Giugno 2000

Controversie sulle Crociate

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Cronache della leggenda nera
Ada Provenzano
Elio Moreno
Franco Aliberti
Coll.: Aldo Tadini, Fulvio Righetti, Enzo Sabelli
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

C’erano baroni, cavalieri, popolo, clero, a Clérmont, quando Papa Urbano II bandì la Tre-gua di Dio, che in seguito sarebbe stata chiamata Prima Crociata. Il suo discorso non ci è giunto nel testo originale, ma in quello tramandatoci da Robert Le Moine, cronista francese dell’epoca:
«Popolo dei Franchi, popolo d’oltre i monti, popolo – come riluce in molte delle vostre azioni – eletto ed amato da Dio, distinto da tutte le nazioni sia per il sito del vostro paese che per l’osservanza della fede cattolica e per l’onore prestato alla Santa Chiesa, a voi si rivolge il nostro discorso e la nostra esortazione.
Vogliamo che voi sappiate quale lugubre motivo ci abbia condotto nelle vostre terre, quale necessità vostra e di tutti i fedeli ci abbia qui attratti. Da Gerusalemme e da Costantinopoli è pervenuta e più di una volta è giunta a noi una dolorosa notizia: i Persiani *, gente tanto diversa da noi, popolo affatto alieno da Dio, ha invaso le terre di quei cristiani, le ha devastate col ferro, con la rapina e col fuoco e ne ha in parte condotti prigionieri gli abitanti nel proprio paese, parte ne ha uccisi con miserevole strage, e le chiese di Dio o ha distrutte dalle fondamenta o ha adibite al culto della propria religione [...]. Il regno dei Greci è stato da loro già tanto gravemente colpito e alienato dalle sue consuetudini [...]. A chi dunque incombe l’onere di trarne vendetta e di riconquistarlo, se non a voi, cui più che a tutte le altre genti Dio concesse insigne gloria nelle armi, grandezza d’animo, agilità di membra, potenza d’umiliare sino in fondo coloro che vi resistono?
Vi muovano, e incitino gli animi vostri ad azioni virili, le gesta dei vostri antenati, la probità e la grandezza del vostro re Carlo Magno e di Ludovico suo figlio e degli altri vostri sovrani che distrussero i regni dei pagani e ad essi allargarono i confini della Chiesa. Soprattutto vi sproni il Santo Sepolcro del Signore Salvatore nostro, ch’è in mano d’una gente immonda, e i Luoghi Santi, che ora sono da essa vergognosamente posseduti [...]. Non vi trattenga il pensiero di alcuna proprietà, nessuna cura delle cose domestiche, ché questa terra che voi abitate, serrata d’ogni parte dal mare o da gioghi montani, è fatta angusta dalla vostra moltitudine, né è esuberante di ricchezza e appena somministra di che vivere a chi la coltiva. Perciò vi offendete e vi osteggiate a vicenda, vi fate guerra e tanto spesso vi uccidete tra voi. Cessino dunque i vostri odii clandestini, tacciano le contese, si plachino le guerre e si acquieti ogni dissenso ed ogni inimicizia. Prendete la via del Santo Sepolcro, strappate quella terra a quella gente scellerata e sottomettetela a voi: essa da Dio fu data in possessione ai figli di Israele; come dice la Scrittura, in essa scorrono latte e miele...».

Tutti i cronisti sottolineano le atrocità commesse dai crociati dopo la presa di Gerusalemme. Raimondo d’Agyle sostiene che nel portico e nel tempio di Salomone «si cavalcava nel sangue fino ai ginocchi del cavaliere e alla briglia del cavallo». Bernardo Tesorario afferma che i cristiani «trucidarono con le spade tutti i nemici che incontravano», non risparmiando donne e fanciulli. Un cronista anonimo, citato da Le Goff, riferisce che i cristiani «presero a correre per tutta la città impadronendosi dell’oro, dell’argento, dei cavalli, dei muli, e saccheggiando le case, che traboccavano di ricchezze. Poi, felici, piangendo di gioia, si recarono ad adorare il Sepolcro di Gesù nostro Salvatore... Il mattino seguente salirono sul tetto del tempio, attaccarono i saraceni, uomini e donne, e sguainate le spade li decapitarono. Alcuni si gettarono dall’alto del tempio, e questa vista riempì d’indignazione Tancredi d’Altavilla».


