Le esitazioni
britanniche verso lintegrazione
europea sono state uno dei maggiori
errori di valutazione che il mio Paese
ha fatto negli anni del dopoguerra.
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Mentre lUnione europea affronta radicali riforme sul piano
interno e lallargamento su quello esterno, vorrei enumerare
le sfide con le quali si è confrontata in questo contesto.
Per cominciare, affermo che lUe costituisce una delle più
straordinarie conquiste politiche del XX secolo. La Nato ha salvaguardato
la pace, ma è stata lUe, insieme con chi ne ha posto
le premesse, che ha fatto scattare con laiuto del Piano Marshall
la ricostruzione politica ed economica dellEuropa. Il progetto
che iniziò con la Comunità del Carbone e dellAcciaio
(Ceca) aveva un obiettivo principale: metter fine alla contesa tra
Germania e Francia, che era stata in meno di un secolo al centro
di una guerra europea e di due conflitti mondiali. Liniziativa
ha avuto risultati brillanti: riuscì a trasformare la secolare
rivalità tra Parigi e Berlino in un rapporto amichevole di
collaborazione, a tal punto che per mezzo secolo lasse franco-tedesco
è stato la forza trainante del progetto europeo.
Ma lUe ha fatto più di questo, molto di più.
Ha creato un insieme di istituzioni e di leggi che rispettano le
singole democrazie europee, piccole e grandi, e che, pur incentivando
la competitività, impediscono linstaurarsi di egemonie
o di monopoli. Ha posto le basi per la prosperità dellEuropa
e non solo con il libero scambio, ma realizzando il mercato comune
e uneconomia comune. Inoltre, ha dato una prospettiva di democrazia
e di progresso ai Paesi che uscivano dalla dittatura e da uneconomia
collettivista. E stata lUe, più di qualsiasi
istituzione, che ha aiutato la Grecia, la Spagna e il Portogallo
a lasciarsi alle spalle la dittatura. Non con la forza delle armi,
ma con quella dellesempio. E stata lUe
portatrice del modello di una prospera e democratica Germania europea
che ha contribuito a far cadere il Muro di Berlino, innescando
la reazione a catena che ha posto fine alla guerra fredda. Ed è
grazie alla speranza e alla promessa di divenire Stati membri che
sono state avviate le riforme politiche ed economiche nellEuropa
dellEst e nei Balcani. E ciò rafforza coloro i quali
credono nella democrazia e nel libero mercato, contro coloro i quali
sfruttano il timore del cambiamento per giocare la carta del nazionalismo
e del protezionismo.
LUe è sul punto di realizzare il sogno dei padri fondatori:
unire il nostro continente nella pace, nella democrazia e nella
prosperità. Ma la Gran Bretagna avrebbe potuto avere una
parte maggiore e un ruolo più importante in tutto ciò.
Purtroppo, invece, le sue relazioni con lEuropa sono state
troppo spesso ambigue o indifferenti. Sono pertanto convinto che
le esitazioni britanniche verso lintegrazione europea sono
state uno dei maggiori errori di valutazione che il mio Paese ha
fatto negli anni del dopoguerra. Siamo usciti dalla Ceca. Non abbiamo
partecipato alla politica sociale (proposta dal Trattato di Maastricht)
e abbiamo contribuito in minima parte al dibattito sulla moneta
unica. Così, quando finalmente abbiamo deciso di entrare
nella Cee, ci siamo resi conto che, ovviamente, molte istituzioni,
regolamenti e direttive comunitarie non riflettevano gli interessi
e lesperienza britannica tanto quanto avevamo desiderato.
Eppure, come dimostra la nostra storia, la Gran Bretagna è
stata sempre nel cuore dellEuropa. Essa era una potenza europea
molto prima di divenire una potenza imperiale. «No a un Re
dInghilterra che non sia anche Re di Francia», come
afferma, piuttosto bruscamente, lEnrico V di Shake-speare.
Anche ai tempi dellImpero la Gran Bretagna è stata
prima di tutto e soprattutto una potenza europea, assicurando un
equilibrio con lopporsi a chi cercava di dominare lEuropa.
