La classe dirigente italiana dovrebbe riflettere
a lungo
su quel che
ha reso possibile
la trasformazione dellIrlanda da isola depressa
a tigre celtica dellEuropa.
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Lobiettivo delle politiche strutturali e di coesione dellUe
è di ridurre le disparità economiche e sociali allinterno
dellEu-ropa. Uno degli elementi più importanti, utilizzato
per misurare la ricchezza dei cittadini, è il
Pil. Lanalisi del Pil pro-capite calcolato per ogni regione
ci offre limmagine della ricchezza dei cittadini. In Europa
abbiamo 208 regioni. Di queste, 50 hanno un Pil pro-capite che è
inferiore al 75 per cento della media comunitaria. Sono le aree
verso le quali si rivolgono con maggiore attenzione gli aiuti economici
previsti dai fondi strutturali. Vengono chiamate le regioni ad Obiettivo
Uno, per significare che sono quelle che maggiormente stanno a cuore
dellEuropa. Tutti gli sforzi, compiuti con spirito di solidarietà
da parte dei cittadini europei, mirano a creare le condizioni perché
queste regioni, progressivamente, migliorino la loro posizione nella
scala della povertà e aumentino il benessere della loro popolazione.
Lesperienza e le analisi che si possono effettuare nelle varie
regioni ci dimostrano che esiste uno stretto rapporto tra Pil e
opportunità offerte ai vari strati della popolazione. Una
regione, con un Pil doppio rispetto ad unaltra, presenta la
stessa proporzione nella possibilità di ottenere un lavoro,
disporre di servizi sanitari, offrire opportunità di scuola
e di cultura, organizzare servizi sociali, e via di seguito.
Purtroppo, la differenza di ricchezza è anche cinque volte
superiore in alcune regioni rispetto ad altre. Per questo la politica
comunitaria ritiene, attraverso la coesione, di spostare ricchezze
da zone più ricche verso quelle più povere, per favorire,
con risorse e con idee, lo sviluppo di nuove e opportune occasioni
di crescita. Parlare quindi dei fondi strutturali significa affrontare
il tema della solidarietà tra i popoli.
La riforma. Da quando la politica di coesione ha assunto
forte valenza nellUnione, i fondi strutturali, destinati a
creare le strutture e i presupposti per uno sviluppo più
rapido e più marcato, hanno subìto modifiche tese
a prolungare la durata e a potenziarne gli effetti. La prima organica
impostazione è avvenuta per il periodo 1988/93, seguita dalla
programmazione 1994/99. I regolamenti, che fissano i presupposti
giuridici dei fondi e degli obiettivi, partono dal 1988 e sono stati
aggiornati nel 1993. LAgenda 2000 ha rappresentato una notevole
evoluzione negli obiettivi, nei contenuti e nellorganizzazione
dei fondi, anche se non ha modificato i fondi propriamente detti,
che sono rimasti immutati, e cioè:
il Fondo europeo di sviluppo regionale
(Fesr);
il Fondo sociale europeo (Fse);
il Fondo europeo di orientamento e di garanzia dellAgricoltura
(Feoga);
lo Strumento finanziario di orientamento della pesca (Sfop).
Dopo un ampio dibattito sviluppatosi negli organismi europei, (Parlamento,
Commis-sione, Comitato economico e sociale, Comitato delle Regioni),
il Consiglio europeo di Berlino, nel marzo 99, ha definitivamente
approvato le linee tracciate dalla Commissione per limpostazione
dei fondi nel periodo 2000-2006. Queste, le principali modifiche:
a) il prolungamento dellutilizzo dei
mezzi, che passa da sei a sette anni;
b) la riduzione degli obiettivi, da sette a tre, e quindi una maggiore
concentrazione dei fondi;
c) una maggiore autonomia nellutilizzo dei mezzi finanziari;
d) la semplificazione delle procedure;
e) la riduzione a quattro (Interreg, Leader, Equal e Urban) dei
Piani di iniziative comunitarie, direttamente gestiti dalla Commissione;
f) un premio per le aree più capaci e sollecite nellutilizzazione
dei fondi.
Migliorare lefficacia dei fondi e realizzare lobiettivo
della coesione economica e sociale costituisce il punto centrale
dellAgenda 2000. Per ottenere lo scopo di rendere più
forte la concentrazione di aiuti nelle zone che hanno maggiori bisogni,
gli obiettivi sono stati ridotti a tre. I fondi dovranno anche contribuire
allo sviluppo equilibrato delle attività economiche, delloccupazione
e delle risorse umane, alla protezione e al miglioramento dellambiente,
alleliminazione delle disuguaglianze e alla promozione della
parità tra uomini e donne.
I Fondi strutturali, per miliardi di euro, sono stati così
suddivisi: 29.430 nel 2000; 28.840 nel 2001; 28.250 nel 2002; 27.670
nel 2003; 27.080 nel 2004; 27.080 nel 2005; 26.660 nel 2006. Il
totale è pari a 195 miliardi di euro (circa 800 mila miliardi
di lire) per i quindici Stati membri.
In particolare: il 69,7% dei Fondi (135,9 miliardi di euro) viene
assegnato allObiettivo Uno, compreso il 4,3% (8,38 miliardi
di euro) previsto per il sostegno transitorio; l11,5% (22,5
miliardi di euro) è assegnato allObiettivo Due, compreso
l1,4% (2,7 miliardi di euro) per il sostegno transitorio;
il 12,3% (24,05 miliardi di euro) viene assegnato allObiettivo
Tre.