Più contenuta la narrazione dello storico arabo delle crociate Ibn al-Athìr: «Contro Gerusalemme mossero dunque i Franchi dopo il loro vano assedio di Acri, e giunti che furono la cinsero d’assedio per oltre quaranta giorni... La presero dalla parte di settentrione, il mattino del venerdì 22 sch’bàn2 [...]. La popolazione fu passata a fil di spada, e i Franchi stettero per una settimana nella terra menando strage di Musulmani...».
Ma in tema di atrocità i Turchi non furono di meno. Dopo la riconquista di Gerusalemme (1187) da parte del grande Salah ed-Din (il “feroce Saladino” delle celebri figurine della “Perugina”), Sultano peraltro fra i più illuminati della Sublime Porta, e forse il più liberale e magnanimo, i Turchi esultano mentre compiono la strage (portata a conclusione da guerrieri, ma anche da devoti e asceti) dei Templari e degli Ospitalieri. Narra Ibn al-Athìr: «Il Sultano era assiso con lieto viso [...], le truppe stavano schierate, gli emiri diritti in doppia fila. Ci fu chi fendette e tagliò netto, e ne fu ringraziato; e chi si ricusò e fallì, e fu scusato; e chi fece ridere di sé, e altri prese il suo posto. Vidi lì chi sghignazzava e ammazzava, chi diceva e faceva: quante promesse adempì, quante lodi acquistò, e premi perpetui si assicurò col sangue fatto versare, e opere pie si aggiudicò con un collo da lui troncato! Quante lame tinse di sangue, quante lance bandì e miscredenze uccise per dar vita all’Islàm, e politeismi distrusse per edificare il Monoteismo!».