Anche la storia del Belgio ne è testimonianza (Waterloo,
Ypres, la battaglia di Bulge). Molti soldati britannici sono morti
per la libertà dellEuropa. Eppure, a partire da dopo
la seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna è stata troppo
spesso un osservatore piuttosto che un attore nello sviluppo dellEuropa.
Con la creazione dellUe, per la prima volta nella nostra storia,
ci siamo accontentati di restare al margine di un così cospicuo
sviluppo del continente europeo.
Quasi il 60% dei nostri scambi commerciali sono con partner dellUe.
Circa tre milioni di posti di lavoro britannici e miliardi di sterline
di investimenti riguardano lEuropa, i cui interessi nel commercio
globale sono gli stessi di quelli britannici. Naturalmente, potremmo
sopravvivere al di fuori dellUe, ma saremmo più poveri
e più deboli. Come la Norvegia o la Svizzera, avremmo accesso
al Mercato Unico, ma al prezzo di subire le leggi comunitarie, senza
poter contribuire ad elaborarle. Per questo sono fermamente deciso
a far sì che la Gran Bretagna svolga pienamente il suo ruolo
in Europa, come gli altri Stati membri: perché ciò
costituisce il meglio per il mio Paese.
A Brugers, qualche anno fa, un altro Primo ministro britannico fece
un discorso. Da quello derivano lisolamento e latteggiamento
ostile verso lUe che hanno dominato nel Partito conservatore.
Da allora si determinò quella mentalità dell
opting out (non essere coinvolti) che ha caratterizzato
le relazioni britanniche per un decennio, malgrado gli sforzi del
Primo ministro Major. Il mio disaccordo con quel discorso di Margaret
Thatcher non è perché le critiche fossero infondate.
Alcune erano giustificate e sono ancora condivise da altri Stati
membri. Il mio disaccordo era ed è motivato dalle risposte
date alle critiche, e cioè di chiudersi nel proprio guscio,
di non partecipare. Risultato: lUe non ha fermato il suo cammino
verso lintegrazione, ma il mio Paese non ha partecipato a
determinarne la direzione e le modalità.
La lezione dello sviluppo del Mercato Unico nel quale invece la
Gran Bretagna era decisamente coinvolta non è stata tenuta
in conto. Lidea che lEuropa fosse a noi avversa ha contagiato
e incoraggiato a percepire lUe come qualcosa realizzata contro
la Gran Bretagna e sulla quale avevamo poco da dire. Laver
perso influenza nellUe non ci ha aiutato negli Stati Uniti,
con i quali abbiamo stretti legami. Resteranno comunque tali, ma
gli Usa vogliono un Regno Unito forte in unEuropa forte. Più
forti saremo in Europa, più forti saranno i nostri legami
con gli Stati Uniti. E unambizione centrale per il governo
laburista: il destino britannico è di essere un partner determinante
nellUe. E positivo per noi, come lo è per lEuropa.
Il cambiamento delle nostre relazioni con lUe (maggio 1997)
è stato fondamentale per ogni nuova iniziativa: riforma economica,
politica di difesa e di sicurezza, riforma costituzionale e allargamento,
immigrazione, criminalità. Per ciascuno di questi problemi
abbiamo proposto soluzioni chiare e sostanziali, condivise anche
da altri Stati membri. Senza il nostro contributo la natura dei
cambiamenti sarebbe stata molto diversa.
Nel momento cruciale che stiamo attraversando, mentre riforme essenziali
vengono proposte, il nostro posto è al centro del dibattito.
Essere assenti non sarebbe patriottico, sarebbe labdicazione
a difendere i nostri veri interessi nazionali. Altri grandi Paesi,
che hanno un ruolo determinante in Europa, non considerano lUe
unalternativa allo Stato Nazione, ma un modo di sostenere
i loro interessi nazionali. Mentre altrove si comprende la necessità
di unirsi in Asia lAsean, in America Latina il Mercosur,
in Nord America il Nafta lisolazionismo euroscettico
significa marginalizzazione.
Hanno torto quanti sostengono che la battaglia per lEuropa
in Gran Bretagna è già persa. Certo, la nostra posizione
è resa più difficile dallatteggiamento dei nostri
media. Una parte ha abbandonato lobiettività ed è
decisamente ostile allUe. Laltra parte subisce senza
reagire questo atteggiamento.
