Settembre 2000

VERSO IL FUTURO

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Europa incompiuta
Carlo Azeglio Ciampi Presidente della Repubblica Italiana
 
 

E’ in corso un gran-de disegno: fare del-l’Europa un modello per il mondo, un pilastro di pace, in una realtà globale piena di incognite.

 

Oggi l’Unione europea si pone due ardui compiti: la riforma delle proprie strutture e l’allargamento. Si delinea pertanto un grande progetto di un’Europa fatta di cerchi concentrici, che hanno in comune forti legami di tradizione e di identità, e che vanno racchiusi in un perimetro giuridico comune.
Tutto questo mondo si alimenta di comuni aspirazioni, con un comune interesse al consolidamento della pace e della convivenza fra i popoli nel pluralismo delle identità e nella consapevolezza che l’idea di nazione – come insegnava Chabod – «è legata indissolubilmente a quella dell’Europa».
Tutto, dall’eredità del passato ai risultati acquisiti in questi cinquant’anni, spinge a porre il raggiungimento di una soggettività costituzionale europea al centro della visione del futuro.
Di questo processo d’integrazione l’Italia è parte attiva e determinante. Esso passa in primo luogo attraverso l’iniziativa degli Stati che, più di altri, si sentono custodi dei principii ispiratori dell’Europa.
Riflettendo sul doppio compito dell’approfondimento e dell’allargamento, ci si chiede: ha uno di questi compiti la priorità, temporale o logica, sull’altro?
Nella presente realtà dell’Unione europea, la priorità l’ha il rafforzamento delle strutture. E’ indispensabile rafforzare prima di allargare, per non compromettere, anzi per migliorare l’efficacia del sistema comunitario. Ma, scandito razionalmente nel tempo, deve esserci un processo politico articolato, che leghi l’uno all’altro sviluppo: l’allargamento e il rafforzamento. Si possono e si debbono portare avanti le trattative in ambedue i campi, insieme.
Tocca dunque ai Paesi che sono già parte dell’Unione europea e che accettano l’idea della sovranazionalità procedere alla modifica delle regole, per rendere più forti le istituzioni europee, per rendere pienamente operativo il governo dell’entità sovranazionale. Questo compito va intrapreso in un’ottica non soltanto europea, ma mondiale. All’interno di questo quadro bisogna realizzare concretamente l’avanzamento dell’intera Europa verso un benessere vero, non soltanto economico ma civile, rispondente alla visione sociale che è caratteristica della cultura europea.
E’ in corso un grande disegno: fare dell’Europa un modello per il mondo, un pilastro di pace, in una realtà globale piena di incognite. Per questo bisogna prepararsi, disegnare, perseguire progetti ambiziosi.

Nella costruzione di quest’opera c’è lavoro per tutti. Per gli uomini di governo, anzitutto. Ma anche per gli uomini di studio. Ad essi spetta, in particolare, di chiarire i termini di passaggi istituzionali che sono fondamentali; di “inventare” soluzioni che non possono non essere in parte nuove, perché nuovi, non sperimentati sono in molti aspetti i problemi ai quali è necessario dare soluzione.
La dilatazione dei confini dell’Unione europea è una sfida ed è un’occasione da non perdere. Ma è doveroso rendere i nuovi Stati candidati consapevoli della volontà che in futuro l’Unione europea sia molto più di quanto è ora. Devono essere consapevoli che l’Unione europea di oggi sta cambiando, perché tende alla sovranazionalità, pur nel rispetto delle nazioni, che non verrà mai meno. Devono sapere che l’Unione, alla quale chiedono di aderire, si propone sviluppi ulteriori che la porteranno alla sovranazionalità in campi oltre la moneta: dalla politica estera e dalla difesa allo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Questo complesso di materie è già oggetto di una calendarizzazione che ci impegnerà fra il 2000 e il 2004.
Avendo questo in mente, e riflettendo sul fatto che non tutti i Paesi che vogliono entrare nell’Unione sono oggi pronti ad accettare quei livelli di sovranazionalità che sono stati realizzati, o che si stanno realizzando, si può affermare che, accanto ai Paesi che potranno presto attuare l’ormeggio all’Unione, altri ve ne sono, cui occorre offrire intanto un sicuro ancoraggio.
Questa Europa incompiuta ha molto da insegnare al mondo. Ha la capacità di creare poteri sovranazionali, che divengano strumenti di cooperazione e di pace. L’esperienza di ciascuno può indicare la via al rafforzamento anche delle istituzioni internazionali.
Questo può essere il compito che l’Europa, consapevole dei suoi fatali errori del passato, ma forte anche dei suoi valori e dei suoi antichi e nuovi ideali, figli di una cultura maturata nei secoli, può prefiggersi di assolvere nel nuovo secolo: giungendo a parlare con una sola voce nel grande concerto delle nazioni.
La Carta dei Diritti Fondamentali, che l’apposita Convenzione sta elaborando a Bruxelles, mira a richiamare i diritti fondamentali dei cittadini europei, definendone la natura (individualità, inviolabilità, giurisdizionalità) e a infondere un contenuto concreto alla cittadinanza europea, in modo da incardinare i principii basilari della democrazia nel tessuto costitutivo dell’Unione europea.
E’ necessario prevedere, in un’Unione allargata, per impedire dispersioni, il diritto ad un’integrazione più stretta, ad una cooperazione rafforzata, fra i Paesi che sono in grado di farlo e vogliono farlo: come già è accaduto per la moneta europea.
L’obiettivo dominante di questo processo è in ultima istanza la pace europea. Quando si parla di pace europea, si deve intendere non soltanto la capacità di difesa nei confronti di terzi, ma in primo luogo la capacità di realizzare la convivenza pacifica fra i popoli europei.
La crisi dei Balcani è stata un’amara lezione per tutti. I Balcani sono un banco di prova della capacità europea di collaborare e di parlare con una voce sola. Durante la crisi nel Kosovo l’Europa ha mostrato la propria maturità politica. Altrettanto, se non di più, deve fare nella costruzione della pace e di solidi assetti. Anche i più coraggiosi interventi rischiano di fallire se non si afferma tra i popoli lo spirito di rispetto della persona umana, se rimangono vivi odii etnici e religiosi.
Quest’anno di conferenza inter-governativa, questo 2000 che è un altro anno cruciale per l’Europa, deve produrre i cambiamenti necessari. Non ci si può accontentare di cambiamenti minimali che lascino l’opera incompiuta o che ne pregiudichino il compimento.
L’Europa, finalmente unita, ha trovato il cammino della saggezza e della pace, sta generando in sé le forze per essere artefice nel mondo, è tornata alla piena coscienza della propria civiltà. Sta a tutti proseguire lungo il cammino intrapreso senza esitazioni, con determinazione, con fiducia, sicuri dei propri ideali, consapevoli delle proprie forze.

   
   
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