Tregue di Dio, spedizioni di soccorso, crociate insomma, o i pellegrinaggi armati, come erano anche definiti i “passaggi ad Oriente”, chi avvantaggiarono? Certo, acuirono le rivalità fra Greci e Latini (ortodossi e cattolico-romani), e, in seguito, ma in gran parte fomentate dalla storiografia europea, resero insanabili le rotture cristiano-islamiche. Scienza e cultura avevano seguito altre vie: fronti di contatto profondi erano stati consolidati in Spagna, in Sicilia, nel Maghreb che faceva capo all’Africa rivierasca occidentale e nel Mashreq che faceva capo a Bisanzio, ad Alessandria, a Tripoli d’Oriente. La vicenda storica di Federico di Svevia, della sua pacifica “presa” di Gerusalemme, della sua cultura latino-greco-araba, (che ricorda tanto da vicino l’attività culturale che si sviluppava nella “università” di San Nicola di Càsole), ne è una testimonianza clamorosa.
Una tesi storica vuole che quelli delle crociate siano stati considerati dalla storiografia araba episodi marginali, minori. E che il jihad, la “guerra santa”, sia prodotto di tarda età, nelle sue manifestazioni anticristiane e antiebraiche. In realtà, a Costantinopoli come a Damasco o a Baghdàd, le comunità religiose convivevano senza problemi, gli eterodossi essendo soggetti tutt’al più al pagamento di una lieve tassa, com’è testimoniato da storici arabi coevi. Altrettanto vero è che l’obiettivo predicato da Urbano II o Innocenzo III, indicato nella riconquista dei Luoghi Santi, al di là delle “deviazioni” poi denunciate dagli stessi pontefici, si inquadrava nel contesto “naturale”, per i tempi che correvano, della dialettica delle armi, cui si faceva ricorso per espansione imperiale e per conseguente allargamento del potenziale raggio commerciale, con tutto quel che ne derivava.
Sta di fatto, che ancora oggi si discute accanitamente, con opposte ragioni, sulle cause e sulle conseguenze delle crociate. E ancor più accanitamente sulla persistenza di “sensi di colpa” da parte dell’Europa, e sull’accusa delle “aggressioni” subìte dal mondo turco-arabo nove secoli fa. Ma chi ha avviato la querelle?
Lo scrittore cattolico Vittorio Messori non ha dubbi: dopo due secoli di propaganda incessante, la “leggenda nera” costruita dagli illuministi come arma della guerra psicologica contro la Chiesa di Roma ha finito per istillare una “cattiva coscienza” nell’intellighentia cattolica e nell’immaginario collettivo. Infatti, è nel Settecento europeo che, completando l’opera della Riforma, si stabilisce «il rosario, divenuto canonico, delle “infamie romane”». Per quanto riguarda le crociate, gli anticattolici ne inventarono persino il nome: alla pari, del resto, dell’espressione “Medio Evo”, escogitato dalla storiografia illuminista per indicare la “parentesi di buio”, ma anche di fanatismo, tra gli splendori dell’Antichità e quelli del Rinascimento. Scrive Messori: «Sta di fatto che coloro i quali, novecento anni fa, presero d’assalto Gerusalemme, si sarebbero assai stupiti se qualcuno gli avesse detto che davano così compimento a ciò che sarebbe stata chiamata “prima crociata”. Quello, per loro, era iter, “peregrinatio”, “succursus”, “passagium”. Quegli stessi “pellegrini armati” sarebbero rimasti ancor più sorpresi, qualora avessero previsto che gli sarebbe stata attribuita l’intenzione di convertire gli “infedeli” o di assicurare sbocchi commerciali all’Occidente o di creare “colonie” europee in Medio Oriente...».
Sostiene lo storico che chiunque abbia rispetto per il lavoro di indagine e ricerca, sa che questo va tenuto al riparo dal moralismo, soprattutto va protetto dalle vulgate di parte. Eppure, «se proprio volessimo metterci su questo piano insidioso, c’è una domanda che dovremmo porci: nel quadro più che millenario di rapprti tra Cristianità e Islàm, chi fu l’aggredito e chi l’aggressore? Quando, nel 638, il Califfo Omar conquista Gerusalemme, questa da ormai più di tre secoli è cristiana. Poco dopo, i seguaci del Profeta invadono e distruggono le gloriose chiese prima dell’Egitto e poi di tutto il Nordafrica, portando all’estinzione del Cristianesimo nei luoghi che avevano avuto vescovi come Sant’Agostino. Tocca poi alla Spagna, alla Sicilia, alla Grecia, a quella che verrà chiamata Turchia, e dove le comunità fondate da San Paolo stesso diventano cumuli di rovine. Nel 1453, dopo sette secoli d’assalto, capitola ed è islamizzata la stessa Costantinopoli, la seconda Roma.
Il rullo islamico risale la Balcania, come per miracolo è fermato e costretto ad arretrare da sotto le mura di Vienna. Intanto, sino addirittura al XIX secolo, tutto il Mediterraneo e tutte le coste dei Paesi cristiani che vi si affacciano sono “riserva” di carne umana: navi e Paesi sono assaliti dagli incursori islamici, che se ne tornano nei covi maghrebini carichi di bottino, di donne e di ragazzi per il piacere sessuale dei ricchi e di schiavi da far morire di fatiche o da far riscattare a caro prezzo da Mercedari e Trinitari. Si esecri, giustamente, il massacro a Gerusalemme nel 1099, ma non si dimentichi Maometto II nel 1480 a Otranto, semplice esempio di un corteo sanguinoso di sofferenze».
E ancora oggi, incalzano i revisionisti, quale Paese musulmano riconosce ad altri cittadini che non siano i propri i diritti civili o la libertà di culto? Chi si indigna del genocidio degli armeni ieri e dei sudanesi cristiani oggi? Il mondo, secondo i devoti del Corano, non è tuttora diviso in “territorio dell’Islàm” e in “territorio della guerra”, tutti i luoghi, cioè, non ancora musulmani, ma che devono diventarlo, in un modo o nell’altro, vale a dire con l’acculturazione o con il jihad? Allora: chi deve chiedere scusa, o perdono, a chi?
Amin Maalouf è uno scrittore libanese di sangue arabo e di fede cristiana, che dal ‘76 vive a Parigi. Ha, dunque, quattro identità, che nei suoi romanzi e nei suoi saggi, premiati col Goncourt, col Médècis, col Nonino, propongono un’armoniosa fusione delle varie culture e radici. Queste, scrive Maalouf a proposito delle crociate, si possono raccontare analizzandone le origini o le conseguenze, riflettendo sul loro significato simbolico per gli occidentali o per gli arabi contemporanei, e dibattendo sul fatto se abbiano favorito gli scambi fra civiltà o se li abbiano ostacolati. Ma avere la pretesa di dire oggi chi aveva ragione, chi aveva torto, che cosa bisognava fare o non fare, condannare gli uni, perdonare gli altri, tracciare dopo tanti secoli una linea di demarcazione tra quello che è bene e quello che è male, è quanto meno illusorio, se non proprio ridicolo. Perché, a questa stregua, si potrebbe pretendere anche di fare il processo a Bruto e di consegnare a un tribunale internazionale tutti i documenti sulla guerra di Troia. Il che potrebbe essere plausibile, non fosse per il fatto che “l’aggravante crociate” è uno degli strumenti propagandistici con i quali i musulmani continuano a tenere in stato di sudditanza psicologica gli europei, quelli almeno legati alla Riforma o di più fragile (o volatile) intelligenza cattolica.