Comunque, le riforme sono già al via in Europa. In Germania
cè un piano per ridurre le tasse sul capital
gain, il che aprirà la strada alla ristrutturazione
dellindustria tedesca; il 40% delle azioni in Francia sono
di proprietà di cittadini non francesi; lItalia sta
cercando di riformare il proprio mercato del lavoro; il Belgio,
lOlanda e la Scandinavia sono impegnati nella riforma dello
Stato assistenziale.
Dobbiamo poi rispondere al dilemma: come possiamo beneficiare della
globalizzazione perseverando nei nostri valori e rafforzando le
nostre società? Non dobbiamo scegliere fra lo status quo
e le riforme. Dobbiamo invece decidere fra i mutamenti non controllati,
provocati solo dalle forze del mercato, o un processo riformatore
che incentivi sia il dinamismo economico che la giustizia sociale.
La nostra posizione sulleuro è chiaramente definita.
In linea di principio siamo favorevoli a entrare in una valida moneta
unica. In pratica, le condizioni economiche devono essere appropriate.
Comunque, lultima parola spetta al referendum.
Tutti siamo coinvolti in una mutazione epocale. Il vento del cambiamento
economico non ha mai soffiato con tanta forza sulle nostre economie.
Alcune iniziative possono esser prese solo a livello europeo: se
dobbiamo competere alla pari con gli Stati Uniti nella new
economy dobbiamo creare un nuovo Mercato Unico. Il commercio
è molto diverso da quello tradizionale. Inizia con piccole
dimensioni, usa conoscenza e intelligenza creativa come materie
prime, opera a livello planetario, la sua crescita è esponenziale.
Una delle maggiori sfide per lEuropa è come fare dellUe
il miglior posto nel mondo per il successo di una nuova economia
basata sul know how e sullalta tecnologia.
LEuropa ha bisogno di rispondere rapidamente ai necessari
cambiamenti economici, tecnici e sociali, e di riconoscere il ruolo
fondamentale delleducazione, della formazione e dellistruzione
permanente, per competere nel mercato globale. Dobbiamo riformare
le nostre politiche sociali e avere un nuovo concetto del Welfare,
promuovendo un sistema attivo che consenta creazione di nuovi posti
di lavoro e non sia semplicemente una rete di protezione. Dobbiamo
valorizzare le piccole, medie e microimprese, le sole che creano
occupazione nella nuova economia. Più lUe aumenta la
sua integrazione e i suoi poteri, più i cittadini chiedono
di essere meglio rappresentati nel processo decisionale.
La guerra fredda è finita, ma altre sono le minacce che incombono
oggi su di noi: esse provengono dai Balcani, dalla criminalità
organizzata, dalla povertà sempre più diffusa, dalle
conseguenze di unimmigrazione di massa. Iniziative sono state
già prese, e altre dovranno esserlo, per rispondere alle
minacce sopra elencate. Il pericolo dellinazione è
reale; quando le persone tolleranti e ragionevoli non si confrontano
con questi problemi, gli irrazionali e gli intolleranti prendono
il loro posto.
Sono sempre stato dellidea che una Commissione forte e indipendente,
al servizio di tutta lEuropa, sia la base per un positivo
sviluppo dellUnione. Un altro fondamentale problema riguarda
la legittimazione democratica: come impedire che unUe allargata
possa allentare ulteriormente il già insufficiente collegamento
tra gli elettori e il processo decisionale? Sottolineo: dobbiamo
realizzare una migliore intesa e collaborazione fra le istituzioni
europee e quelle nazionali, in particolare i Parlamenti. E
inoltre necessaria una linea dazione concertata in materia
di sussidiarietà.
In conclusione: i britannici sono troppo pragmatici per avere delle
visioni. Ma questa è la mia visione dellEuropa:
libera, giusta e aperta. Una comunità di valori. Un faro
di democrazia e libertà dimpresa nel mondo. Una forza
internazionale per la stabilità e per promuovere gli interessi
e i valori dellEuropa stessa. UnUnione realmente al
servizio dei suoi cittadini, con la forza della sua democrazia,
dedicata effettivamente a perseguire linteresse di tutti i
popoli dEuropa e responsabile verso di loro.
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