Settembre 2000

IMPRESE E FINANZA

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Superborsa per l’Europa
Franco Borelli  
 
 

 

 

 

 

L’intesa di Londra
e Francoforte
è un segnale davvero
positivo, che rafforza
l’immagine dell’Unione europea.

 

Fino al momento dell’annuncio della fusione tra la Borsa di Londra e quella di Francoforte per creare la nuova società “iX”, il tavolo dell’integrazione delle Borse europee era ingombro di un gran reticolo di interessi particolari di intermediari, di società di mercato, di emittenti e di regolamentatori che si incrociavano con nazionalismi vari a difesa delle proprie Piazze finanziarie. Il progetto, ormai superato, di alleanza tra le otto principali Borse europee era il risultato dell’intreccio di questi interessi. Un risultato transitorio e instabile, come immediatamente dimostrato dal progetto di fusione delle Borse di Parigi, Amsterdam e Bruxelles, che nel mese di marzo ha sparigliato le carte. Un risultato da Europa debole, che stentava per i propri particolarismi a realizzare un vero mercato unico dei capitali.
L’intesa di Londra e Francoforte – alla quale molto opportunamente si sono subito associate le società di Borsa di Milano e di Madrid – è un segnale davvero positivo, che rafforza l’immagine dell’Unione europea (che ne ha bisogno). Dimostra che nel pragmatismo degli affari, della finanza che ormai tocca la vita quotidiana di milioni di cittadini, l’Europa unita sa muoversi decisamente verso il proprio interesse. E lo fa non ispirata da Bruxelles, ma (come ormai deve essere) con le forze di mercato e con le strategie di società private di Borsa che perseguono il proprio tornaconto.
Non c’è dubbio che sia a Francoforte sia a Londra ci si è mossi pensando soltanto alle proprie convenienze. Ma così anche il consolidamento delle Borse europee fa un decisivo passo avanti. Un fatto su cui riflettere anche per chi vigila sulla riorganizzazione in atto del sistema bancario.

Certo, le cautele sono d’obbligo nel valutare la realizzazione del progetto. Con memoria di quanto si era già tentato di fare senza successo, sempre tra Londra e Francoforte, nel non lontano 1998. E con attenzione ai problemi tecnici e politici che andranno affrontati e risolti in un ambiente in cui i nazionalismi continuano a far sentire la loro voce (si veda il timore, espresso nel Regno Unito, che si tratti di un tentativo di introdurre l’euro nell’Isola dalla porta di servizio...). Ma non si può non rilevare che la costituzione della nuova società “iX” prefigura grandi cambiamenti in breve tempo per gli investitori e per gli intermediari, per la regolamentazione e anche per le imprese.
Per gli investitori e gli intermediari, il vantaggio vero verrà non tanto dalla possibilità di concentrare gli ordini di acquisto e di vendita su due soli sistemi di negoziazione: uno per le blue chip, domiciliato a Londra, e un altro per le imprese ad alto contenuto tecnologico, il Nasdaq europeo che verrà realizzato insieme a quello americano a Francoforte (ironia della sorte, che ha visto in passato la finanza anglosassone, non certo quella tedesca, promuovere le imprese innovative!).
Il vantaggio verrà soprattutto dal superamento, che si renderà a questo punto necessario, dell’attuale costosissima frammentazione dei sistemi di compensazione e garanzia. La prospettiva di consolidamento dei vari sistemi contribuisce, tra l’altro, a sciogliere i nodi tuttora presenti in Italia nel controllo delle società che forniscono questi servizi. Anche la regolamentazione degli intermediari, dei mercati, degli emittenti, è frammentata. Pur nel rispetto delle direttive di armonizzazione della Commissione europea, ogni Paese ha attualmente le proprie norme e i propri regolamenti. In altre parole, investitori e intermediari si trovano di fronte a tante regolamentazioni quante sono le Borse in cui operano. In futuro, per le blue chip dovrebbero valere le regole di Londra, per i titoli tecnologici dovrebbero valere quelle di Francoforte. Una notevole spinta, questa, per passare dalla coesistenza di più regolamentazioni armonizzate con più organi di vigilanza e di controllo a una regolamentazione unica, con una sola autorità europea. In questo passaggio, la Commissione di Bruxelles avrà un importante ruolo da svolgere.
In seguito alla costituzione della nuova società di Borsa, le imprese dovranno accelerare l’adeguamento della loro corporate governance ai migliori standard internazionali. Ciò vale soprattutto, ma non solo, per le imprese italiane, che saranno stimolate a procedere nell’adozione del codice di autodisciplina dallo spostamento delle negoziazioni dei loro titoli nella City o a Francoforte insieme ai titoli del Nasdaq americano. Ma l’impatto del consolidamento anglo-tedesco delle Borse non si ferma qui. Si estende alla politica di riforme in Italia che, nel tormentato avvio dei fondi pensione come negli interventi sul mercato del lavoro, dovrà presentare agli investitori progetti più chiari ed effettive realizzazioni. Il confronto in Borsa delle nostre imprese con le loro concorrenti internazionali sarà infatti molto più ravvicinato. Ciò significa che non sono da poco le implicazioni di questa fusione societaria.

   
   
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