Più corretto il discorso seguente: «Qualche anno fa, ho fatto delle ricerche sulle crociate e sono stato colpito da una cosa. Negli scritti di alcuni autori moderni ritorna con insistenza una critica che ancora oggi ci capita di sentire ogni volta che si parla di quegli avvenimenti: moltissimi crociati – ci viene detto – partivano col pretesto di liberare il Sepolcro di Cristo, mentre in realtà aspiravano soprattutto a spartirsi delle terre e ad accumulare delle fortune.
Addentrandomi, però, nella lettura dei racconti dell’epoca, mi sono reso conto che coloro i quali partivano per l’Oriente animati soltanto dalla loro fede erano in genere dei bruti sanguinari che massacravano, consapevolmente, tutti quelli che incontravano sul loro cammino; mentre gli “opportunisti”, che volevano accaparrarsi dei principati, si comportavano in modo più astuto, parlavano con le genti del luogo cercando di comprenderne la mentalità, di blandirli, di conquistarli alla loro causa; qualche volta addirittura imparavano la loro lingua e si mettevano un turbante in testa. A cosa serve, allora, questa contrapposizione fra crociati sinceri, animati dalla fede, e falsi crociati? Dove stava allora il bene e dove stava il male? Nella pietà e nella devozione, o, piuttosto, nell’opportunismo e nell’interesse commerciale?».

Mentre l’aria era squarciata dai colpi della colossale bombarda realizzata da un ingegnere ungherese e già le teste d’ariete dei soldati turchi cozzavano contro le porte di bronzo, di rame e d’argento di Santa Sofia, il patriarca e il clero scomparvero dietro le grandi lastre di marmo della basilica. Ritorneranno, un giorno, quando la statua di Costantino, ora invisibile, si manifesterà di nuovo al sommo della Colonna Bruciata e la città che porta il suo nome sarà ritornata cristiana. Dal 1453 la Cristianità d’Oriente si nutre di quest’attesa: dal giorno in cui Maometto II prese la città.
Niente è più lontano dallo spirito delle crociate della fede ortodossa, che invita alla contemplazione e al rapimento, non all’azione, neanche quando (cioè quasi sempre) si ritiene in stato d’assedio da parte della Cattolicità romana. Anche per questo Costantinopoli ha rinunciato al titolo di «seconda Roma», passando il testimone alla «terza Roma», Mosca. Del resto, motivi di rancore storico verso l’Occidente non sono mancati neanche in questo contesto. Dal 1204 al 1261 i crociati avevano occupato Costantinopoli, violando i santuari ortodossi con i loro culti latini; nel 1439 l’unione con la Chiesa latina era stata vissuta come un’imposizione; dopo il 1453, solo i principi rumeni si erano battuti contro i turchi, nessuno si era mosso dall’Occidente in difesa della comunità cristiana. E anche oggi, i bombardamenti in Serbia e in Kosovo sono stati visti dagli ortodossi come un attacco alla loro autonomia religiosa.
Il duplice risultato di tutta questa lunga vicenda: in campo ortodosso, un’evoluzione del mondo bizantino dopo Bisanzio, secondo la felice espressione del rumeno Nicolas Jorga, è stato il cementarsi di etnia e religione; in quello musulmano, il saldarsi in unità teocratiche di precetti religiosi e leggi dello Stato, in un rapporto indissolubile nella vita quotidiana di tutti.
Difficile che cattolici romani e russo-o-greco-ortodossi possano entrare in conflitto al di là delle diatribe religiose. Inquietante, invece, il confronto Cristianesimo-Islàm. C’è chi profetizza la crociata planetaria, la Grande Guerra di Religione, da fine del mondo. Un miliardo di uomini contro un miliardo di uomini. Chi darà un nome alla tragica “follia malinconica” di chi tirerà il primo colpo?