Obiettivo Uno. Promuove lo sviluppo e ladeguamento
strutturale delle regioni che presentano ritardi nello sviluppo.
Vi rientrano: le zone in cui il Pil pro-capite è inferiore
al 75% della media comunitaria; le regioni ultraperiferiche (Dipartimenti
francesi dOltremare, Azzorre, Madera, Isole Canarie), tutte
al di sotto del 75%; le zone dellObiettivo 6 del 1995-99.
In Italia, le regioni dellObiettivo Uno sono la Campania,
la Puglia, la Basilicata, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna.
Obiettivo Due. E destinato a sostenere la riconversione economica
e sociale delle zone che devono affrontare problemi strutturali,
tra le quali figurano le aree che subiscono mutamenti socio-economici
nei settori industriali e dei servizi, le zone rurali in declino,
le aree urbane in difficoltà e le zone depresse che dipendono
dalla pesca, definite in base a criteri obiettivi.
Gli Stati membri proporranno alla Commissione un elenco di aree
che soddisfino criteri oggettivi, fatto salvo un massimale di popolazione
applicabile a ciascuno Stato membro. Lassegnazione di risorse
sarà basata sui seguenti parametri:
popolazione ammissibile;
prosperità regionale;
prosperità nazionale e gravità dei problemi
strutturali;
livello di occupazione.
Obiettivo Tre. Offre un sostegno alladeguamento e
allammodernamento delle politiche e dei sistemi di istruzione,
formazione e occupazione. Si applica al di fuori dellObiettivo
Uno. Ciascuno Stato mem-bro riceverà delle risorse totali
disponibili in base alla propria quota della popolazione complessiva
dellUnione, risultante da ciascun indicatore selezionato con
i seguenti parametri:
sulla popolazione ammissibile;
sulla situazione delloccupazione;
sulla gravità dei problemi: esclusione sociale, livello
di istruzione e di formazione, partecipazione delle donne al mercato
del lavoro, secondo una ponderazione relativa che sarà indicata
dalla Commissione.
Tenendo conto del valore aggiunto che le iniziative comunitarie
possono offrire rispetto agli obiettivi principali, il numero delle
iniziative sarà ridotto alle seguenti quattro:
1) Interreg Cooperazione Transfrontaliera,
transnazionale e interregionale. A questa iniziativa sarà
assegnato il 50% degli stanziamenti, in modo da favorire le attività
transfrontaliere, soprattutto nella prospettiva dellallargamento
e per quanto riguarda gli Stati membri che hanno frontiere estere
con i Paesi candidati ad entrare nellUe. La dotazione finanziaria
è di 4.875 milioni di euro.
2) Leader, mirato allo sviluppo rurale.
La dotazione finanziaria è di 2.020 milioni di euro.
3) Equal Cooperazione Transnazionale,
per lottare contro tutte le forme di discriminazione e le ineguaglianze
nel mercato del lavoro. Si terrà conto adeguatamente dellinserimento
sociale e professionale dei richiedenti asilo. La dotazione finanziaria
è di 2.847 milioni di euro.
4) Urban, finalizzato alla ricerca
di soluzioni al grave problema sociale del degrado urbano. La dotazione
finanziaria è pari a 700 milioni di euro.
Molteplici sono le ragioni per le quali lItalia non riesce
ad usufruire dei Fondi comunitari che le sono destinati. Prima di
tutto, a differenza di altri Paesi, ha decentrato a livello regionale
la progettazione e la gestione delle risorse strutturali. Purtroppo,
linefficienza burocratica e i troppi livelli decisionali impediscono
di utilizzare le somme destinate a noi; a ciò si aggiunge
la pressoché totale mancanza di informazione.
Nel periodo 1994-99 al nostro Paese sono stati assegnati 44 mila
miliardi. Fino al 97 a Bruxelles risultava ne fossero stati
utilizzati il 20%. Nei due anni successivi la percentuale è
più che raddoppiata (45% circa), ma è ancora esigua,
ove si pensi che gli altri Stati membri ne usufruiscono mediamente
di oltre il 70%, con in testa lIrlanda che riesce a utilizzarne
la quasi totalità. Anche la Spagna e il Portogallo hanno
saputo sfruttare efficacemente i Fondi comunitari, con laiuto
dei quali sono riusciti in pochi anni a rilanciare le loro economie,
a dotarsi di valide infrastrutture e a far calare la disoccupazione.
La classe dirigente italiana dovrebbe riflettere a lungo su quel
che ha reso possibile la trasformazione dellIrlanda da isola
depressa a tigre celtica dellEuropa. Molti dei
problemi che ci affliggono, e che affliggono soprattutto il Mezzogiorno,
sono aggravati dallincapacità di organizzare progetti,
di sviluppare le potenzialità di piccole e medie imprese,
quelle artigianali comprese, di trasformare in ricchezza il clima,
i patrimoni artistico, culturale e ambientale, di valorizzare lintelligenza
creativa degli italiani. E auspicabile, pertanto, che non
si aggiungano occasioni perdute ad occasioni perdute. La progettualità
sta in mano alle regioni, in massima parte meridionali. Vedremo,
da qui al 2006, se dovremo ancora lamentarci per quel che si poteva
fare, e colpevolmente non sarà stato fatto.
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