2000