I quarantamila giorni

1071-86. Dopo la battaglia di Manzikert, i Turchi avanzano in Asia Minore, in Siria e in Palestina. Nel 1086 strappano Gerusalemme ai califfi fatimidi. I pellegrinaggi cristiani ai Luoghi Santi, sino allora tollerati, divengono impossibili.
1095. Concilio di Clermont. Urbano II bandisce la Tregua di Dio e una grande spedizione di tutta la Cristianità contro l’Islam.

I Crociata

1096. Trecentomila crociati giungono presso Costantinopoli. L’imperatore Alessio, dubitando della loro lealtà, ne ottiene un giuramento di vassallaggio.
1097. I crociati assediano Nicea, che tratta la resa. L’imperatore vi fa entrare un suo esercito e chiude ai crociati le porte della città.
1098. Un crociato borgognone, il nobile Baldovino, conquista Edessa.
1099. Cade in mano crociata Gerusalemme (che con Tripoli, Antiochia ed Edessa sarà uno dei centri dei dominii feudali cristiani).

II Crociata

1144. L’emiro di Mossul riconquista Edessa.
1147. Spedizione crociata di soccorso. Temendo la violenza dei crociati, l’imperatore di Bisanzio si allea col sultano selgiuchide di Iconio. I crociati assediano inutilmente Damasco. I turchi si rafforzano in Siria e in Mesopotamia.

III Crociata

1187. I turchi riconquistano Gerusalemme e assediano i principati cristiani di Siria.
1189. Spedizione cristiana di soccorso: partecipano alla crociata Federico I Barbarossa; Filippo Augusto, re di Francia; Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra. I crociati conquistano Cipro.

IV Crociata

1202. Innocenzo III indice la crociata che sarà però deviata contro l’impero bizantino.
1204. I crociati espugnano e saccheggiano Bisanzio e fondano l’Impero Latino d’Oriente (1204-1261).


Impero Latino d’Oriente

Baldovino di Fiandra ne chiese la corona, con i cinque ottavi di Costantinopoli. Il marchese di Monferrato fu re di Salonicco, con la Macedonia e parte della Tessaglia. Il conte di Blois ebbe il ducato di Nicea. L’Acaia venne spartita in ducati e principati. I veneziani ebbero il Corno d’Oro, fondachi a Costantino-poli, stazioni e porti nell’Epiro, nello Ionio, nell’Arcipelago e nell’isola di Creta. I bizantini si ritirarono in gran parte in Oriente, in misura minore in Occidente dell’Impero latino.

«La spinta della crociata, molla iniziale delle avventure oltremare, si intiepidì nei porti dell’Adriatico e del Tirreno [...]. Apparve chiaro a tutti i mercanti, ormai, che il saccheggio a mano armata rendeva meno delle operazioni pacificamente condotte con gli infedeli».

* Così il papa chiama i Turchi, altrove definiti “infedeli”. Il discorso è tratto dalla Historia Hierosolymi-tana del Le Moine.

   
   
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